Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

mercoledì 26 dicembre 2012

I petrali

La frolla
Farina doppio zero, burro, zucchero, buccia di limone grattata, lievito, un bicchiere di marsala, uova senza albume sennò la pasta "runchia".

L'intimo
Fichi secchi spezzettati a lama di coltello, gherigli di noci sbriciolati con le mani, zucchero, cedro candito, il caffè di una moka da quattro, cacao amaro in polvere, non frullare che ti diventa palta, cuoci dieci minuti nel mosto cotto (saba, anche sapa).



"Idda inchìu a ugghia e fici u ruppu, 'u riavulu u ruppu no fici, picchistu 'a fimmina esti nu puntu avanti". Quando mia moglie dice una cosa, giusta o sbagliata, io mi rassegno: la sua sicurezza è proverbiale. 
Avi du iorna chi cucina petrali, c'aimu a fari cu tutti sti petrali non ho fatto in tempo a chiedere e già sono stato nominato fattorino presso la casa della signora Maria che ieri ha partorito un masculeddu.       Maria chi, come chi, la moglie di Giuseppe il carpentiere, Peppinu u falegnami provai a chiarirmi le idee, carpentiere ti dissi, mia moglie non parla molto ma quando parla è vangelo.
Non sapevo che Peppinu u falegnami si fosse maritato, me lo ricordavo vecchio e signorino già da prima che lasciasse il paese anni fa, ora è tornato ringiovanito e prolifico, a quanto pare.
Stasera, ventisei dicembre, vado per la consegna; dal rione Villa alla rimembranza buio che non vedo i miei piedi, non c'è luna, qualche stella e, nel cielo verso nord, una striscia bianca grande un dito mignolo, luminosa quanto il bagliore del fanale di una bicicletta.     Una sagoma s'affianca repentina alla mia destra, mi piglio schianto, il commendatore esce dall'orto degli agrumi, vuole sapere dove vado, decide di venire con me, con lo zappone sulla spalla e un panaro di limoni. Vicenzu il muzzo torna dal mare, ha una cannistra di pescato fresco, per dove andate se è lecito vengo con voi. La porta nella bottega del sarto è aperta, Ntoni ci sente passare, esce e ci segue portando con se tre asciugatoi di canapa. Stava sulla strada ad affilare il marrancio, ciaf ciaf duellavano la mano destra e la sinistra, Roccu u bucceri neanche chiede, incarta una grossa noce di carne bovina e si unisce al gruppo. Domenico de' parmentari, sull'uscio ci ferma così, con il braccio teso e il palmo della mano spalancato, aspettate, prendo il vino della botte migliore.                
Entriamo nel vicolo cieco, scuru fittu, nemmeno le stelle si vedono, nel cielo solo quella striscia di biacca a luce fievole.
L'ultima casa dev'essere ed è, la porta è chiusa. Bussiamo.
Da dove debba venire la luce non si sa nel rispetto di questo contare rabbuiato: di Giuseppe si vedono gli anni, la gioia e la sorpresa mentre ci guarda, ci riconosce a uno a uno, stai a vedere che siamo anche noi degli illuminati, dice che il bambino dorme e Maria riposa. Ringrazia per gli omaggi e ci benedice.
Scendiamo in piazza; io li avevo raccolti shrata shrata, senza volere, è me che guardano ma non so cosa dire, Vicenzu tossicchia poi dice:
-U sapiti chi fu? Facimmu 'u presepiu-


martedì 18 dicembre 2012

POKER FAVAZZINOTU Avremo avuto vent’anni o qualcosa di meno, Favazzina d’inverno, ore piccole al C.A.S., i soliti nottambuli, nella fattispecie, io u longu, Mario P.detto il Firriolo e Roccu G. detto u ‘Nchiumbu. Poker a tre all’italiana. Eravamo rimasti soli, tranne Tonino detto u Gneddu che dormiva su quattro sedie accostate e Pascali u Continu che dormiva su una sola, risparmiava. Eravamo orfani dell’Americano alias Roccu l’orfanu, anche lui, assente perché era ricoperato all’ospedale per una difficilissima operazione, come diceva lui, l’avrebbero tagghiato a du mezzi, che macellai. La partita a poker correva veloce, io vincevo spudoratamente, u firriolo era chi soi, perdeva tutto u ‘nchiumbu che, non abituato dato il culo immenso, piangeva come un vitello. Si picciiava ch’era na bellizza, aveva consumato n’accendino a furia di bruciarsi i contorni, faciva giri intorno alla seggia, invocava il Padreterno e parentela, nenti, non era sirata. Faciva tris e qualcuno faciva scala, faciva scala e qualcuno faciva full, poi visto che era spaventato gli bleffavano spesso e lui scappava. La partita non finiva mai perché Rocco si voleva rifare, ora un giro di consolazione, ora un giro della disperazione, poi che era ancora presto, insomma si stava facendu matina. :- Basta, non è possibile, vaiu e mi pisciu i mani – dissi u ‘Nchiumbo e uscì di corsa. Come saprete il CAS non era fornito di bagno, il posto che più si confaceva alla bisogna era a vinedduzza, all’ombra di una nespolara che sorgeva dove adesso c’è il Residence, nespolara talmente grande che faceva ombra anche di notte. Nell’attesa della pisciatina di mani mi venne in mente un scherzetto simpatico e, d’accordo con Mario, sistemai le carte in modo seguente: Rocco avrebbe avuto una scala reale, Mario un poker d’assi ed io un colore. Appena rientrato Rocco, io distribuì le carte annunciando solennemente l’ultimo giro. A mano a mano che Rocco spizzicava le carte cambiava colore , all’inizio normale, poi rosso, poi bianco e alla fine rosso vivo. Mario continuava a rilanciare su Rocco ed io su Mario e Rocco su di me, ad un certo punto i soldi erano tutti sul piatto e Rocco li accarezzava con lo sguardo, mi sono rifatto pensava, anzi andrò a vincere. Rocco era uno spettacolo, aveva gli occhi spiritati, assaporava la vendetta. Ad un certo punto, dopo l’ennesimo rilancio, decisi che era meglio finirla e dichiarai: :- Rocco tu hai un scala reale, Mario un poker d’assi ed io un colore – e buttai le carte sul tavolo :- E tu come fai a sapere che ho una scala reale - disse Rocco incazzato :- Semplicemente perché te l’ho data, era uno scherzo, avevo sistemato le carte – :- Scherzo sta minchia, allora anche prima era uno scherzo ? – Finì a tarallucci e vino, rimaneva lo spasso, la solita pisciata a ribba i mari prima di andare a dormire. A proposito di sonno gli altri due continuavano a dormire mentre i primi chiarori dell’alba s’affacciavano dal mare.

martedì 4 dicembre 2012

Quando si dice i tifosi

Ieri sera mentre guardavo la partita Reggina – Crotone,
le telecamere si sono soffermate, solo per un attimo,
su uno striscione che un tifoso mostrava con orgoglio,
giusto il tempo per riuscire a leggere quello che c’era scritto.
“U ME CORI BUGGHJ COMU NA CADDHARA CHINA I FRITTULI”
Amore per la propria squadra?
Rabbia?
Ironia?
Non saprei dire, comunque uno striscione bellissimo.
Quale altra tifoseria potrebbe scrivere una frase simile?
Onore al tifoso!
Per la cronaca la partita è finita 1-1