La Topolino nera era della classe 1949. Aveva vent'anni e veniva identificata come RC mille e seguenti, le altre cifre non le ricordo. Il signor Leonardo, il proprietario, nella metà che arrivava a terra vestiva pantaloni che erano stati di fustagno blu prima che macchie nere e untuose ne modificassero definitivamente il tessuto. L'altra metà viveva dentro il cofano motore dell'automobile, senza testa e senza arti superiori, e si vedeva solo il movimento dei muscoli dorsali a testimonianza del lavorio sommerso. Riparava l'automobile, ogni giorno.
Del resto tempo ne aveva, beneficiava di una pensione di guerra e non lavorava più. Non parlava mai con nessuno, dovendo badare alla Topolino non voleva sprecare niente del suo tempo.
Uno con cui intratteneva qualche rapporto c'era, per la verità. Succedeva ogni due, tre mesi, quando Pippo lo stracciovecchio veniva a raccogliere ferro guidando una specie di carretto a pedali con un bidone da mondezza collocato anteriormente. Riempiva il bidone di tutto ciò che era metallo. Si avvicinava alla Topolino di Leonardo e nel fugace incontro tra i due pareva che ci fosse intesa e pure un qualche commercio. Nel rione si diceva che fossero stati commilitoni, ma non è sicuro. E' sicuro invece che Leonardo fosse stato meccanico di un sottomarino della Marina Militare. Furono silurati ma non colpiti soltanto sfiorati e portarono a terra la pelle. Leonardo si ebbe anche una pensione di guerra, la testa vuota di pensieri e, nel tempo, un'idea fissa. La Topolino che non voleva partire.
Succedeva una volta alla settimana, un giorno qualsiasi. Quando Leonardo riteneva di esser pronto spingeva la sua automobile dallo spiazzo sotto casa sua fino alla strada asfaltata. Un rettilineo di trecento metri e si sfociava in Viale Galilei.
Si sedeva alla guida e girava la chiave. Nulla. Riprovava più volte e infine abbassava il finestrino. Era il segnale. Noi ragazzini abbandonavamo la partita di calcio e in sei sette anche di più spingevamo il culo della Topolino. L'auto prendeva velocità dalla spinta delle nostre braccia ma di suo non ci metteva niente. Venti metri prima dell'incrocio con il viale noi ci fermavamo, lei pure. Non ci restava che riportarla al suo solito posto. Leonardo tirava su il cofano motore e scompariva immergendosi.
Ora, che i ragazzini siano curiosi è un fatto, qui si trattava anche di voler capire perchè tutti quegli sforzi non venivano ripagati da quell'auto ingenerosa, tenacemente ferma.
Iannello portò la torcia, io incrociai le dita sperando che il cofano fosse solo appoggiato, cercai una fessura, c'era, riuscii a sollevarlo. La torcia illuminò la scena. Mi aspettavo bagliori metallici e luccichii d'argento, e tubi, ingranaggi e congegni, quello che potevo sapere allora di meccanica. Vedevo il fascio di luce attraversare senza ostacoli il cofano fino a schiarire il terreno sottostante. C'erano fili dappertutto. Corde intrecciate e tese da una fiancata all'altra, lacci di scarpe annodate a residui di lamiera contorta, spaghi infilati dentro fori e raccordati ad altri spaghi emergenti da fori opposti. Ci sembrò d'aver scoperchiato un pianoforte ma se c'era qualcosa da capire con Iannello pensammo di aver capito.
Un giorno qualsiasi Leonardo abbassò il finestrino, tutti ma proprio tutti delle due squadre spingemmo fino a farci scoppiare il cuore. Mollammo. La Topolino andava, si allontanava rimpicciolendo. Si vedeva fumo uscire dallo scappamento. Dico fumo ma, a pensarci, poteva essere il vapore acqueo che veniva dal calore della terra. Non era importante.
C'era da concludere una partita di calcio lasciata a metà.
Benvenuti a Favazzinablog
Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU
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Salutamu!
UGRECU
venerdì 7 maggio 2010
La Topolino che non voleva partire
U scriviu: arcade fire u iornu: venerdì, maggio 07, 2010
Argomento: Ricordi
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20 commenti:
Un accordatore di automobili vale un portinaio per questa cortese composizione.
Per un attimo ho avuto paura che dentro quel cofano non ci fosse più il motore, e che il burbero Leonardo si facesse spingere per provare l'ebrezza alla guida della Topolino. Ah proposito, credo che Pippo tentasse di portagliela via comu ferruvecchiu. Bella Mario
Bella Mario.
A Favazzina c'era una Topolino amaranto, il proprietario era il papà di Mariella, moglie di Nino,
cugina di Sasà.
Tuttu stu casinu pirchì non ricordo il nome del proprietario, tra l'altro parente di mia madre.
E' sempre bello leggerti
A proposito di Topolino amaranto.. un tizio, un certo Paolo Conte cantava: "sulla Topolino amaranto si va che è un incanto"... a nenti a nenti scopriamo che proprio Conte, soggiornando nella ridente Favazzina si lasciò ispirare dalla Topolino del padre di Mariella.
Arcade, capisco che eravate ragazzini, ma visto come andava a finire ogni volta, non vi veniva da ridere, insomma lo sfottò a Leonardo ci stava tutto..
QUESITO CON LA SUSY
A Favazzina c'era una Topolino amaranto, il proprietario era il papà di Mariella, moglie di Nino,
cugina di Sasà. L'automobile ha due soli posti. Il proprietario è parente di cummari Rachela. Susy vuole sapere chi occuperà quei due posti.
I Premio - soggiorno gratuito di una settimana a Orlando (Disneyworld) presso l'Hotel Antoniodamilano's
II Premio - abbonamento trimestrale Una Granita al dì dal Mago
III Premio - Corso completo di pesca al cefalo tenuto dal professor Longo
Quando soggiornava a Favazzina, si chiamava Paolo Contino.
Leonardo si ammira, non si sfotte, caro Statua.
Nino, la prima impressione è quasi sempre quella giusta.
Capo, il colbacco-nutria non era il mio. A Minsk, guarda un pò, ho comprato un berretto nero con visiera. Da portinaio. Il più è fatto, ora si tratta di metterci la testa.
Aggiungo al corso gratuito di pesca al cefalo, l'arte di preparare u pastuni senza farsi puzzare le mani per tre settimane, ed evitare sciarre con moglie o fidanzata che dir si voglia.
Paolo Conte, detto il contino per la sua grazia, lo ricordo sempre seduto nella salita da piazza, all'ombra della casa del Capo.
Non aveva ancora composto Azzurro, sbarcava il lunario facendo il contadino e lo faceva bene.
Lo rovinò il pianoforte
Longu, la tua maestria il terzo premio. Dopo le granite del mago. La settimana enigmistica è un covo di borghesi e provocatori, l'ho sempre pensato.
Omminchia, occazzu, che clamorosa gaffe: Susi si scrive Susi non Susy.
Tu lo sai Mimmo che le forze della reazione cercano di minare le fondamenta della nostra filosofia. Fieri del mindifuttismo cinico di cui tu sei il massimo teorico vivente, forieri di una primazia assiomatica, postulatoria e aprioristica, forestieri a qualsiasi graduatoria gerarchica, ci prendiamo l'ultimo posto e ce ne fottiamo. Altamente
Qualche volta c'è qualche piccolo cedimento che serve a temprare il nostro istinto rivoluzionario.
Dette ste minchiate, non so se è un pregio o un difetto, sono stato sempre un minimalista.
Mi piace dare importanza alle stronzate e fottermene altamente del senso comune.
Vorrei rientrare alla Ciaponno, qui mi trattano bene, ma sono senza anima e poi non conoscono il dialetto.
Capo perdonami, Mario mettimi na bona parola.
Vengo senza gatto
Ci metto la buona parola
Capo, non faciti la Superba la Tarquinia. Non vedete che siamo ceddi i passu senza passu, rotte senza punti cardinali, cardinali senza papa?
Ripigghiatulu e sennò rassatulu futtiri aund'è. Cu Mondadori poti fari sordi addaparu ma la fama, quella no! O è fame, capo?
Massì il secondo posto al torneo di tressette, il terzo premio al concorso di Susyi, è una buona china. Gli ultimi saranno i primi diceva Hengels. Hengels no?
Fosse per me vi accoglierei a braccia aperte. scannerei tanto di vitello grasso (diceva Hengels). Il fatto è che la Ciaponno l'hanno comprata i cinesi. Apparentemente pubblicano le etichette dei vestiti, in realtà producono opuscoli sovversivi destinati ai lavoratori cinesi. Roba di sindacati, diritti dei lavoratori.
Omminchia, occazzu, che clamorosa gaffe: Engels si scrive Engels non Hengels
Ieu non vitti nenti! Mi sa che è stata colpa di quel cornuto di Hegel.
Non so chi sia la figuretta (sfocata, non si vede na mazza) ma sono indeciso tra Uni, Turan o Menerva. Paride, che ne dici, Paride?
Va a finire che è quella della caccia
La caccia no. Non vedo armi, selvaggina e non c'è Anita.
Molto più difficile del quesito con la Susiy
La Ciaponno ai cinesi ???
Come hai potuto Capo, mi sento smarrito.
Come tradurranno in cinese Ciaponnu ?
In cina per arrivare al diritto dei lavoratori non bastano i sindacati, 'nci voli n'autra rivoluzioni.
Capo ti seguirò ovunque, la mia penna è al tuo servizio.
A proposito di penna, grazie ancora Mario, un bel ricordo dalla Bielorussia.
è la di lui madre, del superbo. moglie di quell'altro tarquinio.
pensavo che ciavessi azzeccato, ma pare fosse una coincidenza.
non vorrei essere pedante, ma sono. Hengels era ovviamente la gaffe minore. La vera era savasansdir l'attribuzione. Come Susy e il terzo premio. Volevano essere i secondi due termini dell'equazione (s:l= h:j). Vabbè era macchinoso, ma non posso fa sta figura di cadè sui fondamentali, eh altro che Susy.
Detto questo, il nome Ciaponnu è rimasto. Dice che in cinese vuol dire tredicesima.
ma che vuoi che azzecco, manco i numeri della tombola dopo che sono usciti. In compenso non ho capito ncazzo delle attribuzioni, mi pareva solo che dovessimo ammazzare il vitello per il Lungo che rientrava e che gli ultimi saranno i primi sono duemila anni che aspettiamo.
Nondimeno vado pazzo per le donne che si fanno l'aperitivo serale con l'anisetta (va bene, pernod) e poi fanno le equazioni.
Mimmo non si sta male alla Ciaponnu cinese. Scrivo etichette, è piaciuta molto questa: Stilale con fello a vapole. Il direttore dice che sono un glande (si prega di non equivocare, nda) sclittole e pulu Banana Yoshimoto ma poti sucali, puli pilchì è giapponese.
Lasciamo collere.
Rassamu fottele.
Tantu pi cangiari, mi spirdia n'episodio di Spusey in ufficio.
Approfitto per chiedere alla nuova Ciaponno cinese il permesso di pubblicare, non vorrei creare incidenti diplomatici, sono tanto suscettibili, specialmente con Google.
A stasera
Spusey contro la 三合会?
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