I calabresi lasciano le terre
dei padri risalendo la penisola
non li ferma il triangolo industriale
escono dai confini in volontario
esilio fermandosi al cancello
di una fabbrica a un pozzo di miniera
guidati dai negrieri dell'espatrio.
I più hanno con loro famiglia
i lattanti alla minna della mamma
i ragazzi sono carichi di trusce
coi polli dentro ancora vivi e all'erta.
A volte li ha seguiti un vecchio cane
che non ricorda più di essere vivo
per non farsi buttare alla strania...
Il premio anticipato sull'ingaggio
non sempre garentisce l'adempienza
del contratto abusivo. Troppo spesso
il lavoro non c'è, si raccomanda
di ritornar più tardi, si rispondono
alla fame parole aggrovigliate
che non dicono nulla al cristincroce...
Poi il povero bracciante calabrese
beffato affamato angustiato
capisce il perchè della tardanza,
si vuole il suo lavoro sottocosto,
non c'è altra alternanza, egli si piega,
accetta, alimentando col suo odio
i pidocchi cascati addosso a lui.
Pane che rompe il fronte della paga
pane salato pane maledetto
pane fatto di spighe avvelenate
pane che resta in gola e non va giù
pane che più ne mangi e non ti sfami
pane pregato da bocche di latte
pane affettato da lame di fiele...
I calabresi lasciano le terre
dei padri risalendo la penisola
i più hanno con loro famiglia
i lattanti alla minna della mamma
e quando ogni risorsa è consumata
non resta altra alternanza all'affamato
che un padrone lo assuma sottocosto...
Pane che rompe il fronte della paga
pane salato e maledetto
il calabrese pensa alla sua casa
tra vigna e ulivo arancio e ficodindia
pensa ai suoi vecchi che non rivedrà,
ora lo afferra la malinconia
se non una viltà una pazzia
è stata la sua fuga, una pazzia
che per tutta la vita sconterà.
Bisogna restare, bisognava
lottare a migliorare
le cose contro tutti e contro tutto.
Il suo vuoto nessuno lo colmerà.
I calabresi lasciano le terre
dei padri risalendo la penisola
il pane che guadagna è amarissimo
pane che rompe il fronte della paga
pane salato pane maledetto
pane pregato da bocche di latte
pane affettato da lame di fiele
da lame di fiele
da lame di fiele...
Repaci Leonida
Benvenuti a Favazzinablog
Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU
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UGRECU
mercoledì 14 aprile 2010
I CALABRESI LASCIANO LE TERRE
U scriviu: Spusiddha u iornu: mercoledì, aprile 14, 2010
Argomento: Varie
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4 commenti:
Caro Mimì, ti dirò che mi piacciono di più le tue poesie e pertanto ritengo che pure Repaci ta poti s. Questa mi pare più 'na cosa alla Rino Gaetano, con tutto il rispetto per Rino.
Ciao
Troppo buono caro Mario, magari questa poesia di Repaci non è la migliore, ma io l'ho sempre apprezzato, soprattutto come interprete dialettale.
A presto!
Non mi entusiasma Leonida Repaci,
questo dramma dell'esodo, della fame.
A quei tempi la fame era universale, basta guardarsi Novecento di Bertolucci.
Le minne piene di latte nutrivano tutta l'umanità, non solo gli emigranti calabresi.
Considero qualsiasi tipo di emigrante, cittadino del mondo, senza piangersi addosso, anzi pisciare addosso ad ogni forma di razzismo, leghismo e puttanate varie.
Spusidda dacci le tue poesie che sono sicuramente migliori
Pane e cioccolata....
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