Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
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Salutamu!
UGRECU

lunedì 2 novembre 2009

Il giorno dei morti

Il giorno dei morti, nonostante fosse un giorno mesto e malinconico, per noi ragazzi era invece un giorno di festa.
Già dal mattino, mentre le nostre madri si preparavano per andare al cimitero, noi, nell’attesa di aiutarle a portare fiori e candele, fremevamo impazienti.
Quel giorno tutte le donne del paese si recavano al cimitero e, come era consuetudine allora, ci passavano tutta la giornata, animandolo intensamente, facendolo almeno in quell’occasione, mi si passi il termine, quasi vivere.
Seduti davanti alle tombe su delle sedie che si portavano da casa, facevano a gara a chi piangeva meglio i morti, ricordando minuziosamente, tra un singulto e l’altro, tutto quello che di buono, in vita, i loro cari avevano fatto.
Dopo la messa in suffragio dei morti, che il prete celebrava nella piccola cappella, e la benedizione delle tombe, noi ragazzi ci sparpagliavamo per il cimitero a raccogliere la cera sciolta delle candele. Talvolta vi era qualche donna che si rifiutava di farcela prendere, ma noi non demordevamo e attendevamo il momento propizio per fregargliela .
Quando ne avevamo a sufficienza tornavamo in paese e, al riparo in un vicolo o in un angolo di strada, dopo aver acceso il fuoco, la scioglievamo dentro una latta. La versavamo poi dentro delle canne che avevamo opportunamente tagliato in precedenza e nelle quali mettevamo un pezzo di corda per fare da stoppino. Appena la cera si raffreddava tagliavamo le canne e ottenevamo delle rudimentali candele. Era più che altro un gioco, un modo per divertirci e passare il tempo, poiché quelle candele non le usava mai nessuno e finiva, dopo tutto quel lavoro, che le gettavamo tra i rifiuti. Ma l’anno dopo, il giorno dei morti, eravamo ancora là a rubare cera sciolta e a fabbricare candele.
Nel pomeriggio, solitamente, facevamo solo una fugace apparizione al cimitero e andavamo via quasi subito per recarci negli orti lì vicino a rubare le prime arance che già, dai primi di novembre, cominciavano ad ingiallire. Poi, spiaggia, spiaggia ritornavamo in paese e finivamo immancabilmente al campo a giocare a soldi con le ciappe oppure o ligneddu, fino a quando il sole tramontava e veloce calava la sera mettendo la parola fine ad una giornata che, sebbene ricordasse lutti e tristezza, noi ragazzi, nella nostra spensieratezza, avevamo vissuto allegramente.

3 commenti:

arcade fire ha detto...

Molto bella Mimmo. Ricordo che più avanti negli anni, quando in paese apparve il primo calcio balilla, con quella cera ci facevamo le palline per giocarci. Non si riusciva a farle perfettamente sferiche e rotolavano saltellando sul piano del bigliardino fino a spaccarsi per i troppi colpi ricevuti

u'longu ha detto...

Bella Spusey, quanti ricordi con quella cera.
C'erano ancora i "solchi", sepolture nella nuda terra, come dovrebbe essere per tutti, con le candele piantate direttamente nella terra e quando si esaurivano lasciavano una macchia.
Le candele allora servivano, perchè bastava un colpo di tosse e andava via la luce, quindi quello che ne rimaneva dalle tombe veniva portato a casa, per fare luce.

romanaccia ha detto...

Proprio bello. Proprio uno scritto d'autunno. Novembrino.