Cicciuzzu era disperato, la sua compagna l'aveva cacciato via dal nido perchè soffriva di mal di testa e non poteva più pescare.
Provate voi a tuffarvi, a picco, da cento metri per un misero pesciolino e magari non beccarlo nemmeno, e lui dopo tanti tuffi, era arrivato allo stremo.
Apparteneva ad uno stormo di gabbiani imperiali dal becco giallo ed era nato e cresciuto nelle scogliere di Sutta a Frunti.
Un favazzinoto puro sasngue, da generazioni.
Lei, Carmelina, la gabbiana ingrata, era stata impietosa:
:- Vatindi bonu a nenti, non si capaci mancu mi pigghi du pisci pi sti criaturi, tu non si nu gabbianu, si na carcarazza (cornacchia) -
Quattro pulcini di gabbiano, i suoi figli, con il becco perennemente spalancato, reclamavano il cibo.
Il forte dolore di testa e l'umiliazione subita da Carmelina, dopo tante covate cresciute insieme, lo portarono ad una decisione folle, tuffarsi dallo strapiombo senza aprire le ali, direttamente sugli scogli, porre fine al dolore e alla vergogna.
Stava per fare il tragico salto quando vide l'umano arrivare, alto, lento, sudato, con uno strano bastone lungo in una mano ed un secchio dall'altra.
L'umano prese posto su uno scoglio, riempì il secchio di mare e si mise a pescare, mettendo i pesci dentro il secchio, alle sue spalle.
Un barlume di speranza riempì il cuore di Cicciuzzu
Senza battere le ali, planando, atterrò sullo scoglio, silenziosamente prese un cefalotto dal secchio e lo portò al nido.
Carmelina mai contenta :- Chi aiu a fari cu nu pisci sulu ? Va pigghindi autri, malufaticanti -
E' così Cicciuzzu rubava i pesci all'umano, che pensava solo a pescare e fumare, non guardava mai dentro il secchio.
Poi l'inevitabile. L'umano si girò di scatto per prendere un pò di esca e lo vide mentre tentava di rubare l'ennesimo pesce.
Cicciuzzu pensò :- Ora chistu mi 'mazza -
Invece l'umano si mise a ridere forte e chiese :- Chi fai, mi futti i pisci ? -
Lo capiva, parlava come lui
Cicciuzzu rispose :- Non pozzu cchiù piscari e mi faci fami, aiu quattru figghi e na mugghieri rumpipalli -
:- Vabbò, ti rugnu ieu i pisci, comu ti chiami ?
;- Cicciuzzu e tu ?
:- Mimmu, Mimmu u longu -
I due diventarono molto amici, si vedevano ogni giorno, parlavano delle loro storie, dei loro problemi, dei loro sogni.
Cicciuzzu guarì dall'emicrania, ormai i pesci se li pescava da solo, ma andava sempre a trovare il suo amico e farsi quattro chiacchiere.
Poi un giorno l'umano disse :- Cicciuzzu, m'indi vaiu, non 'ndi virimu cchiù, appena tornu, vegnu e ti trovu -
Allora Cicciuzzu pianse, piansero insieme
Benvenuti a Favazzinablog
Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU
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Salutamu!
UGRECU
lunedì 26 gennaio 2009
Il gabbiano con l'emicrania
U scriviu: u'longu u iornu: lunedì, gennaio 26, 2009
Argomento: CAZZATE VARIE
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11 commenti:
Pure io Mimmo.
Di piacere e commozione
Non aiva virutu chi aivi mandatu sta meraviglia, senno' mindi futtiva ra scola.
Tu sei una meraviglia amico mio!
Longo, hai superato te stesso con questo racconto!
Cuore generoso!!!
Evviva il gabbiano Cicciuzzo Livingstone e u Longu. Quando apro il blog e trovo un post così, oh, a me mi migliora la giornata (e poi sono nuovi proventi per la Ciaponno).
stupendo Longu. koky quando eri piccola ti cuntava sti storielli?
Roma cogghi tuttu che a casa editrici sta criscendu.
Che dirti Mimmmo,
quanto scrivi dimostrano la tua sensibilità e la nobiltà d'animo. Il lettore va in "estasi" di emozioni e con la mente ritorna indietro negli anni, quando quasi tutti si era semplici, umili e generosi.
Questa storia è molto bella, lungo. Immagino il pescatore come una persona solitaria, per scelta o per abbandono da parte della società, che trova la sua dimensione stando davanti al mare e pesca solo per sentirsi parte di esso, di qualcosa. Il gabbiano invece è l’emblema dell’incomprensione e per questo estraniato dalla sua di società. Entrambi si ritrovano insieme e scoprono che se pur diversi soffrono di un male comune e che entrambi hanno bisogno di amicizia e affetto e riescono a trovarlo l’uno nell’altro. Scusami per la pretesa di aver voluto dare un senso o un significato così intrinseco a questa bella favola.
Ne approfitto per fare un commento anche al tuo post dei mali spiriti: certe tradizioni si sono tramandate di padre in figlio, almeno per quanto riguarda maciste e enzo, senza che nessuno ce le abbia mai raccontate.
Grazie a tutti per i commenti.
Il pescatore soffriva il senso dell'abbandono, in quel periodo tutti andavano via, emigravono, molto più di adesso.
Conscio che sarebbe capitato anche a lui di partire, s'immergeva completamente nei posti che l'avevano visto nascere per poterli assimilare bene, per ricordarseli. La pesca era un alibi, allora come adesso
Bravo 'Mbù, sei andato molto vicino a quello che volevo rappresentare
georgina u longu mi'ndi faciva i tutti i culuri..in senso buono :)
e continua a farlo ancora adesso...
bravo papo...
che bella sta storia!!!
non ti smentisci mai!!!
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