Oggi, alcuni di noi appartengono a un club o ad una associazione professionale. Questa appartenenza ci arricchisce con conoscenza e contatti personali. Ci da', in molti casi, uno status symbol, un etichetta, che ci definisce e ci da' tanta importanza e peso sociale quanto quelli dell'organizzazione alla quale apparteniamo.
Mi ricordo di un famoso ed esclusivo club favazzinoto al quale tutti i giovani masculi voleva no appartenere: i scaluni ra cresia.
Generalmente, a quell'ora tutte le attivita' amorose, reali o fantasiose, sulla spiaggia venivano a termine e non c'era niente di meglio, o posto migliore, ri scaluni ra cresia per raccontare cio' che era accaduto.
La chiesa, coi suoi scalini, era quel posto dove le confessioni piu' sacre venivano fatte e passate di generazione in generazione. Li si imparava un sacco di puttanate e minchiate da riempire un libro. Tutti erano superuomini con interminabili storie a vario contenuto censurabile. Le storie piu' ose' erano, ovviamente, quelle di Rocco C. e mio cugino Silvio. Dove le trovavano tutte quelle donne, che facevano tutte quelle cose, era una cosa che faceva impazzire molti di noi.
Quando ero giovane io avevo un orario di ritirata che era amministrato rigorosamente da mia zia Peppina: alle dieci della sera dovevo essere a casa. Quelle poche volte che mi azzardavo a tornare tardi ero quasi inevitabilmente tradito dal nono scalino della prima rampa. Quel cazzo di scalino scricchiolava come un corvo in orgasmo e puntualmente svegliava la postina che poi mi faceva il solito cazziatone.
Questa imposizione non mi aggradava affatto perche' alle dieci di sera c'era la famosa riunione dei membri di quel club, e quando arrivavo vicino alla chiesa sentivo il mormorio e le sghignazzate degli amici che non facevano altro che invitarti a sederti e ascoltare.
Purtroppo, l'appartenenza agli scaluni era per invito solamente e la tua eta' determinava il contenuto delle storie che potevi sentire. Questi diritti e doveri erano amministrati dai giovani con "piu' senno", che erano quelli che raccontavano le storie piu' pepate, cosi' quando i racconti cominciavano ad assumere contenuto censurabile io mi sentivo dire quelle famose implacabili parole: "'ntoni vavatindi pa casa"
Cosi' dagli scalini della chiesa me ne andavo ad affrontare quel maledetto nono scalino scricchiolante di mia zia Peppina, sorridendo al pensiero di cio' che avevo sentito e ad immaginare che un giorno anch'io avrei avuto l'eta' necessaria per sentire quelle storie di gambe intrecciate e di posizioni contorte dall'inizio alla fine.
Benvenuti a Favazzinablog
Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU
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Salutamu!
UGRECU
giovedì 21 gennaio 2010
Vavatindi pa casa.
U scriviu: Antonio u iornu: giovedì, gennaio 21, 2010
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9 commenti:
Questa è gratuita. Non te la facciamo pagare perchè è troppo bella.
Sti Velardi hanno una marcia in più non c'è niente da fare e se marciano anita sarà un massacro. Aiutatemi, aiutiamoci, uniamo i nostri nomi, il tuo Nino, benchè siciliano, il tuo capo e mettici pure il quarto meno nobile quello che in me è tutto intero. Fatelo, altrimenti a me l'armi "io solo combatterò, procomberò sol io". é megghiu se mi rati na manu.
Propongo
1)Tagliare le lenze al Lungo
2)Sequestrare Spusidda e tenerlo nascosto in una delle sue vigne
3)Aumentare le tasse ad Antonio oppure rendere pericolante il nono gradino
Bella Antonio, che bravo che sei.
Tuo cugino Silvio era per noi un mito, macchinoni, motoscafi, belle donne.
L'ho visto due anni fa in piazza, ti lascio indovinare di cosa abbiamo parlato tutta la notte.
Una piccola variante rispetto a prima, questa volte erano tutte spagnole.
Un saluto a te ed al tagliatore di lenze
Antonio è molto originale l’idea di paragonare “i scaluni ra cresia” ad una declatoria di latin–lover stagionali, in base alla quale, sullo scalino più in alto, ci sono i più grandi che raccontano le loro avventure serali con l’altro sesso, e il resto ri scaluni occupato da ragazzi ad ascoltare e apprendere.
Caro Mario per adesso i “VDA” hanno la meglio, ma non molliamo ci rifaremo in seguito. Per quanto riguarda i cognomi, il tuo ci onora , deriva addirittura dal Senatore romano Boezio. Tuttavia per guadagnare qualche metro, proviamo a togliere il leggio alla loro barca.
Non mi cimento. Resto in muta ammirazione. Tanto più che questi non sono discorsi da femmina.
Vedi il senatore romano che torna?
Terroristi, ecco quello che siete.
Ve bene tagliarmi le lenze, va bene sequestrare Spusidda, ma le tasse al povero Antonio.
Non basta il salasso americano, pure quello italiano.
Avete una coscienza ? E poi tu Nino, togliere il leggio, fare affondare la barca con i Velardi, e se c'è qualcuno che non sa nuotare ?
Signori volete la guerra e guerra sia.
Altro che Boezio, senatore romano, voi discendete ri caprari, infatti il fischio vi viene naturale.
Mimmo, non scherzare,nessuno di voi annega, siete tutti lupi di mari!
Vorremmo solo guadagnare qualche bracciata,...
Per noi di una certa età, Favazzina soprattutto a una certa ora era i scaluni ra cresia.
Adesso ogni volta che ci torno e passo davanti alla chiesa, ha vedere quello scempio mi viene una rabbia che non vi dico.
Certo che se potevano raccontarle, chissà quante ne avrebbero detto quei scaluni, ma siccome non possono farlo ci pensano i Velardi e, a parte la modestia, anche i Bueti.
Antonio non farti intimorire e continua a regalarci ancora di queste perle, io anche se mi sequestrano continuerò a mandare dei pizzini.
O Longu invece ma chi l'affonda?
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