Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

mercoledì 15 febbraio 2012

Uno spaccato di vita contadina

Umberto, u bucceri, che mio padre aveva preventivamente contattato e al quale aveva già fatto vedere il maiale, arrivava con la sua lambretta da Scilla direttamente all’orto, solitamente la domenica mattina.
L’acqua nella caldaia bolliva già e la grande panca sulla quale il maiale veniva poi steso per essere sgozzato era pronta.
Umberto arrivava sempre con un aiutante e insieme a mio padre, dopo aver fatto uscire il maiale ra zimba e avergli immobilizzato le zampe con una corda, non senza una certa fatica (il maiale pesava quasi sempre oltre il quintale) lo stendevano sulla panca.
Come sapesse già il destino che l’attendeva il maiale lanciava dei grugniti strazianti che a me ragazzino facevano accapponare la pelle.
Mentre gli altri due lo tenevano fermo, Umberto, brandendo un lungo coltello si avvicinava al maiale e con un colpo deciso lo sgozzava.
Il sangue fuoriusciva a fiotti e veniva raccolto in un secchio che mia madre aveva precedentemente sistemato vicino alla panca.
Le urla del maiale erano talmente forti che io per non sentirli mi tappavo le orecchie, poi col defluire del sangue le urla lentamente scemavano e quando il secchio era quasi completamente pieno, finalmente cessavano.
A quel punto, mio padre, Umberto e il suo aiutante tiravano su il maiale dalla panca e lo appendevano a testa in giù in un ramo robusto di limunara e, usando l’acqua calda, lo mondavano dai peli.
Completata questa operazione Umberto lo squartava, dividendolo in due parti perfettamente uguali, una per noi e l’altra per lui (mio padre invece di pagarlo gli dava metà del maiale, era questo l’accordo).
La sua parte la caricava intera sulla lambretta, mentre la nostra la macellava secondo le richieste di mia madre in modo da poter ottenere, oltre alla carne da consumare fresca, come costine, braciole, lonza, filetto eccetera, tutte le parti, ad esempio le budella, che servivano poi per fare satizzi, suppizati, capicoddhu e la parte più grassa per ricavare u lardu, tutta roba da consumare poi nei mesi successivi.
Niente veniva sprecato e tutto veniva rigorosamente utilizzato, perché come certamente sapete, del maiale non si butta mai niente.
Anche se mi dispiaceva per il povero maiale, (la carne però me la mangiavo, eccome!) ho voluto ricordare questo spaccato di quando ero ragazzo, di quando Favazzina era diversa e tutto era gioia, come per l’imminente arrivo ru Carnaluari, al quale, mio padre mi diceva sempre, “i satizzi nci ficiru mali”.

6 commenti:

arcade fire ha detto...

Mimmo, sei il cantore principe di Favazzina.

romanaccia ha detto...

e la memoria storica. Grazie!

Spusiddha ha detto...

Che vi devo dire Favazzina c'è l'ho sempre nel cuore.

u'longu ha detto...

...e povero anche il maiale.
ambè, si bè, ambè si bè...
Cugino sei l'anima di Favazzina e delle sue tradizioni

chinnurastazioni ha detto...

Mi piaceva assai u lardu, bianco panna, spolverato di pepe nero o rosso, una delizia, altro che Colonnata e Arnad e che dire dello strutto, vinivunu certi patati fritti che erano zucchero. Viva il maiale, abbasso il norcino. Ciao Mimmo

chinnurastazioni ha detto...
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