Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

martedì 30 ottobre 2007

lunedì 29 ottobre 2007

P. u Continu e la legge dell'alternanza

Natale '92.
Anche quell'anno Don Cosimo decise di celebrare la Messa di Mezzanotte a Melia.
Evidentemente la lobby delle paucciane muliote aveva nuovamente esercitato la giusta pressione.
Era già il terzo anno che questo succedeva e a Favazzina i mugugni si stavano trasformando in una vera e propria rivolta.
Una sera P. u Continu attese Don Cosimo fuori dalla chiesa e in un crescendo tartagliante lo redarguì:
"Don Cosimu iiieeu sacciu chiiii naaaa vooota fuuui u cani e naaa vota fuuiii u lepru.Ma cca seeempri u lepru fui!!!!"

Roccu l'americanu 2° episodio

Anche quella sera ero in piazza con i miei soliti amici e insieme a noi, cosa alquanto inusuale, vi erano Biagio e Ciccio, due nostri amici, due ragazzi che di mestiere facevano i contadini.
Come tutti quelli che lavoravano la terra era assai raro che uscissero la sera, solitamente si vedevano in giro al sabato, la loro serata libera.
Erano passate da poco le dieci e meditavamo già di andarcene a casa a dormire. Al mattino bisognava alzarsi alle sei per andare a prendere il treno e la sera non ci fermavamo mai fino a tardi. All'improvviso un lamento strano, confuso, turbò la quiete della notte. Era simile ad un ululato, un guaito bestiale, non aveva niente di umano. Prestammo attenzione e ci parve provenisse dalla via Marina.
«Che sarà?» domandò Peppe.
«A me pare un cane» risposi.
«Anche a me» aggiunse u Longu.
Il lamento non cessava, anzi saliva di tono, diveniva cupo, prolungato, intervallato da pause sempre più brevi.
«Perché non andiamo a vedere?» chiese Enzo alquanto curioso.
«Ma sei matto! E se è un cane rabbioso?» lo reguardì Peppe.
«Io vado!» insistette e si avviò verso il luogo donde avevano origine quei lamenti. A malincuore anche noi lo seguimmo. Man mano che ci avvicinavamo i lamenti giungevano più distintamente e con grande sorpresa scoprimmo che provenivano dalla casa Bianca.
«Minchia! Ma è l'americano» esclamò Peppe «Mi sa che sta male».
«Andiamo a vedere, magari ha bisogno» sollecitò Enzo.
Affrettammo il passo e rapidamente arrivammo davanti alla sua casa.
Subito Enzo suonò il campanello e senza attendere risposta, spinse il portone e vedendo che era aperto entrò, seguito da tutti noi.
Il tempo di mettere piede in casa che udimmo un lamento ancora più spaventoso degli altri. Attraversammo di corsa la cucina e ci precipitammo in camera da letto.
L'americano era steso sul letto bianco come un lenzuolo, pareva morto.
Entrammo e appena tutti fummo nella stanza, egli si tirò su all'improvviso, le braccia tese in avanti, come in atteggiamento ginnico e il movimento fu così rapido che la nappina della papalina che aveva in testa, gli cadde davanti agli occhi. Emise un rutto enorme ed esclamò «Muoio!» e si ributtò sul letto a peso morto.
La scena si svolse in un lampo, ma era stata così tragicomica, che io, Peppe, Enzo e u Longu trattenemmo a stento le risa. Biagio e Ciccio avevano meno confidenza di noi con l' americano ed erano quindi, pieni di riguardo nei suoi confronti, rimasero perciò seri accanto al capezzale.
«Cugino Rocco che avete» gli chiese Biagio.
«Muoio!» egli rispose con un filo di voce e ripeté la scena di prima.
A quel punto non riuscimmo più a trattenerci, indietreggiammo in cucina e scoppiammo a ridere in preda alle convulsioni.
«Volete che chiamiamo il medico?» sentimmo Ciccio chiedere.
«Dove lo trovi il medico a quest'ora» rispose rassegnato.
«Cosa vi sentite?» chiese ancora Biagio.
«Ho un peso qui sullo stomaco, e mi viene da vomitare» alle parole fece seguire il gesto e con una mano si toccò la pancia. Intanto noi dalla cucina, sbirciavamo in camera da letto e seguivamo l'evolversi della situazione.
«Cosa avete mangiato?» gli chiese allora Ciccio.
«Peppino mi ha regalato un mutulu e me lo sono fatto alla griglia» confessò.
Peppino era un nostro amico, ed era un pescatore molto abile.
«Forse vi ha fatto male» Ciccio azzardò come diagnosi.
«Ma se lo aveva appena pescato!» si giustificò.
Il fatto che il pesce fosse fresco, era sufficiente secondo lui a non dover stare male.
L'americano soffriva di ulcera gastrica e soprattutto la sera, doveva limitarsi nel mangiare. Sovente però eccedeva col cibo e inevitabilmente stava male. Per lo più avvertiva pesantezza di stomaco, dovuta a cattiva digestione, ma dato che era ipocondriaco esagerava parecchio con i mali e le lamentele. Aveva la voce flebile e la faccia smorta, pareva un moribondo, inoltre seguitava a tirarsi su e a ruttare. Biagio sentendoci sghignazzare, alla fine non resistette più e uscì dalla stanza, ridendo anche lui, lasciando l'americano da solo con Ciccio.
Poco dopo, pure Ciccio venne in cucina e serio ci disse «Mi ha chiesto di fargli una limonata calda e di metterci un cucchiaino di bicarbonato».
«Come sta?» gli chiese Peppe.
«Dice che sta male, che gli sembra di morire. Per me non ha digerito» rispose. Tra noi era quello che se la prendeva più a cuore.
«Chissà come si è abbuffato» sentenziò Peppe.
Nel frattempo Ciccio si era avvicinato alla cucina e aveva acceso il gas e aveva messo sul fuoco un pentolino con dentro l'acqua. Poi appena l'acqua iniziò a bollire tagliò un limone a metà e vi spremette il succo.
«Il bicarbonato è nella vetrina. Me lo prendi per favore?» egli disse rivolgendosi a Biagio. Sicuramente doveva averglielo detto l'americano.
Biagio rovistò tra una montagna di scatole di medicine e trovò quella col bicarbonato, la prese e la porse ad Ciccio. Questi ne riempì un cucchiaino e lo versò nel pentolino, poi pigliò lo zucchero e fece altrettanto, ma ne mise due di cucchiaini, bei colmi, mescolò il tutto e versò la bevanda in una tazza. Tutti insieme, preceduti da Ciccio, rientrammo in camera da letto e lui porse la tazza all'americano. Egli si tirò su a sedere, prese la tazza e iniziò a bere. Ma appena mandò giù i primi sorsi, il bicarbonato fece il suo effetto ed egli mollò un rutto così potente, che rimbombò per tutta la stanza. E nel contempo atteggiò il viso a sofferente, come per volersi scusare. E noi, che seppur celatamente, non avevamo ancora smesso di ridere, a quella nuova emissione, ritornammo in tutta fretta in cucina, con le lacrime agli occhi, lasciando ancora una volta Ciccio da solo con lui. L'americano stava troppo male per badare a noi, la confusione gli dava fastidio e sicuramente preferiva che in camera con lui rimanesse solo Ciccio, dato che egli lo serviva e lo assisteva amorevolmente.
Noi d'altro canto non ce la facevamo a rimanere seri, l'americano aveva un aspetto troppo ridicolo e destava in noi una ilarità irrefrenabile. Inoltre come se non bastasse, si era messo pure Peppe a farci ridere ancora di più.
«Per me muore» continuava a ripetere «E visto che i suoi parenti sono lontani, la casa e tutto ciò che possiede c'è lo dividiamo tra noi».
Io, Enzo, Biagio e u Longu non riuscivamo nemmeno a respirare, tanto i singulti ci scuotevano e lui, ormai senza freni seguitava a sciorinare parole come un fiume in piena.
«Anzi sapete che vi dico? Lo facciamo subito il testamento»
e chiese a ognuno di noi cosa preferissimo avere, giacché non voleva scontentare nessuno, voleva fare una spartizione equa. Ma visto che non riuscivamo a metterci d'accordo, decise lui le parti.
A Biagio toccò l'orto, a Enzo la cucina, al Longu la camera da letto, a me il piano di sopra, per se si prese la vigna. Ad Ciccio non toccò niente, lui non faceva parte del nostro giro.
Certo che se l'americano avesse potuto sentire i nostri discorsi, sicuramente avrebbe fatto i debiti scongiuri e quanto meno si sarebbe toccato immediatamente le parti basse.
Si era fatto tardi e all'americano, ora che cominciava a stare meglio, gli era venuta voglia di dormire. Ci chiamò quindi tutti in camera da letto e ci ringraziò per essere corsi, così prontamente in suo aiuto, e ci congedò dicendo che voleva riposare.
Anche se a fatica riuscimmo, almeno in quella circostanza ad essere seri, ma appena fuori, ricordando quanto era accaduto, ricominciammo a ridere più forte di prima.

sabato 27 ottobre 2007

Roccu l'americanu

Uno dei personaggi mitici, per quelli della mia età, vissuti a Favazzina è stato sicuramente "Roccu l'americanu". Un tipo strano, controverso, ma che nel bene o nel male è stato un punto fermo nella nostra adolescenza. Attreverso due episodi due episodi tratti dal mio libro "La casa bianca", la sua casa, ho voluto tracciare un profilo divertente e far sapere anche a quelli più giovani di me che tipo era. Poichè anche se non l'hanno conosciuto sicuramente ne avranno sentito parlare.

".....Le sere quando non andavamo a prendere i ceppi, io, Peppe, Enzo e u Longu, sovente ci trovavamo a casa dell'americano a giocare a carte. L'americano in realtà era uno del nostro paese. Era emigrato in America da giovane in cerca di fortuna, seguendo l'esempio di molti compaesani, primo fra tutti mio nonno Domenico. Poi tra un ritorno e l'altro, aveva trovato il tempo di spo-sarsi, con una donna del paese e di fare due figli. Infine avuta la cittadinanza americana, dopo l'ennesimo ritorno era ripartito per l'America con tutta la famiglia. Vi era rimasto più di trent’anni, poi separatosi dalla moglie, aveva abbandonato sia lei che i figli ormai grandi, e aveva fatto ritorno in paese definitivamente. Le malelingue dissero che era stata la moglie a cacciarlo di casa, stufa delle continue stramberie di lui, ma nessuno sapeva veramente come erano andate le cose laggiù. Di una cosa però eravamo certi, l'americano era un tipo strano per davvero. Aveva trovato una casa in affitto nel vicolo, dove fino ad un paio di anni prima abitava Carmela, quasi di fronte a quella di mastro Natale, appena più in giù, ed era una casa molto vecchia abbandonata da anni. La stanza al pianterreno era al disotto del livello della strada e per accedervi, bisognava scendere due gradini. Il pavimento era privo di piastrelle ed il fondo della stanza era reso liscio da una gettata di cemento. L'arredamento era davvero misero, ed era composto da un vecchio tavolo sgangherato, sei sedie con l'impagliatura sfilacciata e una vetrina cigolante che stava in piedi per miracolo. Il cesso come in tutte le vecchie case era ricavato nel sottoscala, ed era celato da una parete di assi, che una mano di calce aveva tentato in qualche modo di rendere bianche. La cucina era in muratura e funzionava a legna, una delle poche ancora rimaste in paese, ma l'americano non la usava mai. Lui era sempre in giro a scroccare un pasto ad amici e parenti, ed anche a casa mia aveva mangiato più di una volta. Quando invece gli andava male, si recava a Scilla in una trattoria di un suo vecchio amico, oppure se era costretto a rimanere a casa, consumava di solito due o tre panini con l'affettato. La scala di legno portava al piano di sopra, nella stanza da letto, più spoglia della prima. Addossato a una parete vi era il letto, con ancora le sponde di ferro battuto e il materasso imbottito di crine. Inoltre una sorta di armadio e una sedia per appoggiarvi i vestiti tolti, prima di andare a letto. Per uno che aveva vissuto a New York, non era certamente una sistemazione decorosa. Ma era solo una locazione temporanea, poiché egli aveva già in mente di costruirsi una nuova casa.
Enzo bussò alla porta energicamente.
«Chi è?» udimmo l'americano chiedere dall'interno.
«Siamo noi» rispose Enzo.
«Entrate è aperto » ci stava aspettando.
«Buona sera cugino Rocco» Peppe lo salutò affettuosamente.
«Buona sera» salutammo anche noi.
«Buona sera, buona sera, sedetevi!» ci invitò, indicandoci le sedie
«Avete cenato?» gli chiesi
«Si! Ho appena finito». Sul tavolo vi era ancora la tovaglia cosparsa di briciole di pane e un piatto con dentro delle bucce di mela. Inoltre vi erano un coltello, un bicchiere e una bottiglia di acqua minerale Sangemini.
«Avete voglia di farvi una partita a carte?» Enzo gli domandò
L'americano era un giocatore accanito e sebbene morisse dalla voglia di giocare gli piaceva, ogni volta, farsi pregare.
«A cosa giochiamo?» chiese a sua volta, il richiamo era forte.
«Vi va bene a Stop?»
«OK! Due orette però»
Rispondeva sempre così, poi se vinceva era capace di tenerci lì fino all'alba. Viceversa se perdeva, dopo un po’ trovava una scusa e ci mandava via.
Sparecchiò e noi prendemmo posto attorno al tavolo. Egli si mise a capotavola, Peppe alla sua destra, io alla sua sinistra, di fronte Enzo, tra lui e me u Longu.
L'americano quella sera aveva una fortuna sfacciata, le carte gli giravano per il verso giusto e vinceva spudoratamente. In quelle occasioni era sempre molto allegro e diveniva oltremodo generoso. Durante una pausa del gioco si alzò e si avvicinò alla vetrina, l'aprì, prese un piatto e vi mise alcune stecche di torrone, delle susamelle e delle pittipì, si volse e lo posò in mezzo al tavolo. Poi ritornò alla vetrina e vi prese una bottiglia di Johnnie Walker, il suo whisky preferito, e cinque bicchieri.
«Servitevi!» ci invitò.
«Grazie cugino Rocco, si vede che siete un americano»
Peppe non perdeva mai l'occasione per fare lo spiritoso.
«Vaffanculo!» gli rispose sorridendo.
Mangiammo, bevemmo e fumammo l'ennesima Marlboro. Io e Peppe non eravamo fumatori accaniti come gli altri, ma quando giocavamo a carte, anche noi esageravamo col fumare. La stanza oramai era pregna di fumo e la gola mi bruciava parecchio. Desiderosi di rifarci riprendemmo a giocare, ma la fortuna non aveva ancora smesso di arridere all'americano, ed egli seguitava a vincere. Il clima era disteso e vi regnava una certa allegria, soprattutto per merito suo, noi facevamo buon viso, ma dentro di noi l'invidia ci rodeva, e i miei pensieri, di sicuro, erano uguali a quelli dei miei amici «Che culo che ha stasera l'americano!».
Quel giro toccava a me fare il mazzo, ed ero intento a scozzare le carte. Stavo per distribuirle, quando l'americano pose la sua mano sulla mia e mi impedì di continuare.
«Aspetta a dare le carte, vado un momento al cesso» mi disse.
Si alzò e lasciò le sue monete tutte sparse sul tavolo, evidentemente voleva dimostrarci che si fidava di noi.
«D'accordo, fate pure» risposi e mi arrestai.
Appena la porta del bagno si chiuse alle sue spalle, Peppe sottovoce esclamò «Minchia! Avete visto che culo?»
«Se va avanti così finisce che ci lascia in mutande» aggiunsi.
«E' meglio che ce ne andiamo » consigliò u Longu.

«Facciamo ancora qualche mano, magari la fortuna cambia». Enzo non voleva arrendersi e ci esortava a rimanere. Peppe nel frattempo era come ammaliato e guardava con bramosia le monete poste lì sul tavolo, buona parte del nostro denaro perso. Ebbe un movimento repentino, allungò una mano, appoggiò un dito su una moneta da cento lire e la spostò tra le sue. Di sicuro fece quel gesto per scaramanzia, per trasferire la fortuna dalla sua parte, poiché cento lire non avrebbero cambiato certamente la sua situazione. Nessuno di noi ebbe il tempo di dirgli niente, anche perché, proprio in quel momento, la porta si aprì e l'americano ritornò al suo posto. Io intanto avevo ripreso a scozzare le carte e appena lui si sedette le distribuii. L'americano rimase impassibile, ignorò le carte e continuò a fissare le monete davanti a lui, da quando si era seduto non aveva fatto altro. Poi tirò su la testa e ci guardò, scrutò attentamente le nostre facce e indicando le monete disse «Qui mancano cento lire, chi le ha prese?»
Rimanemmo di sasso, poiché nessuno di noi poteva immaginare che se ne sarebbe accorto. Vi fu un attimo di silenzio imbarazzante, durante il quale pensai «Minchia che furbo! Prima di alzarsi aveva contato i soldi, altro che fiducia».
Dall'espressione che vi era sul volto dei miei amici, capì che anche loro stavano pensando la stessa cosa. Peppe fu il primo a riprendersi dallo sbigottimento e mentì sfacciatamente.
«Cugino Rocco ma cosa dite? Figuriamoci se in casa vostra vi rubiamo i soldi. Vi sarete sbagliato». Sapeva di essere in colpa e cercava di giustificarci giocando sull'equivoco.
«Non mi sbaglio affatto. Io so quanti soldi vi erano prima di andare al cesso, e ora mancano cento lire. E' inutile che cerchi di farmi passare per fesso»
La faccenda aveva preso una brutta piega e non si intravedeva una soluzione possibile poiché, se da una parte l'americano insisteva nell'accusarci, dall'altra ne io e tanto meno Enzo e u Longu, mai avremmo tradito Peppe, visto che lui non aveva ammesso di avergli preso la moneta. Tentammo allora di rabbonirlo, dicendogli che era probabile si fosse sbagliato nel contarle, che mai avremmo fatto una cosa simile ad uno come lui.
«Ho capito siete tutti d'accordo. Siete dei ladri, dei porcarusi» ribatte alquanto alterato alle nostre giustificazioni. Enzo era un tipo abbastanza irascibile e non permetteva a chicchessia di offenderlo, inoltre sapendo di non avere colpa, alle parole dell'americano reagì.
«Non vi permetto di darmi del ladro e nemmeno del porcaruso» e disse questo alzandosi in piedi, fronteggiandolo. L'americano interpretò le parole e il gesto come una minaccia e livido in volto ci spinse verso la porta urlando come un forsennato «Fuori! Fuori di qui!». Poi come parlando a se stesso aggiunse «Ma tu guarda se una pisciata in casa mia mi deve costare cento lire. Non pago quando vado ai gabinetti pubblici a Reggio e devo pagare a casa mia».
Io, Peppe e u Longu trattenendo a stento le risa ci dirigemmo alla porta. Enzo invece era arrabbiato, non gli andava di essere trattato in quel modo e in più gli bruciava che l'americano lo buttasse fuori casa.
«Vi lascio perdere perché siete una persona anziana e ho rispetto, altrimenti non finiva così» e glielo disse guardandolo dritto negli occhi.
«Perché mi vuoi picchiare? Mi rubate i soldi e mi volete pure picchiare» continuò a sbraitare, esagerando naturalmente e coinvolgendo anche noi, che seguivamo la diatriba in silenzio.
«Dai Enzo andiamo! Finiscila!» lo afferrai per un braccio e lo trascinai fuori di lì. Appena fummo in strada Enzo aggredì Peppe verbalmente
«Sei uno stronzo! Che minchia gli hai preso a fare le cento lire!»
«Non so perché l'ho fatto, è stato un gesto istintivo, mi dava ai nervi che continuasse a vincere» cercò di giustificarsi.
«Così ci ha mandato via e non ci siamo potuti rifare» io dissi, un poco dispiaciuto per i soldi persi.
«Sarà per la prossima volta, tanto vedrete che domani ci richiama ».
Conoscevamo bene l'americano e il suo vizio per il gioco.
«Certo che quando ha detto che una pisciata a casa sua gli è costata cento lire, mi ha fatto morire dal ridere» disse u Longu, e di nuovo sorrise ripensando alla scena di prima.
«E vi ricordate quella volta al mercato? Quando doveva comprare le zucchine e all'ortolano chiese le cucuzzelle?
«E quando è andato a Montecatini? Che in italiano era convinto si chiamasse Montecatene?»
«E quella volta a Reggio, quando stava per essere investito da una macchina? E lui per evitarla raccontava «Fici uno zumpo nell'atmosferio e caria supra lu motorio».
(Feci un salto in aria e caddi sopra il motore, sul cofano).
Ridendo come matti ci dirigemmo in piazza e ricordammo tutti gli aneddoti nei quali l'americano era stato protagonista, e che oramai erano entrati di diritto nella leggenda del paese.

Ciao a tutti gli amici di Favazzina

Un tifoso d'eccezione...

Negli anni '80 andava di moda a Favazzina il torneo di calcio che si svolgeva 'ntà chiazza Rimembranza. Questo era considerato un evento "serio" rispetto agli altri tornei organizzati da noi ragazzi più piccoli.
Si provvedeva, prima di ogni incontro, a bagnare bene il terreno di gioco per evitare polveroni poichè, a quei tempi, la piazza era ancora coperta di terriccio. Temibili, infatti, erano le reazioni di alcuni abitanti che avevano casa proprio a ridosso della piazza. Prima fra tutte una coppia di coniugi anziani, una certa Marina col marito, che non vedevano l'ora che il pallone oltrepassasse il limite del loro giardino per impossessarsene ed eccitarsi bucandolo.
Dentro questo scenario si scontrarono un giorno due squadre nelle quali giocavano come avversari due fratelli: Lello D... e Francesco D..., rispettivamente attaccante e portiere.
Sugli "spalti" c'era un tifoso d'eccezione a cui stava, giustamente, a cuore la partita. Era il padre dei due protagonisti, Don P... Cicala, il quale assisteva con ansia alla sfida incitando i figli a tenere alto il nome della famiglia!
Nelle fasi finali dell'incontro Don P... Cicala era estasiato a tal punto che, in un'azione d'attacco di Lello, pronunciò una massima che divenne negli anni un "aforisma" favazzinoto degno di essere ricordato in eterno! Trovandosi Lello di fronte al fratello portiere, Don P. Cicala con foga esclamò:


"Tira Lellu..... Para Francescu....."



giovedì 25 ottobre 2007

Favazzinablog: l'idea, la (per ora breve) storia

Carissimi Favazzinoti, di nascita, di discendenza o di adozione...
A due mesi dalla pubblicazione di questo piccolo blog mi viene da fare qualche riflessione da condividere con voi.
Come già detto l'idea di creare un sito internet su Favazzina l'avevo in testa da almeno cinque anni. Avevo anche iniziato a programmarlo, ma poi per mancanza di tempo ho lasciato perdere. La scorsa estate, durante un assolato pomeriggio passato sutta u ficus, in compagnia di Malumbra, u Bambinu e il Geko (documentata dal filmato che trovate in un post di settembre), l'idea ha cominciato a riprendere forma... anche perché, con blogspot non c'è il problema di dover programmare le pagine e poi si può creare un lavoro collaborativo.
Appena tornato a casa mi sono messo all'opera: ho creato un account, ho aperto un blog e ci ho messo un paio di storie (riciclate dal vecchio sito). A questo punto il problema era coinvolgere gli altri... il primo a raccogliere l'invito è stato il mitico Magù, subito dopo si sono aggiunti Malumbra, U Bambinu, Scibbalocchiu e il Geko. Il Blog cominciava a prendere forma, comparivano le prime storie e i primi commenti, ma non ci bastava.
Abbiamo pensato ai vari problemi che potevano sorgere e abbiamo creato un piccolo regolamento da inviare a tutti i partecipanti, poi ho sparso inviti a largo raggio tra tutte le persone "Favazzinote" delle quali avevamo l'e-mail... (cioè le aveva Malubra) alcuni hanno risposto all'invito, altri no.
Ora il gruppo si è allargato, siamo in dieci e spero che prossimamente anche altri si iscrivano (a proposito: siamo ai primi posti su google). E' nato anche un gemellaggio con gli amici scigghitani di malanova.it vi invito a leggere anche i loro blog e a commentarli.
Come solito invito tutti, soprattutto i nuovi, ma anche alcuni dei vecchi che sono silenti (Geko aundi cazzu sii???) a fare sentire la loro voce con nuovi post e commenti e a cercare di coinvolgere tutti gli amici Favazzinoti con i quali sono in contatto.
E' anche ben accetta ogni tipo di proposta. Favazzinablog è di tutti i Favazzinoti!

mercoledì 24 ottobre 2007

Nuova linfa alla tua terra

NUOVA LINFA ALLA TUA TERRA

Torno sovente al borgo mio natio

per ritrovare scampoli di pace,

immergermi in un mare profumato

di zagare giammai dimenticate.

Ricordi di beata fanciullezza,

trasudano dai muri e d'ogni dove,

ritornano confusi alla memoria,

tizzoni ardenti ad infiammarmi il cuore.

Affiorano visioni ormai sbiadite,

che il tempo, tiranno, aveva cancellato,

le corse a piedi nudi per le strade,

le notti insonni, al lume del rancore,

per un bacio non dato.

i giorni lieti con il primo amore.

E vago senza meta per le calle,

con l'animo felice che ribolle,

e trovo nuova linfa alla tua terra,

per sentirmi vivo,

per creare ancora fantasia.

Velardi Domenico

lunedì 22 ottobre 2007

'A Stazioni!




La stazione di Favazzina è ormai divenuta da tempo il simbolo dell'arte moderna nelle sue più variegate espressioni. Diversi artisti hanno avuto modo di cimentarsi nei linguaggi più disparati; linguaggi che hanno espresso i contenuti più alti dell'uomo moderno.

Cogliamo qui alcuni esempi:





oppure.........:






Ci sono anche le cosiddette "Contaminazioni" nelle quali riaffiorano legami nascosti tra culture diverse...:






La Stazione, però, era proprio un'altra cosa quando negli anni '80 e nei primi anni '90 c'era ancora la mitica figura ru Capu Mat...ne, l'ultimo capostazione di Favazzina.
Ricordo ancora il giorno in cui vennero murate tutte le porte e le finestre. Ci volle solo una giornata di lavoro per chiudere anni e anni di storia e di ricordi..
Chi ha dimenticato le nostre visite 'o Capu Mat...ne per fare un biglietto o, meglio ancora, l'abbonamento? Invadevamo praticamente la sala Direzione e iniziavamo a toccare tutto. I timbri, le leve, i pulsanti, sembrava di stare ai comandi di chissà quale astronave.. e u Capu ci richiamava senza poi troppa convinzione perchè sapeva che da lì, ormai, non si comandava più niente. Quelle leve erano tutto quello che era rimasto dei vecchi scambi che portavano al terzo binario, quello che serviva un tempo a caricare i treni merci di limoni, il prodotto più conosciuto di Favazzina! 'U Capu si alterava soltanto alla presenza di Tempesta, chissà come mai...
A proposito di Tempesta ricordo un episodio che conferma ancora di più la sua fama:
si tornava da scuola con il treno e, nei pressi dell'ultima galleria, ci alzammo tutti per accingerci alla discesa; Tempesta, nell'attesa del rallentamento del treno, giochicchiava con l'estintore fingendo di puntarlo verso di noi. Io ero davanti a lui e gli dicevo "tempesta 'a finisci mi fai traficu?". Il treno intanto si stava fermando in stazione! C'è da aggiungere che a quei tempi io andavo in giro vestito quasi sempre di nero, a mò di metallaro.. Questa cosa, riflettendoci a distanza di tempo, ispirò molto tempesta perchè nel giro di pochi secondi, con il sorriso sparato in faccia e con la più spontanea naturalezza tolse la linguetta e fece partire una spruzzata di estintore micidiale. Io non riuscii più a vedere niente per qualche minuto, e dopo essere sceso dal treno me ne tornai a casa accompagnato dalle risate di Tempesta e da un nuovo look che andava decisamente sul bianco......

Ritornando però alle espressioni artistiche presenti alla stazione vorrei ricordare che per tutti gli anni '90 era una sola la scritta (oggi armai sbiadita e confusa tra le altre) che dominava la parete della stazione. Vediamo se riuscite ad intravederla:





Era questa comunque:

LARA E PISQUI VI AMIAMO DA IMPAZZIRE!


Forse nessuno lo sa ma, dopo anni e anni in cui ci siamo chiesti chi mai avesse scritto questa dichiarazione d'amore, solo poco tempo addietro è saltata fuori la verità! Le due dolci donzelle, per anni protagoniste indiscusse 'ntò muru ra stazioni ed oggi non più in tenera età, hanno confessato:

"siamo state noi.."



Milano e la stipsi

L'episodio risale ad un'estate dei primi anni '90.
Un gruppo di giovani Favazzinoti seduto in piazza ascolta da un loro coetaneo, recentemente trasferitosi a Milano, le meravigliose opportunità che offre la capitale lombarda. I fimmini, i locali notturni, i centri commerciali....
Un sempre più perplesso cumpari V. 'u Mu**u assiste alla discussione finchè con calma serafica commenta:
" a prima vota chi jaja a Milanu non cacaia pi 15 jorna"

sabato 20 ottobre 2007

Al mio paese

Distesa, con le spalle a Brancatò,
di fronte a te si estende il mare.
Nessun poeta mai di te cantò,
cosa che invece è doveroso fare.
A destra, oltre l'omonimo torrente,
arrivi fino ai piani di Samperi.
Vi trovi, solo, della brava gente
piena d'orgoglio e sentimenti veri.
A manca, passata Favagreca,
dove riposano i defunti,
chi verso la si reca,
si trova, in un baleno, Suttafrunti.
Qui io sono nato, sotto il sole,
e ho imparato ad amare il mare,
da qui, col cuor che ancor mi duole,
un dì, me ne dovetti andare.
Penso ai limoni con le verdi foglie,
lontano in una grigia palazzina,
vorrei lasciare a te queste mie spoglie,
ti amo, o mia dolce Favazzina.


Domenico Velardi

Favazzina... la Venezia del sud!

Quale dei tanti personaggi mitologici favazzinoti
mettereste come gondoliere?



U Banner

Ho provato di nuovo a modificare il banner.... li per li non mi sembrava male, ma poi una volta inserito.... non c'è niente da fare.... non mi piace e non riesco a fare di meglio. A dire il vero l'avevo pensato con lo sfondo verde (chissà perché, ma è un colore che mi fa pensare a Favazzina), ma poi non stava bene con il resto dei colori. Ho provato a modificare anche quelli, ma poi sembrava il blog di dolce e gabbana!

Datemi una mano!! provate a tirare giù qualcosa con photoshop e postatelo! Io proprio meglio di così non riesco fare!

Galanti, visto che sei bravo con le foto te la cavi anche con la grafica? Vedi se puoi fare qualcosa che Malumbra non si movi!

venerdì 19 ottobre 2007

Help !

Chi di voi ha info su questo gruppo?

http://it.youtube.com/watch?v=TVmJhk89DDs

Penso di aver sentito da qualche parte anche una loro versione di Purple Haze di Jimi Hendrix.

La nostra Favazzina...

Raffaele e u fantasma

Con questo post voglio sottoporvi una storia un po' particolare della quale mi è arrivata soltanto la versione leggendaria, ma non sono riuscito mai a sapere come in realtà andarono i fatti. Il problema è che i personaggi coinvolti non è che siano la massima espressione dell'affidabilità narrativa e, negli anni, hanno fornito le versioni più disparate degli eventi! Considerando il fatto che di solito le leggende favazzinote contengono sempre un fondo di verità conto, con i vostri commenti, di riuscire a ricostruire una versione perlomeno plausibile.
Verso la fine degli anni '80 andava di moda la passeggiata notturna al cimitero. Tale prova di coraggio rappresentava un gradino essenziale nel riconoscimento sociale di chi si fosse avventurato.
Il nostro Raffaele, in occasione di una delle passeggiate notturne, iniziò a dire "ma cosa cazzo ci vuole.... siete dei cagasotto.... mica come me..... è come andarci di giorno...." il gruppetto dei convenuti, che annoverava tra gli altri Pelè e Gino P*, cominciò: "dai, allora andiamo tutti e tu che sei coraggioso entri dentro al cimitero, facci vedere quanto sei coraggioso!".
Raffaele, di fronte ad una sfida così plateale non poté più tirarsi indietro! Nel frattempo Pelè, opportunamente travestito da fantasma, si infilò in una tomba vuota (e già questo mi sembra abbastanza improbabile). Arrivati al cimitero, Raffaele, più volte invitato dagli altri, entrò da solo nel cancello e vide uscire dalla tomba l'orrido simulacro di Pelè travestito da fantasma. Fù tanta la paura che svenne. Subito tutti gli altri gli andarono sopra per cercare di rianimarlo, ma quando riprese conoscenza, vedendo il "fantasma" sopra di lui (Pelè era ancora camuffato) svenne di nuovo.
A questo punto Gino P* ebbe l'idea: presero Raffaele svenuto, lo portarono in spiaggia e li lo abbandonarono tornandosene tranquillamente al bar ru magu!
Dopo qualche ora Raffaele rinvenne e si precipito al bar dicendo di aver visto un fantasma e di essersi ritrovato in spiaggia, ma i bastardi negarono tutto facendolo passare per pazzo!
Ora le domande sorgono spontanee... come si era vestito Pelè? Possibile che Raffaele non avesse fiutato niente di strano? E la storia della spiaggia? Lascio a voi le risposte!

giovedì 18 ottobre 2007

Quiz

1) Con quale nome debuttò il gruppo musicale di Malumbra e Magù alla 1^ edizione della "Sagra del Limone" ?
2) Chi coniò quel nome?
3) Nottetempo qualcuno cancellò quel nome dalle locandine pubblicitarie sostituendolo con un altro.Con quale ?
4) Chi fu il tecnico delle luci?

...ma soprattutto

5) Chi gestì, tramite un sistema di tiranti e ingranaggi (tipo Willie Coyote), il movimento della girandola a specchi riflettenti che campeggiava al centro della scenografia?

Indovinello 3


Naccheru..........??





.............................!!!




mercoledì 17 ottobre 2007

Indovinello 2



Naccheru....?






...................!!!





martedì 16 ottobre 2007

Tempesta e il dilemma dei finocchi

Natale 1990.
Quell'anno avevamo organizzato presso l'asilo un pranzo per gli anziani che vivevano da soli.
Come al solito c'era un gran casino e Tempesta faceva la spola tra la cucina e la sala da pranzo creando più danni che benefici.
Ad un tratto fu assalito da un dilemma cosmico e alludendo alle inclinazioni di uno dei partecipanti chiese:

"Suor Angela cu i purtau i finocchi? Roccu u F***cisi?

A propositu che fini fici Roccu u F***cisi?

Indovinello:

'Naccheru........?






......................!!!



domenica 14 ottobre 2007

La caccia al tesoro

Memorabili a Favazzina le numerose edizioni della caccia al tesoro organizzate da noi grezzi! Tutto nasceva nei caldi pomeriggi d'estate ma il meglio veniva fuori nelle lunghe notti passate sutta o ficu ru Grecu.
Mentre noi ci facevamo il cervello in quattro per trovare le rime degli indovinelli, 'u bambinu poetizzava concretizzando poco e niente; per lui "poetico" è sinonimo di interminabile... come le barzellette!

Celebri erano le varie illustrazioni in cui si celava un percorso indicato da un certo numero di passi, svolte a destra e sinistra, un anagramma o un rebus. Vi erano raffigurati vari personaggi di Favazzina disegnati dal nostro Greco (all'epoca molto ispirato). Chi saranno mai i due personaggi qui sopra?



E questi seduti con il cane (da notare la matita)?






















E il personaggio con la bacchetta magica e il vestito ornato di $ $ $?


E questo qui sotto che suona la chitarra?





















Tutto questo era racchiuso dentro la cosiddetta Mappazza!
Qui alcuni esempi:

























Come dimenticare i momenti notturni in cui si nascondevano i biglietti per non farsi vedere, u Scibbalocchiu che si cacava addosso quando c'era da andare al cimitero... "Tenimi ru brazzu chi mi schiantu"!
I partecipanti avevano diritto ad usufruire di 5 aiuti solo, però, dopo aver bevuto un buon bicchiere di vino per ciascun aiuto ed aver dato un morso al panino 'ca cutuletta consegnato da ogni squadra al momento dell'iscrizione.
Non possiamo dimenticare la scena in cui Rocco ra palasia si ubriacò sacrificandosi per la squadra che non riusciva a trovare il biglietto. Furono costretti a chiedere 3 aiuti uno dietro l'altro e Rocco, munito di fascia da samurai in testa, tornava dalla spedizione a mani vuote e beveva a malincuore.
Oppure la scena in cui una squadra, dovendo portare un piatto di spaghetti col sugo ben cotti come pegno finale per la vittoria, dovette consumarlo in piazza per dimostrarne la commestibilità . Vinsero loro ma... mangiarono con gli occhi chiusi, accompagnando gli spaghetti con molto vino e qualcuno allontanandosi nauseato dal piatto confessò: "erano nel cestino della spazzatura! per arrivare prima li abbiamo raccolti e conditi con un pò di passata che era nel frigo...!!!!".

Mentre il sole di Favazzina ci sorride vi lascio con questo memorabile biglietto:



'A MALAFIMMINA

Non giudicate mal la mia condotta,
diedi la luce a tanti e fui... forzata!






sabato 13 ottobre 2007

venerdì 12 ottobre 2007

U Bambinu

Presente ogni estate, da quasi 40 anni a Favazzina, è uno dei membri della congrega dei Rozzi. Dai dubbi gusti musicali, musica texano-bovara (Bruce Springsteen), hard rock (Guns 'n' Roses, Cinderella) e il Vasco degli anni '80, dopo un passato di tastierista, si è esibito per anni nella sua (unica!) performance canora: "Lo shampo" di Gaber... tra l'altro stonando puntualmente sul ritornello. Oltre alle performance canore deve la propria fama anche a 4 o 5 pseudo barzellette kilometriche che hanno provocato più di un tentato suicidio!
E' ricordato anche per l'organizzazione di dubbi tornei di biliardo (nei quali è risultato sempre vincitore) nto' u Bar ru Magu ri graniti.
Degno di nota è l'inconfondibile look du Bambinu: pantaloncino lungo al ginocchio con cintura (anche in spiaggia), camicia rigorosamente a quadri interamente sbottonata (lasciamo perdere i colori), ma con maniche lunghe e polsini allacciati (anche in spiaggia), ciabattine i plastica, barba, capello con ondina sulla fronte, (a volte) borsello a tracolla. Come non ricordarlo così acconciato mentre, appoggiato ad un'auto 'nta chiazza ra Rimembranza, con la sigaretta in bocca, stava due ore al cellulare!
Dal carattere volitivo e passionale deve il proprio soprannome ad una mitica frase che pronunciò qualche anno fà e che riporto: "Alcuni dicono che sono rimasto un bambino, ma io in realtà ne sono orgoglioso!". Attualmente maritatu, passa per persona seria in quel di Roma. Oopps... dimenticavo... è mio cugino!

mercoledì 10 ottobre 2007

U palluni ri figghioli

Il calcio favazzinoto giocato negli anni '80 da noi, allora bambini, è una sorta di rito tribale che si discosta completamente dal gioco del calcio originale tanto che, per non creare confusione, lo chiamerò in questo post 'u palluni'.
Ntu palluni le rimesse si effettuavano con i piedi, il fallo veniva concesso dopo lunghe discussioni e patteggiamenti tra squadre, il rigore scatenava polemiche di ore, il fuorigioco...be..... nessuno aveva mai capito bene cosa fosse anche perché di solito la figura dell'arbitro era completamente assente! Le squadre rappresentavano clan amicali/parentali spesso contraddistinte da rivalità ataviche con gli avversari.
Noi figghioli stanchi di giocare 'nta Rimembranza decidemmo di seguire il modello dei grandi e di affittare il campo polifunzionale (del non ancora noto come Mago delle Granite) per il primo torneo i palluni ri figghioli. Le squadre erano così composte:

BULLDOZER: La mia squadra. Eravamo gli sfavoriti del torneo e sbeffeggiati da tutti in quanto considerati, a ragione, negati per il calcio. Componenti: u Grecu (date le mie scarse capacità calcistiche scelsi il ruolo di portiere così nessuno poteva rompermi le palle), u Bambinu (Centroavanti /fantasista della squadra... allora svolgeva qualche attività fisica), Andrea Mbù (unico difensore, praticamente un secondo portiere), Nino Tempesta (centroavanti non tornava in difesa manco a bestemmiare), Lello (centroavanti bomber giocava con noi solo perché sorteggiato!)
SQUALI: Squadra capitanata da Walter u melanisi (Capitano/Centroavanti/bomber)...l'unico che giovava, a suo dire, in una squadra vera, Pelè (centroavanti/bomber)... il nome dice tutto, Raffaele (portiere)... millantava di essere il portiere delle giovanili della Sampdoria, altri due Centroavanti che non ricordo. Erano i favoriti e si davano un sacco di arie!
DIAVOLI: Capitanata da Gianni Tabacca (Capitano/Centroavanti/bomber), Scibbalocchiu (Centroavanti)... anche lui all'epoca cercava di muoversi, So cugginu Peppe (Centroavanti), altri due Centroavanti dei quali non ricordo il nome.

Premio in palio: 5 mottarello pralinato dal costo di 200 lire gentilmente offerti dal non ancora Mago.
Note particolari: u Bambinu era accompagnato dal suo "staff"... u Re Bonu che a bordo campo, a gioco fermo, lo obbligava all'aspersione del borotalco e al cambio della maglia sudata con la velocità di un meccanico della Ferrari.

Molti di voi si chiederanno: ma come cazzu facivati... tutti attaccanti? Ebbene si... 'nto Palluni bastava il requisito dell'età (13 anni veri o millantati) per essere considerato attaccante! Essere difensore era un'onta riservata ai piccoli...non parliamo poi dei portieri!

La prima partita (estratta a sorte) vide contrapporsi Bulldozer contro Diavoli. Forse sarà stata l'eccessiva sicurezza degli avversari o il nostro timore, ma passammo subito in vantaggio, venimmo rimontati, ma il mitico Lello salvò il risultato regalandoci la seconda rete! La partita fu anche contraddistinta da due miei salvataggi miracolosi!
A questo punto gli sconfitti Diavoli se la dovettero vedere con i favoriti Squali che clamorosamente si fecero battere da un indiavolato Gianni Tabacca che, alla Paolo Rossi, infilò una tripletta agli avversari.
A logica la partita successiva sarebbe dovuta essere Squali contro Bulldozer, ma a causa di un "errore".....ehm..... "qualcuno" decise di giocare Bulldozer contro Diavoli (giuro che ero in buona fede). La partita iniziò malissimo. Andammo subito sotto di 2 goal quando... la stanchezza cominciò ad arginare il temuto Tabacca (che in definitiva stava giocando ininterrottamente tre partite). La stretta marcatura di Andrea Mbù fece il resto. Iniziò la nostra (cioè di Lello) implacabile goleada che ci portò al clamoroso risultato di 5 a 2!!!!!!!

La conquista del mottarello pralinato fu una delle emozioni che ricorderò per tutta la vita... paragonabile solo a quella che deve aver provato Dino Zoff mentre alzava la coppa del mondo!

A tutti i nostalgici du Palluni ri figghioli voglio regalare una perla.... i Bulldozer nella loro seconda formazione (dopo qualche cessione e la campagna acquisti)


in piedi da sinistra: Nino Tempesta, Hugo
accovacciato da sinistra: u Grecu, u Bambinu, Donato

martedì 9 ottobre 2007

L'età dell'innocenza

L'immagine che appare tutti gli anni superando l'ultima galleria che si incontra uscendo dall'autostrada (autostrada?) ed andando verso Scilla: il ponte curvo a strapiombo sul mare e lo scorcio di Scilla sempre illuminata dal sole che a quell'ora fa capolino proprio sopra il Castello rappresntano l'emozione più forte che ogni anno si prova arrivando a Favazzina.

Una sequenza di emozioni che, da sole, valgono un'intera estate ed immediatamente riappacificano con il mondo dopo un viaggio interminabile ed ogni volta sempre imprevedibile.

Per la verità, a prescindere dalla spettacolarità del paesaggio e dall'impatto emotivo che si prova vivendolo, l'emozione più forte sta nel fatto che si comprende immediatamente che, superato quel ponte, si entra in un mondo che per tutti noi ha rappresentato e rappresenta tuttora, a dispetto dall'età che avanza, una serie indecifrabile di emozioni, scoperte, divertimenti e paure, amicizie e pianti, felicità e malinconie tali da renderlo unico e irrinunciabile.

Superato quel ponte negli anni si sono sempre abbandonati abitudini "invernali", appuntamenti più o meni seri, a secondo del passare degli anni, con la "vita ordinaria", vestiti e spesso anche le scarpe. Non è mai stato raro trovare il Greco vagare a petto nudo fino al tramonto, o scovare Magù con tutti quei peli in bella mostra, od incontrare Malumbra camminare a piedi scalzi, il Geko con il gelatino o addirittura intravedere Scibalocchio, rinunciando alla propria buona dose di glamour, prendere il sole con il costumino... o vedere U Bambinu con la sua inconfondibile camicia scendere a mare: eravamo coscienti che la libertà di quei momenti avrebbe per sempre rappresentato la forza della nostra amicizia e della nostra stessa crescita.

A tal proposito si potrebbero narrare migliaia di aneddoti che non farebbero altro che confermare come il nostro stesso spirito si sia plasmato ed anche, perchè no, fortificato all'interno di quel paesino, storie di semplice vita vissuta ma che hanno contribuito forse più di qualsiasi altra esperienza a capire chi eravamo e cosa volevamo dalla vita.

Potrei raccontare di quando il Greco mi portò nella sua stanzetta e con l'orgoglio di chi sta crescendo mi fece sentire che sapeva dire le parolacce! Potrei raccontare delle prime confidenze amorose avute sempre con il Greco sulla sua terrazza (te lo ricordi? - je t'aime...). Potrei raccontare ancora della rivoluzionaria decisione presa da me e dal Greco in concomitanza - per avere più forza - di mettersi i pantaloni lunghi la sera per uscire... ne potrei raccontare tante, ma forse c'è un aneddoto che nessuno, a parte il Greco, conosce, che ha Magù come protragonista indiretto e che in qualche modo ha rappresentato la definitiva perdita dell'innocenza quale pedissequa osservanza dei dettami dei Grandi.

Non meno di trent'anni fa esisteva a Favazzina un "triunvirato" formato dal sottoscritto, dal Greco e ... da Hugo (bisogna contattarlo!), malgrado la loro voglia di "trasgredire" e di "ribbellarsi" ai dettami dei genitori, questi tre erano proprio degli imbelli ragazzini pieni di paure. Nel contempo abitavano a Favazzina altri due ragazzini, Magù e suo fratello, che erano additati a buon esempio ed a buon modello di educazione e rispetto. Il tutto provocava in noi, inevitabilmente, una sorta di invidia e competizione. Tale situazione, come tutte le situazioni conflittuali, doveva avere uno sbocco ed una fase risolutiva. Infatti la ebbe. Un pomeriggio Hugo venne a parlarci urgentemente ed è da quel giorno che col Greco ci interroghiamo sulla veridicità o meno della storia e su come un'immagine così geniale possa essere stata concepita da un ragazzino più piccolo di noi. Trafelato dall'affanno, per raccontarci al più presto quanto diceva di aver visto con i suoi occhi, venimmo a sapere, accompagnando la storiella con una sua solita canzoncina che riassumeva il fatto, che in quella stessa mattinata dal suo balconcino, che stava esattamente dalla parte opposta di Favazzina, aveva visto i due fratellini nudi nel bidet che facevano il bagnetto. Quell'immagine profanatrice, a cui naturamente volemmo credere, ci sollevò da qualsiasi competizione rendendoci in qualche modo più forti e sicuri di noi stessi.

Bhe, Favazzina era ed è anche questa.

Dedicato a chiunque passi
per questo Blog
e voglia sapere di cosa stiamo parlando.

sabato 6 ottobre 2007

IL RITO DELLA MATITA

Nei riti Favazzinoti degli anni '90 emerge per originalità assoluta il "rito della matita" che ha suscitato parecchio successo tra noi giovani poichè il suo inventore, Pelè, lo praticava spesso e volentieri. C'è da premettere che il protagonista del rito era la bonanima di Scubidù, il cane più famoso di Favazzina, il cane di tutti!
Il rito si praticava nel seguente modo (possiamo citare una tipica scena):
Scubidù incontrava sul suo cammino Pelè il quale lo salutava e lo chiamava così "scubi, veni ccà!". Scubi gli si avvicinava e gli si sdraiava accanto. A questo punto Pelè con la punta della scarpa iniziava a praticare un leggero massaggio sul membro di Scubidù e fissandolo negli occhi esclamava: "Scubi, nesci a matita!".
Tutti a Favazzina, incontrando Scubi, avranno detto almeno una volta nella loro vita "Scubi nesci a matita"...... certamente il rito completo, con la punta della scarpa, non è da tutti!

Voglio farvi un regalo in ricordo del nostro amato Scubi e della sua matita, eccolo:

venerdì 5 ottobre 2007

Personaggio misterioso


Chi sarà il personaggio misterioso sul quale clamorosamente non è ancora stato scritto nessun post?

Rozzi ma belli


bravo greco, grafica molto meglio

u' banner no

malumbra, sì tu l'artista: cangia stu banner

lunedì 1 ottobre 2007

U vittiru 'nta facci

A questo punto mi sembra doveroso scrivere un racconto di cui è protagonista il Geko. Durante una sera dell'estate 1994 (forse) l'allegra comitiva era un po' scazzata. Era una di quelle occasioni nelle quali ci sovrastava il nulla cosmico e dove sembrava che non si prendesse nessuna piega. Per uscire dall'empasse decidemmo di abbandonare il paese. E' doverosa una precisazione: abbandonare il paese significava, di solito, andare a Scilla. Io sono sempre stato invece, malgrado l'opinione di tutti dopo anni smentita, un grande sostenitore di Bagnara dove notavo un passeggio "maggiormente produttivo" e dove si narrava che, nella nuova birreria, ci fosse una cameriera straniera veramente notevole. Se non erro la formazione, oltre al sottoscritto, era formata da Malumbra, Scibbalocchiu e il Geko.
Appena arriammu 'nta birreria, vittimu c'a cameriera era effettivamente bionda, alta e considerevolmente bona. Ordinammo l'immancabile birra. Dopo un po' la cameriera arrivò con un vassoio con quattro birre: tre bei grandi boccali colmi fino all'orlo e un piccolo bicchierino insignificante. Guardò Malumbra negli occhi, lo giudicò meritevole di tanta ricchezza e gli pose innanzi un boccale grande. Stessa sorte toccò a me e a Scibbalocchiu, ma ancora non era finita.... guardò il Geko con uno sguardo commiserevole e con un gesto di sufficienza gli mise davanti il bicchierino di birra.
Tale gesto segnò il destino di un uomo! Ci risvegliammo subito dal torpore del nulla cosmico al coro unanime di "U VITTIRU 'NTA FACCI!" e cominciammo a ridere come pazzi!
Ancora non lo sapevamo, ma quella sera era nato un mito! La frase "U VITTIRU 'NTA FACCI" contrassegnò il Geko negli anni a venire in tante altre avventure.