Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

lunedì 28 giugno 2010

Haiu pruna Dossier

Eccole, nuovamente in tutto il loro splendore: Le prugne di Favazzina.
Questo "dossier" cerca di fare ancora più chiarezza riguardo le diverse ipotesi date dai blogger nei precedenti post, con stavolta l'ausilio di nuove immagini e in un contesto temporale che può dare un'indicazione anche sul perido di maturazione dei frutti stessi.
Le prugne raffigurate in queste foto sono state raccolte il 27/06/2010.
Queste sono quattro prugne selezionate dalla vaschetta della foto precedente e classificate per ordine di grandezza quindi di maturazione.
Si noti, da sinistra verso destra, il viraggio di colore che da un rosso chiaro passa gradatamente al classico "color prugna" carico, scuro, in modo direttamente proporzionale al grado di maturazione.
Questa è la prugna meno matura delle quattro nella sua superficie di taglio.
Ecco come appare in sezione l'interno della più matura.

domenica 27 giugno 2010

... per te amico mio

arcade... giusto 2 parole per dirti che in questo momento difficile ti sono vicino....
U MISTER !

giovedì 24 giugno 2010

La strada per Bagnara e l'importanza di essere fumatori

Favazzina, ore 21,00 di una qualsiasi estate di qualche anno fa, hai appena finito di cenare e ti appresti a fumare una sigaretta. Apri il pacchetto che a forza di stare nella tasca dei jeans è ridotto ad un ammasso di cartone umidiccio e... ti accorgi che sono finite! Non preoccuparti, inizia il momento magico. Il Paese è deserto, sono tutti a cena. Visto che in loco l’approvvigionamento di sigarette è quasi impossibile rimane l’unica scelta attuabile: Hai a gghiri a Bagnara! Sali in macchina (possibilmente una Fiat Tipo rossa) e percorri la salita dell’uscita dal Paese. Ci metti 15 minuti, considerando che devi fermarti almeno 10 volte per fare strada alle auto che vengono in direzione opposta, ma arrivi allo svincolo. Un rapido stop e sei sulla strada per Bagnara. Arrivato alla tabaccheria supra o ponti quasi non ti sembra vero. Tutta questa abbondanza di pacchetti scintillanti che ti guardano dallo scaffale! Ci sono tutte le marche! E a pensare che ti eri ridotto a fumare anche le Multifilter. La scelta è quasi obbligata: Philip Morris gialle e, visto che ci siamo, per acuire l’astinenza ti prendi anche un caffè, ma fai attenzione... ora sta per iniziare la parte più bella: IL RITORNO.
Sali in macchina e inserisci la cassetta di Sting. Non azzardarti a ziccari musica i discoteca, non vorrai farti prendere pi nu cardolu e ricorda di non superare i 50 km/h. Finirebbe tutta la magia!
Inizi a guidare verso Favazzina. Dai finestrini aperti viene il profumo del mare, respiri il fumo e pensi ai cazzi toi. Come è bella la strada di ritorno da Bagnara. Ti sembra quasi un peccato che sia così corta e poi, quanto ti piace ‘sta cazzo di sigaretta fumata in perfetta solitudine!
Ok sei quasi arrivato. Freccia a destra e entri ‘nto Paisi. Ietti a sigaretta da u finestrinu e sai che un’altra serata Favazzinota sta per iniziare.

mercoledì 23 giugno 2010

Chiesa della Santa Croce in Favazzina

Ho trovato su you tube questo video sulla nostra chiesa e ho voluto segnalarvelo. Penso che tutto quello che riguarda Favazzina è che serve a farla conoscere, è bene che vada mostrato.

lunedì 21 giugno 2010

Le frasi celebri

Toninu u Gneddhu, una sera in piazza, volendo fare sfoggio della sua cultura, se ne venne fuori con una famosa citazione «Tentar non “cuoce”».

Un giorno mentre Roccu u nChiumbu, mio fratello ed io, mangiavamo nella solita trattoria a Milano, Rocco, volendo condire l’insalata, si rivolse alla cameriera e le disse «Mariuccia per favore me lo passi il “cito”».

Una mattina mentre eravamo in spiaggia, Nino G. il fratello di Peppi Loik vedendo che il mare era sporco, esclamò «Stamattina il mare e particolarmente “inclinato”».

Il sottoscritto, una sera al ristorante, dopo aver bevuto parecchio, al cameriere, che al momento di portarci il dolce, ci chiese se volessimo qualcosa da bere, io gli dissi di portarmi un bicchiere di “passato” e lui molto spiritosamente mi rispose che la minestra normalmente la serviva nel piatto, non nel bicchiere.

E come dimenticarsi del giovane attore che, durante la rappresentazione dell’Orlando Furioso, spada in pugno si presentò sulla scena e ad Orlando nascosto dietro a una siepe, per invitarlo al duello, disse «Orlando, perchè t'ammucci arretu alla sipala, forse te la cachi?»

E quella volta che due signorine, con poco senso del pudore, contemplavano un ragazzo che faceva il bagno nudo, non dico dove non dico come (Il gorilla, De Andrè), questi vedendosi osservato e vedendo che le ragazze non la smettevano di sorridere, si voltò verso di loro e mettendo bene in mostra un affare abbastanza consistente le disse «Vui liliti, ma a mia mi veni mu vu chiantu!»

Come scordarsi i Cicciu che dopo aver abbattuto nu ceddu i passu e averlo cercato a lungo tra i sipaluni, quando finalmente lo vide e si apprestava a recuperalo, (cito testualmente ru Longu) il maledetto ceddu, prese la rincorsa e spiccò il volo, libero nel cielo, un po’ incerto per la ferita ma in grado di volare. Il fucile era lontano, Cicciu rimase a bocca aperta, ebbe solo il tempo di dire la famosa frase «E te ne vai ?»

E quella domenica quando, durante la messa, al momento dell’Eucaristia, il prete portò il calice alla bocca e dopo aver dato il primo sorso, accorgendosi che il vino non era buono, sebbene il momento fosse solenne, si girò irato verso il sacrestano, in piedi accanto a lui, e per non farsi capire dai fedeli in latino gli disse «Citu est!». E il sacrestano che, sebbene non sapesse parlare in latino, a furia di servire messa, ormai lo capiva abbastanza bene, senza scomporsi gli rispose «Citu est? Bivattillu com’esti, esti!».

E Biasi quando nella festa del paese, nel famoso tiru o muntuni, con un centro perfetto vinse il montone, a chi gli chiedeva come avesse fatto a centrare il bersaglio lui rispose «Chiuria l’occhi e sparaia!»

Oppure Zorro, che dopo essere stato punto da una tracina, guardando il pesce che ancora debolmente si dibatteva, col volto pieno di rabbia prese a calpestarlo con furore dicendo «Buttana mi ‘mpizzasti e allura mori!»

Ma il re incontrastato delle frasi celebre rimane comunque Roccu u mericanu, come quella volta che al mercato, volendo comprare delle zucchine all'ortolano chiese di dargli le "cucuzzelle".
Oppure quando doveva andare a Montecatini per le cure termali ed era convinto che in italiano si chiamasse Montecatene.
E ancora quella volta a Reggio, quando stava per essere investito da una macchina, e lui per evitarla raccontava «Fici nu zumpu 'nta l'atmosferio e caria supra lu motoriu».

Aneddoti, quelli che ho citato (c’è ne sono ancora parecchi che sicuramente gli amici del blog ricorderanno e che invito a raccontare) nei quali un po’ tutti siamo stati protagonisti, e che oramai sono entrati di diritto nella leggenda del paese.

venerdì 18 giugno 2010

Il RE_Quna Ricchi


Ferita rimarginata.

giovedì 17 giugno 2010

Sutta a Frunti






Qualche anno fa.
Un chilometro e mezzo di marina, poco meno di sessanta metri di larghezza, fatta di sabbia bianca e ghiaia, percorrendola in direzione sud, ci portava filati filati in quel posto affascinante che è Sutta a Frunti, un immagine, un insieme di rocche, scogli, perennemente affossati nell’acqua di mare.
Per tanti di noi era il passaggio dalla sabbia agli scogli, un’altra dimensione, un posto a riparo da occhi indiscreti, con piccoli e grandi incavi giusto per nascondersi e giocare o semplicemente fare il bagno e tuffarsi, altrimenti pescare. Davvero impressionante era “I dù Ricchi”, vero Re i sutta a frunti, con la sua curiosa forma incuteva timore, e rispetto nello stesso tempo. Il resto degli scogli erano quasi a portata di tutti, tranne la Rocca randi che doveva essere scalata, aggirata, e infine abbandonata con uno splendido tuffo nelle acque cristalline sottostanti.
Al di la dell’emozionante immagine del “ Dù Ricchi”, tutto il complesso di rocche resta innegabilmente il simbolo di Favazzina.

martedì 15 giugno 2010

Il 29 giugno (san Pietro e Paolo)

Quando io ero ragazzo era consuetudine che i bagni iniziassero ufficialmente il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo.
Ma se la stagione era favorevole, già da metà maggio il caldo cominciava a farsi sentire e sebbene il mare fosse ancora freddo, veniva comunque voglia di bagnarsi, ma la regola era quella e sebbene si squagliasse, era vietato farsi il bagno.
Io dico, come si poteva imporre un divieto simile a dei ragazzini? Eppure era così.
Ma noi non ci perdevamo d’animo e al pomeriggio, quando il paese dormiva, andavamo Suttafrunti e completamente nudi (il costume ovviamente era requisito dalle nostre madri), ci facevamo il bagno tra gli scogli, nel posto, lasciatemelo dire, più bello del mondo (è lì che ancora ragazzino, avrò avuto cinque anni, ho imparato a stare a galla).
Poi, prima di tornare a casa, ci lavavamo con l’acqua dolce, nel rigagnolo che scende ru Vadduni, dove adesso c’è la Snam, per toglierci di dosso il sale, non perché ci desse fastidio, ma perché le nostre madri appena entravamo in casa, ci leccavano sulle braccia o sul collo per vedere se sapevamo di sale e, contravvenendo al loro ordine, avessimo fatto il bagno.
Quando infine arrivava il 29 giugno, finalmente eravamo liberi di fare il bagno e, evento eccezionale, i nostri padri, quel giorno, ci portavano al mare (solo raramente, quando eravamo ragazzini, talvolta la domenica venivano al mare con noi, prima di tutto u travagghiu).
Poi, da quel giorno, non vi erano più restrizioni e ognuno di noi poteva farsi il bagno dove e quando voleva (col costume però).
Anche se può sembrare strano, allora era proprio così, ma nonostante quell’assurda imposizione, i bagni li facevamo lo stesso e, ancora bambini, abbiamo imparato ad amare e rispettare il mare.
Il mare di Favazzina, il nostro mare.

lunedì 14 giugno 2010

Aimu pruna





















Pure a mio figlio, da piccolo, piacevano tantissimo i pruna ru capu.
Guardate come la mangia con gusto.
(La prugna che mio figlio tiene in mano purtroppo si nota poco perchè è dello stesso colore "blu" della maglietta)

venerdì 11 giugno 2010

Aiu pruna 2



Non per girare il dito nella piaga. Ma il caso ha voluto così. Direttamente dai due giardini favazzinoti di C. e F. la Susina Chemi IGP.
Volevo caricare anche un video sulle loro discusse proprietà organolettiche, ma non riesco.

mercoledì 9 giugno 2010

Rema di mare ( I - Il volo)

-Quello è mio nonno- dice la ragazza
-Non sapevo tu avessi un nonno-
-Che cazzata dici? Tutti hanno un nonno.-
-Sì, volevo dire, non me ne hai mai parlato-
-Non l'ho mai conosciuto. Non vedi l'anno?-
-Ho visto. Ma che cavolo è Cercovo?-

La guerra è bella pure perchè c'impariamo la geografia. Millerovo, Cercovo, Kantemirovka. La bellezza dei nomi russi, a masticarli, zucchero aspro e ghiacciato. Che qua di ghiaccio ce n'è, il fiume Don è ormai gelato sulle sponde, su queste sponde ci siamo noi della Torino e la Pasubio e la Ravenna. Pure i nomi italiani sono belli e l'Italia è bella. Precisiamo, dice Vendrame, fino a Bologna, dopo, Africa. Boattin generoso dice di non preoccuparsi, per lui un lasciapassare ci sarà sempre. Se poi vai con l'aereo magari torni presto, ci hai tutte le fortune, ostrega. Io non so che dirgli, per me è diverso.
Quando gli ho levato lo stivale, la ferita faceva impressione. Mi viene da sorridere se penso alla storia di quegli stivali. Rastrellammo un'isba, se n'erano andati ma avevano lasciato un pentolone di brodaglia ancora tiepida, cavolo, rapa, indefinibile. Boattin ci sbriciolò dentro le gallette stantie e cominciammo a mangiare. Vendrame chiamava, Africa eh Africa te ti sei spers? ven a magnà. Venne e aveva in mano un paio di stivali, se li guardava rigirandoli da tacco a punta e con le nocche delle mani ci batteva il fondo. Boattin disse oi quelli spettano a me, anzianità fa grado. No che no, vedrai che farà un regalino al suo amico Vendrame. Non dicevano sul serio, in guerra chi trova una cosa se la tiene.
I russi hanno sfondato il fronte. I rumeni del nostro fianco destro hanno ceduto per debolezza organizzativa, noi abbiamo resistito fino allo stremo poi s'è aperta la breccia. Ci stanno accerchiando, ritiriamo verso Cercovo.
Incolonnati in marcia sulla neve sembriamo formicole disciplinate, dopotutto siamo un esercito seppure allo sbando. Dei morti stiamo perdendo il conto. Migliaia di feriti.
Non sembrava neanche una cosa grave, una cosa di striscio, un frammento, zoppicava ma riuscì a proseguire fino all'accampamento. Due giorni dopo arrivò la febbre.
Vendrame gli dice o boia mond che te ne stai a sudare a trenta sotto zero? Quando arrivi in Italia che fai ti squagli? A me mi porti, dice Boattin, una foto del tuo paese, una col mare e con lo scirocco, o quante volte me ne hai parlato? Io non so che dirgli, il dottore mi ha detto che è sepsi che vuol dire che è una brutta infezione, abbiamo poche medicine, ci vorrebbero antibatterici, ci ha solo salicilato e non basta. Il dottore mi ha detto pure che a questo giro non lo prendono su. Rimane a Cercovo.

29 dicembre 1942
Avendo appreso che a Tscherkov (Certkovo)(*) erano rimasti accerchiati circa 12.000 soldati di cui circa 2.000 feriti, il Generale Pezzi decise di partire personalmente per constatare di persona la drammatica situazione e coordinare sul posto le operazioni di salvataggio.
Prima di partire il Gen. Enrico Pezzi aveva dichiarato che sarebbe rientrato verso le ore 14.30 dello stesso giorno, con tutti i membri dell'equipaggio, più gli eventuali feriti del presidio.
Alle ore 11,25 il trimotore Savoia Marchetti S.M.81 decollò dalla base di Voroscilovgrad (oggi Lugansk) con condizioni meteorologiche discrete ed atterrò a Tscherkov poco dopo mezzogiorno, dove era stato predisposto il terreno occorrente per l'atterraggio.
Dopo avere scaricato viveri, medicinali e caricato i feriti più gravi, ripartì per il volo di ritorno

(*) - Di circa 30.000 soldati italiani del XXXV Corpo d'Armata circondati sulle rive del Don all'inizio dell'offensiva, circa 8.000 superstiti giunsero a Certkovo dopo una drammatica ritirata. Vi rimarranno accerchiati per 18 giorni

L'equipaggio

Gli ultimi minuti di volo
I membri dell'equipaggio del trimotore Savoia Marchetti S.M. 81 erano:
Enrico Pezzi - Generale di Brigata Aerea
Prof. Federico Bocchetti - Colonnello Medico del Regio Esercito
Romano Romanò - Maggiore osservatore del Regio Esercito
Giovanni Busacchi - Tenente pilota
Luigi Tomasi - Sottotenente pilota. Nato ad Arzignano (Vicenza), il 3/7/1918
Antonio Arcidiacono - Sergente marconista. Nato a Giardini (Messina), il 4/3/1917
Salvatore Caruso - 1° Aviere Armiere
Alcibiade Bonazza - Aviere scelto marconista

Gli ultimi minuti del volo sono stati così ricostruiti:
- ore 14.13 viene effettuato il collegamento radiotelegrafico
- ore 14.15 primo Q.D.M. (rotta) 210 gradi. L'apparecchio accusa ricevuta
- ore 14.16 l'apparecchio chiede Q.B.A. (visibilità), Q.B.B. (altezza nubi) e Q.F.U. (direzione atterraggio)
- ore 14.17 secondo Q.D.M. 220 gradi. L'apparecchio risponde con A R 220 gradi alle ore 14.18
Le informazioni in nostro possesso indicano nella zona russa a 4 Km a nord-est di Juganovka, il punto dove è caduto l'S.M.81 con a bordo il Generale Pezzi, i 6 componenti dell'equipaggio ed i feriti prelevati dal campo di Tscherkov.
Le ricerche, proseguite per diversi giorni in condizioni meteorologiche proibitive, non hanno dato nessun esito.


- E' un paese della Russia.-
- 15 gennaio 1943, omamma che freddo.- dice il ragazzo.
Escono, scendono sulla Favagreca. La strada è un rettilineo che ti pare di vedere il paese laggiù. Non è così, nel punto esatto di Falò c'è un angolo ottuso, quasi piatto. La linea è spezzata.
Da questa parte il paese non si vede.

il daltonico

Non potete immaginare cosa mi stia capitando.
Recatomi per rinnovare la patente scaduta, data la veneranda età, la commissione esaminatrice , dopo i vari test attitudinali, ha tirato fuori da una scatola una moltitudine di spagnolette, dovevo indicarne i colori.
L'ho indovinati tutti, tranne il più importante, il rosso, lo vedevo blu velluto tenebroso.
Mi hanno detto :- Senta noi la patente gliela rinnoviamo lo stesso, basta che si ricordi che per lei il blu velluto è rosso, però vada a farsi vedere da uno specialista -
Mortificato ma contento per la patente, sono uscito e mi sono messo alla ricerca di un
ottico di fama.
Dopo vari consigli, sono approdato ad uno specialista, ottico internazionale, un certo Marius von Smilz.
Nonostante le chiare origini teutoniche, il dottore aveva una vago accento calabro-romagnolo, quasi familiare, e dopo avermi visitato sentenzia:
:- Lei è soggetto alla famosa sindrome chemiana, una malattia del nervo ottico che trasforma il rosso in blu notte, non c'è rimedio, può andare. Non la faccio pagare perchè mi fa pena e poi mi ricorda vagamente un mio amico filosofo mezzo pazzo, dimenticavo, Forza Inter -

Chi cazzu nc'intrava l'Inter ?
Un dramma, un problema non solo cromatico anche ideologico, alle manifestazioni non più il glorioso sventolio di bandiere rosse, solo blu, maledetto blu.
Disperato cerco un altro consulto, a li voti.
Stavolta la specialista è una ragazza carina, naso a patatina, dolcissima, per forza una che si chiama Claudette de Susini, sicuramente d'oltralpe, ma con uno strano accento romanesco.
:- Lei è fottuto cher Le Long, la sindrome chemiana non scherza, non vedrà più rosso, ecchè sarà mai ? Si rassegni o si vada a nascondere dietro una sipala, a proposito mi ricorda qualcuno vagamente, ma non può essere lei, troppo vecchio e stupido. Addio -
Minchia, saranno dottori, specialisti di fama, ma che modi.
Sempre più disperato sono andato su Internet ad informarmi sulla Sindrome Chemiana.
Pare che tale Chemi, grande agronomo, botanico, apicoltore, nella metà del secolo scorso abbia trasformato tutte le prugne di un paesino calabro, da un colore tenebroso ad un rosso vivace, con grande ripresa dell'economia agricola locale, meridionale ed infine nazionale.
Proposto al Nobel per la genetica alimentare, fu impossibilitato a partecipare per una diatriba tra il Ministero dei Trasporti, per cui lavorava in un fondamentale snodo ferroviario, ed il Ministero dell'Agricoltura che voleva prendersene i meriti a sbafo, maledetti burocrati a momenti gli fregavano la pensione.
Ora capisco.
Da ragazzino quando andavo a raccogliere le prugne, per difendermi dal loro bagliore rosso fuoco, l'immaginavo blu notte, più riposante, e con gli anni ho perso la percezione del rosso.
Il tramonto avvolge la città in un rosso chemiano, che peccato non poterlo ammirare.

Il ciliegio

In dialetto si chiamano “maitiche” e sono una qualità di ciliegie che maturano a maggio (spero di non scatenare un'altra diatriba).
Pino F. ne aveva un albero nel suo orto, quello a ridosso della strada che porta alla stazione, precisamente all’altezza ru campu, dietro l’orto ru Tighiri.
Era in bella vista e chiunque passasse per quella strada non poteva non vederlo.
Tutte le mattine mentre mi recavo a prendere il treno per andare a scuola, davo una sbirciata all’albero e verificavo lo stato di maturazione delle ciliegie.
Ma non ero il solo poiché, come me, vi erano anche altri ragazzi che tenevano sotto costante controllo le ciliegie. Era una gara contro il tempo e chi prima coglieva l’attimo, meglio si serviva, in quanto tutti gli anni gliele rubavamo.
Il padre di Pino faceva il commerciante di agrumi e non aveva tempo per andare all’orto a coglierle, Pino era ancora piccolo, per cui le ciliegie erano a nostra disposizione.
Divenuto grande, Pino si lamentava che mai, lui e la sua famiglia, erano riusciti a mangiarsi una sola ciliegia di quell’albero e piuttosto che averne bene gli altri, suo padre aveva deciso tagliarlo.
« St’annu ma viru ieu e i cirasi non mi fazzu futtiri», così andava dicendo a chi gli faceva allusione sulle ciliegie e al fatto che fossero quasi mature.
Le curò per tutto il tempo fino a quando, ormai mature, sia lui che noi aspettavamo il momento propizio, lui per coglierle, noi per fregargliele.
Di me si fidava e quando glielo chiesi mi confidò che il giorno dopo sarebbe andato a coglierle.
La sera stessa informai gli altri ragazzi e insieme andammo nell’orto e gliele spazzolammo tutte.
Non ne lasciammo nemmeno una sull’albero.
Al mattino mentre andavamo a prendere il treno, vedendo l’albero completamente spoglio, tra lo stupito e l’arrabbiato esclamò «Sti figghi i buttana, puru sta vota mi futtiru i cirasi».
Feci una faccia di circostanza e cercando di consolarlo gli dissi «Tu rissi ieu chi l’avivi cogghiri prima»
Fu l’ultima volta che mangiammo quelle ciliegie poiché suo padre, mantenendo fede alla promessa, purtroppo per noi, lo fece tagliare.
Dice un proverbio calabrese “l’arburu chi non da frutta, sciunetta e focu”, ma quel ciliegio la dava la frutta e anche buona!

martedì 8 giugno 2010

P. Cerasus Ibrida





Può essere. Può benissimo essere.
Prunus cerasifera: Ciliegia susina o Suregio o Mirabella o Mirabolana o Prugna Amolo o Susina Amolo.
"Antico ibrido naturale tra susino e ciliegio. ... Ha portamento espanso, con chioma aperta, irregolare e fitta, dai rametti spinosi, di altezza fino a 7,5 metri.
Il Frutto ha la forma di una Ciliegia, ma ha la grossezza dell’Albicocca:... è tondo e marcato da un lato con un rudimento di sutùra, che però è appena visibile.
La polpa è gialla ... ed è composta di un tessuto di filamenti fibrosi che le è particolare."
"Il suo gusto ha poco rilievo*, e sente più della Susina, che della Ciliegia.
Il nocciolo è oblongo, schiacciato ed appuntato come quello delle Susine, e la polpa che lo avvolge vi è così attaccata che non ne resta mai spogliato: esso chiude una mandorla oblonga e leggermente amarognola."

* Vabè son gusti (ndr)

I pruna ru capu

U capu Chemi era nato a Scilla e da sempre aveva fatto il capo stazione (da qui l’origine del suo soprannome) ed era una persona molto conosciuta e stimata sia a Scilla che altrove.
Aveva una vigna alla Sena, proprio dopo la curva che immette sul rettilineo che porta a Samperi.
La vigna, come molte altre a Favazzina, gliela coltivava mio padre, al quale lo legava, oltre all’amicizia, un grande e reciproco rispetto.
Era un amante delle sperimentazioni e dei metodi innovativi e con mio padre si divertivano ad applicarli nelle varie culture, dalla vite, ai limoni, agli alberi di frutta in genere.
Prima di ritirarsi a Scilla in pensione, aveva girato parecchio e, grande appassionato, aveva una buona conoscenza su tutto quanto riguardasse l’agricoltura.
Non so dove l’avesse trovata, ma un giorno portò a mio padre da piantare, una qualità di prugne che maturavano già ai primi di giugno e delle quali non finiva di decantare le lodi.
Mio padre ne fu subito conquistato, poiché oltre a maturare molto prima delle specie conosciute fino ad allora, erano dolcissime, sugosissime e di un rosso carminio, quasi violaceo.
Li piantò in tutte le nostre vigne e ben presto in paese non vi era contadino che non avesse nelle sue vigne o nell’orto una pianta di quelle prugne.
“I pruna ru capu” divenute famose e così conosciute grazie a lui, u capu Chemi!

Aiu Pruna




La Claudia è la regina delle Susine. Bella nelle forme e di colorito modesto ma gentile, essa le supera tutte in delicatezza, in abbondanza di sugo, ed in sapore. [...]
Il frutto è rotondo, di una grossezza mezzana, tagliato da una suttura marcata, e pendente da un picciuòlo piuttosto corto. La buccia è sottile, verdastra, e sfumata da una velatura di rosso dal lato del Sole. La polpa è fina, delicata, e piena di un sugo abbondante e saporitissimo. [...]

domenica 6 giugno 2010

Frutta e Semi


Stagione calda, diminuisce l’appetito, godiamoci la frutta fresca, anche se alcuni frutti non si vedono più: come sorba, piri i san giuvanni, prugne rosse piccole, cutugna e mureddi. Di contro troviamo Kiwi, avocado, ananas e mango. Niente in contrario, ne sono ghiotto anch’io. Però, na prugnicedda russa i giugno mi manca. Proteggiamo il seme autoctono.

Nota: Il quadro è di Vincenzo Campi di Cremona

Lo stronzio

Non fu una cosa premeditata, soltanto una repentina inversione dei termini con conseguenze non del tutto ragionevolmente previste quand'anche intimamente desiderate.
Agosto dell'ottantacinque, oh come passa il tempo, a Scilla stavo ad ascoltare uno che mi diceva come doveva essere congegnata la porcata.
Uno che è una fitusissima testa di pisci. Sfortunatamente costui era il responsabile del reparto che frequentavo all'ospedale di Bologna, era pure un docente della scuola di specializzazione a cui ero iscritto, insomma mi era sommamente caro e dovevo inghiottirmelo cu tutta 'a spina.
A maggio mi aveva detto di essere stato invitato in Calabria, a Scilla, per il mese di agosto.
-Non sei di quelle parti, tu? Ci dobbiamo vedere-
Sarebbe stato più facile, alla prima domanda, negare, all'imposizione dovetti rispondere sì, certamente.
Quello che l'aveva invitato era un collega, bravissimo come medico e come persona, con il quale aveva frequentato per vari anni l'Hammersmith Hospital di Londra. Si perfezionavano con Maseri, il grande Maseri oh yes, il cardiologo amico personale di Carlo l'erede al trono. Come spesso succede esperienze come queste affratellano, pure se le strade si dividono, uno a Bologna l'altro a Roma, si resta in contatto, quando possibile ci s'incontra.
Il romano, Franco, che poi è un calabrese di uno di quei paesi sopra Villa S.Giovanni, Rosalì o San Roberto, affitta a sue spese una casa per l'amico nella zona di San Francesco a Scilla. E poi organizza gite alle isole, cene di pesce al ristorante, a fungi a Gambari, i bronzi a Riggiu, a maronna i Polsi, potete immaginare, ospitalità calabrese.
L'affitto della casa era stato pagato per tutto il mese di agosto. A poco meno di metà mese l'ospite mi prende da parte e mi dice che si era stracciato i maroni con questi calabresi troppo invadenti, voleva andarsene e non sapeva come fare. Meglio, lo sapeva ma era una porcata e la dovevo fare io per lui.
-Devi farmi un piacere.-
-Cioè?-
Dovevo trovare una ragazza, possibilmente con accento nordico e portamento vocale da segretaria, che telefonasse a casa dell'amico a San Roberto.
-E che deve dire?-
Non avendo il telefono nella casa di Scilla, aveva lasciato il recapito di Franco per comunicazioni importanti pertanto la segretaria avrebbe pregato di riferire al dottore di mettersi in contatto con Bologna al seguente numero telefonico.
-Questo è il numero di Franco.-
-E quello di Bologna?-
-Fai a caso, 051 quello che ti pare, mica devo telefonare veramente. Dico che devo rientrare e me ne vado al Gargano, finalmente.-
Voi non l'avreste fatto, lo so. Io, verme, trovai a Favazzina un'amica milanese e nel pomeriggio di quello stesso giorno, quattordici d'agosto, eseguimmo.
Quella stessa sera, in compagnia, eravamo a cena alla Pescatora, il ristorante di Perina, lo conoscete. Franco non diceva una parola, io nemmeno, il mandante invece era incontenibile, faceva presente ai commensali che nel sugo delle linguine c'era troppo basilico, i gamberi non vedi che non si sgusciano non sono freschi, il pescespada se vogliamo non è pesce fine, le melanzane sono amare. Amare le nostre melanzane? O chimmi ti viniva a sciorta, figghiu di buttana! Verme, mi dicevo, verme elevato al cubo, millepiedi, cacasentula.
Franco pagò anche quella sera poi uscimmo a passeggiare sul lungomare. Il bolognese mi prese sottobraccio e rallentò il passo, parlava non so di cosa. Quando fummo distanti dagli altri, gli sembrò il momento.
-Ti ringrazio per la telefonata. E' andata benissimo-
Ve lo giuro, non lo so perchè, non immaginavo nemmeno cosa potesse venirne fuori.
-La telefonata? Non ho ancora fatto.-
-Come? non l'hai fatta tu la telefonata?-
-Io no, non ho trovato la ragazza-
-Ma allora chi ha telefonato?-
Non ci fu la maniera di risalire a chicchessia da quel numero di telefono. D'altra parte, se l'avevo inventato era stato su suo consiglio. Aveva detto che partiva e partì, saltò il Gargano a palla e rientrò a Bologna.
L'elemento chimico sono io, la differenza che può fare una banalissima vocale.

mercoledì 2 giugno 2010

W l'acqua del sindaco!

cari Amici,
mi permetto di segnalarvi il sito del Forum Italiano dei movimenti per l'acqua.
fino al 4 luglio è aperta la campagna referendaria per la difesa dell'acqua pubblica,
tenetevi pronti perchè se passa questa legge, l'altro passaggio è il referendum per l'aria che respiriamo.

http://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/

un inserto sull'acqua, a mio parere fatto molto bene, uscito su una rivista di informazione indipendente
http://www.carta.org/pdf/insertoacqua.pdf

Sabato scorso essendo arrivata un filo in ritardo all'appuntamento con gli amici della campagna referendaria, i posti comodi sotto il gazebo dove mi potevo sedere tranquillamente e raccogliere le firme, erano già stati tutti occupati. non mi rimaneva altro che dare informazioni, in una parola volantinare.
La location: mercato di zona a Milano Lambrate ore 10.00. piena attività!

mannaja ra miseria. ero in trincea! oh la gente manco mi degnava di uno sguardo
partire è stato difficilissimo. chi mi diceva meglio l'acqua privata, chi mi
diceva non so niente, addirittura una signora: "lei non mi può importunare così"
o brutta stortazza chi non si autru non sai chi ti capita annautru pocu.

passava il tempo e capivo che andava meglio, seppure con difficoltà alla fine
la gente ringraziava e si fermava a firmare!
l'argomento è molto sentito, si sono raccolte più di 680 mila firme.
quasi all'una mindi turnaja a casa, stanca morta ma contenta

martedì 1 giugno 2010

OGGI SPOSI!!!!






AUGURI!!! congratulazioni vivissime ai novelli sposi
SERGIO e SABINA MORFEA

lo sapevate???

Spusey e il caso ru imbu

Leggeva Rocco Scotellaro, beveva gazzuse, suonava i Creedence.
Vabbè soggetti e complementi vanno come vanno e chissenefotte, intanto Spusey sa scialava. Quelle sere di maggio, silenziose, favazzinote, nessuno per strada, se si eccettua 'stu rumpipalli che bussa alla porta.
-Ispettore Spusey, iapritimi, esti cosa gravi.-
-Cummari Rusulia, carmativi, chi succiriu?-
-Viniti, aiutatimi. A me maritu nci nisciu u imbu.-

Sul molo, Le Long infilava iastimati come grani di rosario. Non era giornata, i cefali gli cacavano l'amo, Beretta aiva incutu du pagghioli sani, u suli si ndi calava arretu all'isuli, Spusey si avvicinava minaccioso.
-Buonasera Le Long, mangiunu?-
-Mangiunu nti Peppi e cacunu nti mia. Dimmi chiddu chi mma ddiri e vatindi chi sugnu ncazzatu nto bonu.-
-A cumpari Micu nci nisciu u imbu-
-Azzu. La cosa mi sconvolge ma, siccome non ti fa mai i cazzi toi, hai fatto bene a dirmelo.-
-La moglie dice che ci ittaru u picciu, cummari Filumena nci fici u malocchiu.-
-Tutti cazzati, chista è robba i malatia. Va parra cu Smilzu, a tempu persu faci puru u mericu.-

Non è che non stimasse lo Smilzo ma avere un cugino medico in America, dove la medicina è all'avanguardia, e non consultarlo era un delitto. Decise di scrivergli.

Cugino Antonio,
ti scrivo perchè ho un problema serio da risolvere. A cumpari Micu nci crisciu u imbu.
La moglie sostiene che fu cosa subitanea, è convinta che sia stato un sortilegio di quella grandissima fitusa bulgara moldava zingara badante che lo assiste. Io non ci credo anche perchè u foramalocchiu i cummari Filumena non ha funzionato. U imbu, com' era, ristau, ho visto con i miei occhi, gonfio, duro, caldo, 'na cosa mostruosa. Le Long rici chi si tratta i malatia, io invece non mi spiego come possa succedere che a ottant'anni a unu nci crisci u imbu. Pendiamo dalla tua risposta. Grazie cugino.


Cugino Spusey,
ti ringrazio per avermi consultato, sono confidente di poter risolvere la questione. Le Long ha ragione, si tratta di malattia. La moglie pure ha ragione, ritengo che ci sia un nexus tra l'assistenza della badante e l'enfiagione del badato. In un primo tempo avevo pensato a un caso di induratio plastica, ma analizzando meglio i sintomi così come tu li hai veduti e toccati con mano propendo per secondary tumescence and phlogosis. Per la terapia occorre che qualcuno applichi la detumescenza, meglio la badante che la moglie. Tienimi informato.

Cugino Antonio,
forte della tua diagnosi sono andato da Currò medico condotto. E' d'accordo con te, dice che dobbiamo levare sangue e quindi infiammazione. Abbiamo preparato i drenaggi.


Cugino Spusey,

sebbene il salasso sia il rimedio principe negli iperafflussi sanguigni, cosa pensate di fare? incannulare la zona?


Cugino Antonio,

abbiamo inciso, un taglio netto e preciso. Currò è un maestro.

Cugino Spusey,

siete pazzi? va bene che è vecchio, ma puru pi na pisciata ogni tantu. L'avete deturpato.

Cugino Antonio,
cinque punti di sutura alla base del collo, nemmeno si vedono.


Cugino Spusey,

base del collo? ma non era nu imbu, cuginu?


Cugino Antonio,

certu, nu imbu dovuto a un ascesso. Che minchia avevi pensato?


Cugino Spusey,

nenti aiva pinzatu, ma è megghiu se mi ripassu u favazzinotu.