Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

sabato 21 settembre 2013

Arte e degustazione

La nostra Enza Benedetto espone la sua mostra personale tratta dal ciclo "Frammenti di terra e cielo" presso la cantina Ugo Vezzoli durante il Festival Franciacorta, sabato 28 e domenica 29 settembre dalle 10,00 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 17,30.
AZIENDA AGRICOLA UGO VEZZOLI
Via G.B. Vezzoli, 20 San Pancrazio di Palazzolo S/O ( BS)
 






lunedì 16 settembre 2013

Mare e granite

Una calda mattinata di agosto seduti al bar e davanti il mare.
Il sole e' alto nel cielo e l'afa si fa sentire, la Sicilia e' avvolta da una leggera nebbiolina, e noi sudati micciu.
Eccola la, arriva un bicchiere di granita allimone, colmo fino all'orlo e nella mano una brioscia calda, appena sfornata, tenuta come se fosse un fiore, inzuppiamo e muzzicamu, si ripeti fino a quando non resta che qualche gocciolina nel fondo del bicchiere.
Il caldo e' sparito, le onde del mare e le chiacchiere della gente ci rilassa. Si rallenta Il tempo. Una goduria.

lunedì 9 settembre 2013

Da Favazzina o Tagghiu (i Tagli)

Nel 132 a.C. la magistratura romana autorizzò la costruzione di una strada, la via Popilia, per congiungere stabilmente Roma con la “civica foederata Regium” estrema punta della penisola e affacciarsi, così, sullo stretto di Messina.
Ad iniziare tale opera fu il console Lucio Popillius Laenas e fu portata a termine dal pretore T. Annius Rufus, motivo per il quale fu chiamata anche via Anna.
La via Popilia, provenendo da Vibo Valentia, passava per Tauriana e proseguiva per Seminara, nei pressi dei Piani della Corona, da Solano scendeva per guadare la fiumara di Favazzina, presso il passo Tremusa, indi risaliva verso le omonime grotte raggiungendo la “Statio ad Mallias”. Da qui ripiegava verso lo stretto attraversando la parte alta a nord nel territorio di Fiumara.
Raggiunto Campo-Santa Lucia si divideva in tre braccia: uno verso l'imbarco di Cannitello (ad columna); il secondo verso l'imbarco di Catona (ad statuam); il terzo attraversava a fiumara di Telese (torrente Catona) nei pressi di Santo Cono di Rosalì e giungeva al nodo di Modenella dove si diramava in tre direzioni: una dirigeva a Reggio Calabria; la seconda verso la fortezza di Arghillà; infine, la terza verso Calanna.
Che sia o no un ramo della via Popilia, la strada che da Favazzina porta a Solano è sicuramente una strada antichissima e per lungo tempo fu l’unica via di comunicazione tra i due paesi.
E’ un opera imponente, di alta ingegneria, se rapportata a quei tempi, costruita interamente con pietre levigate, interrotte, circa ogni dieci metri, da uno spartiacque, fatto anch’esso con pietre messe di traverso, in modo da far defluire l’acqua in caso di abbondanti piogge, così da non farla straripare e preservarla nel tempo, cosa che in effetti è avvenuto se ancora oggi possiamo ammirarla in tutta la sua bellezza.
Purtroppo come sempre accade dalle nostre parti, qualcuno ha pensato bene di rovinarla, ricoprendola nel tratto iniziale, il più ripido, di cemento solo per poter andare alla vigna con la macchina o usandola per fare motocross, smuovendo con le ruote buona parte delle pietre e creando così numerose buche sulla strada.
Una mattina ho deciso di salire fino ai Tagli e svegliatomi di buon’ora mi sono avviato pieno di entusiasmo a rivivere un’avventura che mi mancava ahimè da quasi quarant’anni, da quando ancora studente mi recavo con i miei amici a cercare funghi.
Il primo tratto, il più ripido, come già detto, è ricoperto di cemento e arriva fino al vecchio serbatoio dell’ acqua potabile. Da lì la strada riprende le sue antiche caratteristiche e passa davanti alla secolare pianta di carrubo, maestosa come sempre. Pochi metri ancora e si arriva alla prima svolta, dove vi è il nuovo serbatoio, e da dove si può godere di una vista mozzafiato.






















Proseguendo tra i tornanti, i numerosi fichi d’india, che qui crescono rigogliosi e passando sotto una
pianta di carrubo che a differenza della prima fa delle carrube gigantesche, si arriva in un lampo a Micuni. Da qui attraverso un sentiero, ora diventata strada, si arriva al casotto da dove parte la condotta che porta l’acqua alla centrale idroelettrica e da dove inizia il canale che da ragazzo, non senza una certa paura, percorrevo per arrivare più in fretta alla vigna o Jancu.
Da Micuni, dopo ancora un paio di tornanti, si arriva rapidamente o Jancu, circa a metà strada per u Tagghiu.
Questa contrada è stata sempre ricca di vigneti che grazie al terreno argilloso e alla loro perenne esposizione al sole, producevano un’uva eccezionale, dalla quale si ricavava un ottimo vino.
Ru Jancu, percorrendo un sentiero tortuoso e attraversando i numerosi vigneti che ricoprivano la montagna per intero, si arrivava a Seddha a Muletta, l’ultima contrada su questo versante, con le vigne proprio a ridosso della fiumara.
Dopo una brevissima sosta ho ripreso il mio cammino e salendo tra un mare di finocchio selvatico, ho attraversato un bosco di querce davvero stupende, che crescono numerose lungo il pendio e ai margini della strada e proiettano un’ombra ristoratrice. Un intenso odore di origano ha attirato la mia attenzione e girandomi lato montagna ne ho scorto un mazzo rigoglioso che ho raccolto con vero piacere.
All’acqua o Pistuni mi ricordavo di una sorgente di acqua freschissima che, con grande sorpresa, ho visto esserci ancora, purtroppo ora non scorre più libera ma è stata incanalata in un tubo di gomma e deviata dal suo percorso originale, facendola diventare, mi auguro di no, pure non potabile.
Ci si trova a questo punto della salita, al disopra dell’autostrada e precisamente sopra il viadotto Favazzina, un’opera imponente, tecnologicamente avanzatissima e, come dicono gli esperti, un prodigio della tecnica.















Qui grazie all’acqua e alla vegetazione rigogliosa, si è insediato stabilmente un gregge di capre che pascolano liberamente nelle vigne abbandonate e sui ripidi costoni. Vedendole così allo stato brado, ho pensato che fossero selvatiche, ma in realtà credo che si spingono fin là dai vicini Tagli.
Sentendomi avvicinare si sono purtroppo spaventate e mio malgrado le ho messe in fuga e belando si sono sparpagliate in tutte le direzioni.
Superata Falazzina, la contrada dove vi era la vigna più grande del paese, dotata addirittura di un palmento dove, per produrre il vino, l’uva veniva pigiata direttamente sul posto, si arriva a Rocca chiamata così per un’enorme roccia che si trova al margine della strada e che incombe su chi deve passare forzatamente di là e sembra caderti in testa da un momento all’altro.
A Rocca, l’ultima contrada che fino a non molto tempo fa i contadini coltivavano, l’ultima prima di arrivare ai Tagli dove, sebbene in parte franate, sono ancora visibili le armacie, i famosi muri a secco.
Pochi tornanti ancora e la strada finalmente spiana e si arriva ai 577 m. s. l. m. dei Tagli, guardo l’orologio, sono le sette, ho impiegato giusto un’ora per arrivare.

















Quando da ragazzo insieme ai miei amici salivo o Tagghiu, appena la strada terminava, ci trovavamo di colpo dentro al bosco e, senza perdere tempo, dopo esserci separati, incominciavamo subito a cercare i funghi.
Con mia grande sorpresa non vedo nemmeno l’ombra di un castagno, al loro posto invece coltivazioni di granoturco, di fagioli, di zucchine, filari di pomodori e piante di ulivo a perdita d’occhio.
Poco distante, in un campo, vedo tre donne che raccolgono fagioli e riempiono dei sacchi, mi avvicino, le saluto dico loro che sto arrivando da Favazzina e le chiedo che fine hanno fatto i boschi, mi sorridono e mi rispondono che sono anni ormai che i castagni sono stati tagliati, si vede mi dicono che è tanto che non venite quassù. Effettivamente sono quasi quarant’anni, ma non mi immaginavo di trovare tutto così cambiato. Le chiedo ancora se è redditizio coltivare la terra e se riescono ad avere un buon guadagno.
Mi rispondono che tutto sommato tirano avanti ma che il guadagno vero e proprio lo fanno quelli che vendono il prodotto al dettaglio. Questo, guarda caso, è rimasto ancora come una volta.
Poi mi chiedono se voglio prendere qualcosa, ed io le rispondo che purtroppo non ho soldi. Ma quale soldi mi dicono, prendete quello che volete.
Le ringrazio per la loro gentilezza e mi riempio lo zaino di zucchine, fagiolini e fagioli, le faccio una foto ricordo e salutandole calorosamente faccio ritorno verso casa.















Questa camminata fino o Tagghiu è stata una bella avventura, un’esperienza piacevolissima che mi ha riempito il cuore di gioia e che mi riprometto di rifare anche il prossimo anno, magari in compagnia di altre persone che come me abbiano la voglia e il gusto di riscoprire le cose belle che Favazzina sa ancora offrire. Lontano dal caos delle macchine che tutti i giorni invadono il paese, dalla spiaggia stracolma, specialmente il sabato e la domenica, di gente incivile che abbandona i rifiuti ovunque, dai motoscafi che, infischiandosene di chi è in mare, arrivano fin sulla spiaggia rischiando di ammazzare qualcuno e di tutte le altre brutture che purtroppo, in questi ultimi anni, siamo costretti a vedere e a sopportare nella nostra amata Favazzina.