Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
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Salutamu!
UGRECU

lunedì 9 settembre 2013

Da Favazzina o Tagghiu (i Tagli)

Nel 132 a.C. la magistratura romana autorizzò la costruzione di una strada, la via Popilia, per congiungere stabilmente Roma con la “civica foederata Regium” estrema punta della penisola e affacciarsi, così, sullo stretto di Messina.
Ad iniziare tale opera fu il console Lucio Popillius Laenas e fu portata a termine dal pretore T. Annius Rufus, motivo per il quale fu chiamata anche via Anna.
La via Popilia, provenendo da Vibo Valentia, passava per Tauriana e proseguiva per Seminara, nei pressi dei Piani della Corona, da Solano scendeva per guadare la fiumara di Favazzina, presso il passo Tremusa, indi risaliva verso le omonime grotte raggiungendo la “Statio ad Mallias”. Da qui ripiegava verso lo stretto attraversando la parte alta a nord nel territorio di Fiumara.
Raggiunto Campo-Santa Lucia si divideva in tre braccia: uno verso l'imbarco di Cannitello (ad columna); il secondo verso l'imbarco di Catona (ad statuam); il terzo attraversava a fiumara di Telese (torrente Catona) nei pressi di Santo Cono di Rosalì e giungeva al nodo di Modenella dove si diramava in tre direzioni: una dirigeva a Reggio Calabria; la seconda verso la fortezza di Arghillà; infine, la terza verso Calanna.
Che sia o no un ramo della via Popilia, la strada che da Favazzina porta a Solano è sicuramente una strada antichissima e per lungo tempo fu l’unica via di comunicazione tra i due paesi.
E’ un opera imponente, di alta ingegneria, se rapportata a quei tempi, costruita interamente con pietre levigate, interrotte, circa ogni dieci metri, da uno spartiacque, fatto anch’esso con pietre messe di traverso, in modo da far defluire l’acqua in caso di abbondanti piogge, così da non farla straripare e preservarla nel tempo, cosa che in effetti è avvenuto se ancora oggi possiamo ammirarla in tutta la sua bellezza.
Purtroppo come sempre accade dalle nostre parti, qualcuno ha pensato bene di rovinarla, ricoprendola nel tratto iniziale, il più ripido, di cemento solo per poter andare alla vigna con la macchina o usandola per fare motocross, smuovendo con le ruote buona parte delle pietre e creando così numerose buche sulla strada.
Una mattina ho deciso di salire fino ai Tagli e svegliatomi di buon’ora mi sono avviato pieno di entusiasmo a rivivere un’avventura che mi mancava ahimè da quasi quarant’anni, da quando ancora studente mi recavo con i miei amici a cercare funghi.
Il primo tratto, il più ripido, come già detto, è ricoperto di cemento e arriva fino al vecchio serbatoio dell’ acqua potabile. Da lì la strada riprende le sue antiche caratteristiche e passa davanti alla secolare pianta di carrubo, maestosa come sempre. Pochi metri ancora e si arriva alla prima svolta, dove vi è il nuovo serbatoio, e da dove si può godere di una vista mozzafiato.






















Proseguendo tra i tornanti, i numerosi fichi d’india, che qui crescono rigogliosi e passando sotto una
pianta di carrubo che a differenza della prima fa delle carrube gigantesche, si arriva in un lampo a Micuni. Da qui attraverso un sentiero, ora diventata strada, si arriva al casotto da dove parte la condotta che porta l’acqua alla centrale idroelettrica e da dove inizia il canale che da ragazzo, non senza una certa paura, percorrevo per arrivare più in fretta alla vigna o Jancu.
Da Micuni, dopo ancora un paio di tornanti, si arriva rapidamente o Jancu, circa a metà strada per u Tagghiu.
Questa contrada è stata sempre ricca di vigneti che grazie al terreno argilloso e alla loro perenne esposizione al sole, producevano un’uva eccezionale, dalla quale si ricavava un ottimo vino.
Ru Jancu, percorrendo un sentiero tortuoso e attraversando i numerosi vigneti che ricoprivano la montagna per intero, si arrivava a Seddha a Muletta, l’ultima contrada su questo versante, con le vigne proprio a ridosso della fiumara.
Dopo una brevissima sosta ho ripreso il mio cammino e salendo tra un mare di finocchio selvatico, ho attraversato un bosco di querce davvero stupende, che crescono numerose lungo il pendio e ai margini della strada e proiettano un’ombra ristoratrice. Un intenso odore di origano ha attirato la mia attenzione e girandomi lato montagna ne ho scorto un mazzo rigoglioso che ho raccolto con vero piacere.
All’acqua o Pistuni mi ricordavo di una sorgente di acqua freschissima che, con grande sorpresa, ho visto esserci ancora, purtroppo ora non scorre più libera ma è stata incanalata in un tubo di gomma e deviata dal suo percorso originale, facendola diventare, mi auguro di no, pure non potabile.
Ci si trova a questo punto della salita, al disopra dell’autostrada e precisamente sopra il viadotto Favazzina, un’opera imponente, tecnologicamente avanzatissima e, come dicono gli esperti, un prodigio della tecnica.















Qui grazie all’acqua e alla vegetazione rigogliosa, si è insediato stabilmente un gregge di capre che pascolano liberamente nelle vigne abbandonate e sui ripidi costoni. Vedendole così allo stato brado, ho pensato che fossero selvatiche, ma in realtà credo che si spingono fin là dai vicini Tagli.
Sentendomi avvicinare si sono purtroppo spaventate e mio malgrado le ho messe in fuga e belando si sono sparpagliate in tutte le direzioni.
Superata Falazzina, la contrada dove vi era la vigna più grande del paese, dotata addirittura di un palmento dove, per produrre il vino, l’uva veniva pigiata direttamente sul posto, si arriva a Rocca chiamata così per un’enorme roccia che si trova al margine della strada e che incombe su chi deve passare forzatamente di là e sembra caderti in testa da un momento all’altro.
A Rocca, l’ultima contrada che fino a non molto tempo fa i contadini coltivavano, l’ultima prima di arrivare ai Tagli dove, sebbene in parte franate, sono ancora visibili le armacie, i famosi muri a secco.
Pochi tornanti ancora e la strada finalmente spiana e si arriva ai 577 m. s. l. m. dei Tagli, guardo l’orologio, sono le sette, ho impiegato giusto un’ora per arrivare.

















Quando da ragazzo insieme ai miei amici salivo o Tagghiu, appena la strada terminava, ci trovavamo di colpo dentro al bosco e, senza perdere tempo, dopo esserci separati, incominciavamo subito a cercare i funghi.
Con mia grande sorpresa non vedo nemmeno l’ombra di un castagno, al loro posto invece coltivazioni di granoturco, di fagioli, di zucchine, filari di pomodori e piante di ulivo a perdita d’occhio.
Poco distante, in un campo, vedo tre donne che raccolgono fagioli e riempiono dei sacchi, mi avvicino, le saluto dico loro che sto arrivando da Favazzina e le chiedo che fine hanno fatto i boschi, mi sorridono e mi rispondono che sono anni ormai che i castagni sono stati tagliati, si vede mi dicono che è tanto che non venite quassù. Effettivamente sono quasi quarant’anni, ma non mi immaginavo di trovare tutto così cambiato. Le chiedo ancora se è redditizio coltivare la terra e se riescono ad avere un buon guadagno.
Mi rispondono che tutto sommato tirano avanti ma che il guadagno vero e proprio lo fanno quelli che vendono il prodotto al dettaglio. Questo, guarda caso, è rimasto ancora come una volta.
Poi mi chiedono se voglio prendere qualcosa, ed io le rispondo che purtroppo non ho soldi. Ma quale soldi mi dicono, prendete quello che volete.
Le ringrazio per la loro gentilezza e mi riempio lo zaino di zucchine, fagiolini e fagioli, le faccio una foto ricordo e salutandole calorosamente faccio ritorno verso casa.















Questa camminata fino o Tagghiu è stata una bella avventura, un’esperienza piacevolissima che mi ha riempito il cuore di gioia e che mi riprometto di rifare anche il prossimo anno, magari in compagnia di altre persone che come me abbiano la voglia e il gusto di riscoprire le cose belle che Favazzina sa ancora offrire. Lontano dal caos delle macchine che tutti i giorni invadono il paese, dalla spiaggia stracolma, specialmente il sabato e la domenica, di gente incivile che abbandona i rifiuti ovunque, dai motoscafi che, infischiandosene di chi è in mare, arrivano fin sulla spiaggia rischiando di ammazzare qualcuno e di tutte le altre brutture che purtroppo, in questi ultimi anni, siamo costretti a vedere e a sopportare nella nostra amata Favazzina.

13 commenti:

arcade fire ha detto...

Spusidda, sei una maravigghia. Bellissimo. Il prossimo anno se io c'è io viene.

arcade fire ha detto...

Penso che verrà anche il disperso.

Spusiddha ha detto...

Quarda caro Mario che ti aspetto per davvero.
Ho già molte prenotazioni, ma un posto per te lo trovo sicuramente.
Chissà che non riusciamo anche ad andare in una certa vigna di una persona a te cara, sciumara, sciumara credo si possa arrivare.

Galanti ha detto...

Mi prenoto per il prossimo anno, provando magari una destinazione ambiziosa. Mi rammarico di non essere venuto quest'anno.
Mi ricordo della piccola fonte i l'acqua o pistuni. L'ultima volta che ci sono passato avrò avuto 12/13 anni e se non sbaglio c'era un'iscrizione nel piccolo arco che la sovrastava.
Da ragazzo sentivo che da Favazzina organizzavano dei pellegrinaggi a piedi fino al santuario di Polsi utilizzando questo tragitto.

Potremmo provare una pazzia del genere-

Spusiddha ha detto...

Caro Francesco, quando io ero piccolo, anche i miei genitori insieme ad altre persone di Favazzina sono andati a piedi fino al Santuario.
Partivano nel pomeriggio, la notte la passavano a Solano o tra Solano e Gambarie, in certi rifugi creati apposta per i pellegrini, e poi all'alba ripartivano.
Ho controllato il percorso e ho visto che dai Tagli al Sautuario dei Polsi ci sono 52km.
Facendo una stima da Favazzina ai Tagli ci vuole circa un’ora, dai Tagli a Solano Superiore sono 4km, ancora un’ora, da Solano Superiore a Gambarie 16km, 4 ore e da Gambarie al Santuario dei Polsi 31,5km, 8ore, per un totale di 14 ore.
Partendo alle 4 di mattina, in serata si potrebbe arrivare, se non si fanno soste, altrimenti bisogna pernottare da qualche parte.
Comunque anche quando si arriva al Santuario la notte poi bisogna passarla là.
Io al Santuario ci sono andato, non a piedi, ma ricordo che il posto era talmente bello che ci ritornerei volentieri.
Se troviamo altre persone interessate potremmo davvero farlo. Se ci andavano i nostri genitori, non vedo perchè non ci possiamo andare noi.

chinnurastazioni ha detto...

Hai già tracciato il percorso, non ci resta che avviarci. Ciao Mimmo

Galanti ha detto...

Concordo penso che si possa fare.
Credo che la cosa possa stuzzicare la curiosità di molti.
L'intento (almeno da parte mia) non è religioso ma mi entusiasma rivivere una antica tradizione.

Statua A ha detto...

Cosa dire.... già mi avevi raccontato di questa fantastica scampagnata il giorno dopo averla fatta ed ero rimasto cu 'ngagghiu di non esserci stato.... adesso leggendo mi ringagghiaia i mani nte renti sempre perchè avrei voluto esserci!!!
Poi gli ultimi giorni tra tempo incerto e altro è saltato il percorso "cascate"..
Insomma l'anno prossimo organizzandosi per tempo ci sarò sicuramente!!!
Ora capite perchè mi piace immaginare Spusiddha che guidava attraverso i sentieri su Favazzina Riccardo Morandi!?

Comunque sia, caro Spusiddha, il vero valore aggiunto al percorso sei tu, che riesci anche attraverso il tuo background a fare riinnamorare i senior e scoprire e innamorare i junior di questi nostri bellissimi luoghi.
Ciao Cicero Spousy!

Spusiddha ha detto...

La verità, caro Nino, è che da ragazzo tutti i posti sulle montagne che sovrastano Favazzina li conoscevo come le mie tasche, pensa che una volta sono salito ra Frunti, dove c’è il rifugio ristorante e attraverso i boschi, u chianu ru Toru, Vizziri, Brancatò, sono arrivato a Fermu, da lì sono sceso giù e sono arrivato vicino dove ci sono le cascate (mi pare si chiami Vecchiarino), ho attraversato la fiumara e ra Seddha a Muletta sono arrivato fino o Jancu e poi sono ridisceso a Favazzina. Una bella camminata, te l’assicuro, che mi sono fatto da solo.
Oltre al mare erano queste le cose che da ragazzo mi piaceva fare, e che ancora mi piace fare.
Ovvio che se trovo gente entusiasta quanto me, non mi tiro certo indietro a rivivere queste bellissime esperienze che, per chi come me, è costretto a vivere lontano dal paese, sono una carica di energia che dura a lungo e che ti aiuta, credimi, a non soffocare di nostalgia.

chinnurastazioni ha detto...

Se anche voi siete tra coloro che hanno sognato di andare a Maronna ra muntagna, da Favazzina, attraversando l'Aspro, fino ai piedi di Polsi: unitevi a noi.
Stiliamo una lista di nomi, una filarata di genti decisa solcare la celeberrima via Popilia, un percorso fatto di storia, fatica contadina e paesaggi mozzafiato. Scavalcheremo Montalto per affaciarci sui due mari, Jonio e Tirreno. Sotto la guida attenta dell'escursionista SPUSY, tappa dopo tappa conquisteremo POLSI. Evviva

arcade fire ha detto...

A Polsi sarete stanchi. Vi porto indietro con la macchina.

U Russu ha detto...

Grazie Spusidda per risvegliare tanti ricordi.
Mio nonno e la sua famiglia coltivavano le vigne intorno al palmento, sotto "a Rocca", e
facevamo quella strada spesso ma scendevamo giu' dai Tagli fino
alla vigna per poi tornare su, con i "panari" colmi ed
il profumo del finocchio selvatico.
Da tempo mi domandavo se la strada esistesse ancora,
dopo i nuovi lavori del viadotto, e i tuoi passaggi
mi hanno rincuorato.

Ciao!

u'longu ha detto...

Conosco io un percorso perfetto.
Pigghi a machina, possibilmente una quattro ruote motrici, prima fermata Melia, colazione con caffè e una brioche al limone, non ci crederete una squisitezza.
Seconda tappa a Gambarie, c'è na putia accanto al laghetto chi faci panini di mezzo chilo, pani i ranu, pumarora e pecorino del posto.
A questo punto, dato che la Madonna di Polsi non m'attrae, rientro immediato sul livello del mare, non prima di aver preso un'altro caffè con brioche a limone, sempre a Melia, con il barista che ti da consigli dove trovare i porcini.