Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

sabato 3 settembre 2011

I nuovi mostri


Le tuffatrici


Primo pomeriggio di fine luglio, abbastanza fresco data la stagione, ero sul nuovo molo, quello nano, quello in pietra di sciumara , pescoso, pulito e non molto frequentato.
Accanto a me, mentre ero intento a non farmi fregare dai cefali, comparvero quattro fanciulle bellissime, sorridenti, quattro modelle di Botero.
Si volevano tuffare ma non osavano, data la mole, poi finalmente trovata la rampa adatta, la prima si lanciò con uno strillo acuto, seguita dalla seconda urlante e la terza roboante.
La quarta aveva paura, le altre dal mare l’incoraggiavano strillando e lei si scherniva sempre strillando, poi prese coraggio e si tuffò alzando uno spruzzo chi mancu na bumba i Caratella.
Incominciò così una serie interminabile di tuffi, sempre a bumba, sempre strillando, fottendosene completamente di me, della canna e dei cefali che nel frattempo avevano pensato bene di andare a mangiare in posti più tranquilli.
Mi stavo incazzando, poi di fronte a tanta gaiezza, giovinezza, pensai :- Chi sono io per disturbare questa felicità ? – posai la canna mettendomi a fumare.
Non riuscivo però a capire il motivo degli strilli, di quel baccano.
La risposta mi arrivò dalla base del molo.
Erano due ragazzi, adolescenti anche loro, spalle strette e gambe storte, sicuramente collinari, che attratti dagli strilli come gli squali dal sangue, erano pronti all’approccio.
Mi sembrava di vedere una scena di fine anni 60, pasoliniana, stessi personaggi, stesse atmosfere, ero affascinato, come vedessi un film del maestro.
La presero larga, nel senso che s’immersero alla base del molo poi, nuotando come solo i collinari sanno fare, s’avvicinarono alle tuffatrici venendo dal largo.
Più si avvicinavano più gli strilli aumentavano, quando furono veramente vicini gli strilli cessarono.
L’approcciò fu tra i più romantici che io ricordi :- Malanova un dai comu ti tuffi bonu –
E una delle ragazze, finalmente, invece di strillare, sorrise

La moto d’acqua


Stesso molo, stesso periodo, tardo pomeriggio.
Ad una ventina di metri di fronte a me una moto d’acqua, ferma come ancorata, bianca come la schiuma del mare, lucente al tramonto.
La cavalcava un essere peloso, ma veramente peloso, sembrava una ragno, un Vedovo Nero (era maschio) di bianco aveva solo la pelata .
Guardava fisso verso la spiaggia, puntava qualcuno.
La moto accesa in folle tossiva, come affogasse, lui puntava immobile.
All’improvviso partiva a razzo, faceva quattro piroette, poi ritornava allo stesso posto e puntava.
Quando ormai sulla spiaggia non c’era più nessuno anche lui se ne andava, verso Bagnara.
Il giorno dopo stessa scena, puntamento, piroette, fino all’imbrunire.
Lo stesso il giorno dopo.
A questo punto la pesca non m’interessava più, dovevo scoprire chi era il soggetto di tanto interesse, di tanto accanimento.
Venne allo scoperto.
Era enorme, quadrata, muscolosa, costume, manco a dirlo, nero con scollatura a spalanco e due vezzosi orecchini d’oro.
Era bella nella sua bruttezza, era fisica, cadente e tonica, non l’avrei toccata nemmeno con la mia canna e sono sette metri, non per ribrezzo ma per paura, mi dava la sensazione di una che finito il coito te lo stacca e se lo porta a casa.
Parlavano fitto fitto in dialetto separati dagli scogli, quando dalla riva arrivarono buci.
Era il marito, un mingherlino incazzoso, che armato di palo d’ombrellone richiamava la moglie che, lesta, rientrò verso la riva.
Il puntatore sfogò il suo dolore sulla moto d’acqua, accelerate, impennate, piroette, ed alla fine, peli al vento, si diresse verso il sole al tramonto.




7 commenti:

romanaccia ha detto...

Oh Longu quanto ci sei mancato.

arcade fire ha detto...

Se vuoi starci tutto il giorno su quel masso io ti porto da mangiare da bere caffè e le sigarette che vuoi. Per le spese faccio a metà con la sovrana di sopra

u'longu ha detto...

Con la Sovrana ce l'ho un pò perchè, insieme al marito, mi ha sconfitto a briscola e tresette, a casa mia, nella tana del lupo.
Non ho nemmeno attenuanti perchè ero in coppia con il mio socio di sempre, Natale, anche se eravamo ancora in fase di allenamento.
Rendo merito alla loro bravura e anche a qualche parte anatomica indispensabile ad ogni vittoria.
Mario grazie per la logistica, ma sul masso mi bastano solo la canna, le sigarette ed il piccolo mondo che mi circonda.
A saperlo guardare è teatro, cinema,letteratura, e anche, non ci crederai, poesia

arcade fire ha detto...

Ah ora capisco "gli imbattuti...ah no". Longu se non vo nenti non ti purtamu nenti però non abbandonare il masso e continua a cantare

romanaccia ha detto...

J'accuse.

romanaccia ha detto...

giochiamo qualche volta?
http://www.mygdm.com/

Spusiddha ha detto...

Mi scialaia, una semplice vicenda da "Novella 2000", la sai traformare in un racconto verghiano. Grande Longu e un grazie ai massi, fonte inesauribile dei tuoi racconti.