Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

venerdì 30 settembre 2011

Ihr ball

Sono stato un virtuoso della gingomma. Cose grandiose. Masticavo, masticavo e producevo con la bocca palloncini che mi esplodevano in faccia. Il pezzo forte era la ripresa del fiato, inspiravo e mi riprendevo l'aria insufflata, il palloncino s'accartocciava sulle labbra lasciandomi un'incrostazione a mò di baffi e pizzetto che ci voleva l'alcool per eliminarla.
Fu un'estate infelice. Compravo gingomme e non vincevo. Nel foglietto interno della confezione c'erano disegnate le facce di due dadi, se facevi dodici vincevi dieci chewingum. Agosto e settembre passati di putia in putia, Marina, Chiangiusu o ponti, Galletta. Ormai era ottobre, mi stavo giocando gli ultimi, alle quattro della sera entrai nella bottega di Sara, nel vicolo dei palloncini colorati, per tentare ancora una volta. Sul banco, accanto alle confezioni delle gomme da masticare c'era una scatola che attirò la mia attenzione. Era una scatola con buchi in fila e a colonna, da ogni buco emergeva un cilindretto di carta arrotolata. Sara mi spiegò che era una riffa, svolgevi il rotolo e appariva un numero a cui corrispondeva o un premio oppure ritenta sarai più fortunato. Il costo per un cilindro equivaleva al costo di un chewingum, la tentazione era grande. Srotolai e venne il dodici, dodici ma vaffanculo pensai ma prima di altre plateali rimostranze Sara disse: -Dodici, hai vinto un pallone da calcio-. Ah le passioni infantili, sono amanti infedeli e capricciose (dove l'ho letta questa?), esultai: nto culu 'e gingommi!
Pallone da calcio non proprio, di gomma e anche di poco peso, rimbalzava troppo e seguiva traiettorie antigravitazionali e a muzzu, però era bello, al posto degli esagoni neri c'erano le facce dei giocatori dell' AS Roma, campionato di calcio 1968-69. Uno dei giocatori me lo ricordo ancora, assomigliava a don Pepè, il salumaio di sbarre inferiori angolo vico Furnari a Reggio, era il capitano della squadra e si chiamava Losi.
Portai quel pallone in giro per il paese, in piazza due coetanei si unirono alla mia felicità, giocammo nella filanda fino a quando qualcuno disse: -Scindimu nta marina.-
Davanti alla caserma c'era uno spiazzo di spiaggia a ghiaia e sabbia, era un piacere giocarci soprattutto per i portieri che potevano tuffarsi senza farsi male.
Giocavamo, il pallone mi venne a portata di tiro a volo, calciai con violenza. Il pallone s'impennò a campanile, s'infilò dentro una corrente ascensionale, zizzagò come un aquilone che tenta di raggiungere il cielo e poi ricadde al suolo, rimbalzò sull'ultimo metro di ghiaia e dopo aver scavalcato la cresta dell'onda si immerse nel mare a due metri dalla riva.
Galleggiava e lentamente prendeva il largo, vedevo il salumiere guardarmi beffardo; ora dovevo togliermi le scarpe e i calzettoni, esitavo e intanto quello andava, ora dovevo togliermi i pantaloni all'inglese e la maglietta, non mi decidevo e ormai il pallone era a venti metri e non mi era permesso raggiungerlo a nuoto, in mutande.
Che faccio, piango? Oppure me ne sto triste e inconsolabile a ricordare nonostante tutto "godi fanciullo mio stato soave stagion lieta è cotesta", stagione della minchia, o Giacomino, prima i gingommi ora u palluni? Decisi di non piangere.
Chi se n'era accorto nella foga dei calci a un pallone? chi poteva pensare che ci fosse qualcuno a prendere il sole? in una giornata nuvolosa e niente calda d'ottobre?
La donna s'alzò a sedere sul telo, guardò verso di me poi guardò il mare, in pochi secondi in un tutt'uno con la mia speranza, raggiunse l'acqua, si tuffò e con poche vigorose bracciate recuperò il pallone naufrago. La vidi uscire dal mare, giovane, bella, chiara di capelli e la pelle come miele brunito. Camminava agile sulla sabbia bagnata e sulla ghiaia, fu davanti a me con il pallone nelle mani.
Du sahest lang mich an,
Wie man ein Kind mit Blicken misst,
Und sagtest freundlich dann:

-Ihr ball, weil du so traurig bist?-*
Non disse queste parole ma avrebbe potuto dirle: lo sapete, i tedeschi sono tutti poeti.


*Tu mi guardasti a lungo
come si saggia un bambino con lo sguardo
poi mi dicesti con tenerezza:
-............................................? -
da H.Hesse, modificato

6 commenti:

chinnurastazioni ha detto...

Las Vegas, verdi, grasse e succose, profumavano di menta piperita, una bastava per riempire la bocca. Mario ti sei rovinato ai dadi.

arcade fire ha detto...

Nino sei grande. Proprio Las Vegas, non me lo ricordavo il nome. Grazie.

u'longu ha detto...

Bellissima Mario, un amarcord dolcissimo, tenero e struggente.
Son tornato, ho fatto strage di alletterati, vi racconterò

Spusiddha ha detto...

Si vede che il ritorno ru Longu fa da sprono. C'era bisogno d'aspettare lui per tirare fuori questa perla? Ah il maestro!
Grande Mario mi sono quasi commosso!

arcade fire ha detto...

Amici vi ringrazio, è evidente che la cosa è andata oltre le intenzioni. Doveva essere un'autopresa per i fondelli: non sono stato manco capace di recuperare una palla nel mare, favazzinoto del menga. Tutta colpa di ermanesse, credo.

romanaccia ha detto...

meno male che ci so i tedeschi che ci salvano il c...pallone.
ma chi è er maness? tu sei meglio sicuro