Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

sabato 19 settembre 2009

A Vindigna

Dagli anni sessanta e fino al 1971, la mia famiglia, dopo la metà di settembre, si recava a Furnari; dai miei nonni paterni per la vendemmia. Per l’occasione, arrivavano anche i fratelli di mio nonno dalla vicina Barcellona P.G.
Il vigneto era perlopiù composto da uva nera. La parte bianca veniva lasciata sulle viti fino ad ottobre per raggiungere il massimo grado di maturazione, quasi “mpassuluta”.
Mia nonna reclutava la manodopera femminile. Le donne tagliavano l’uva, mia nonna organizzava il loro lavoro, preparava e portava loro il pranzo. Gli uomini avevano le mansioni più pesanti: preparare le botti, piggiare l’uva, estrarre il mosto dal tino e, in seguito, in cantina.
Io partecipavo al taglio dell’uva insieme a mia madre. Lei mi sceglieva sempre i filari vicini così da potermi dare una mano e issarmi la cesta sulla spalla (in quella zona si usano ceste di piccola portata). Poi, passavo alla pigiatura nel palmento, insieme a mio padre e i fratelli di mio nonno.
Mio nonno aveva il compito di travasare, ca quartara china, “Decalitro”, il mosto dal tino alla vasca e poi nta ll‘utri
A mezzogiorno si livava manu mia nonna che preparava il pranzo per tutti: mulingiani sutt’ogghiu, alici salati, livi salati e nsalata i pumaroru ca cipudda e acqua frisca ntò bbumbulu.
La sera l’abbuffata pi masculi, e a cu vuliva rimaniri; piscistoccu a gghiotta, piatti cchini fino a traboccare e vinu niru a litri .
Mia madre con una piccola quantità di mosto preparava un dolce fatto con un infuso di foglie verdi di amarene, mandorle, noci e fichi secchi, il quale veniva bollito fino a ridursi a una pasta di gelatina molto densa, fatta asciugare nei stampini di terracotta e poi mangiata come dessert; chiamata “mustarda”.
Ringrazio i mie vecchi per avermi riportato alla mente questi ricordi, e in seguito raccontarli su questa piazza virtuale.

6 commenti:

arcade fire ha detto...

Bella Nino. Si sentono i profumi della terra autunnale e dell'aria del sud.

trilly ha detto...

Molto bello.
I post dei ricordi sono i miei favoriti. Sarà per la mia anima un po' "vintage", diciamo così.

u'longu ha detto...

E' bello avere questi ricordi, ti conciliano con la natura e consolidano le radici, anche se siamo lontani dalla nostra terra, ma solo fisicamente

Spusiddha ha detto...

Bei ricordi che mi accomunano ai tuoi, poichè anch'io li ho vissuti
e li conservo con piacere nella mia memoria.

Malumbra ha detto...

domani vendemmiamo! certo, non sarà proprio così ma si mngia e si mbivi u stessu...

chinnurastazioni ha detto...

Siamo tutti appesi a un grappolo.