Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

martedì 1 dicembre 2009

Il calabrese 2°

Che fossi calabrese e che portavo il coltello, come aveva detto quel tizio che mi aveva fatto la spia, l’avevano sentito tutti quelli della mia compagnia. Ma se era indubbio che fossi calabrese, era altrettanto falso che portassi il coltello, ma va glielo a spiegare.
In ogni caso, aver affrontato a viso aperto un tizio molto più grande di me per un torto subito, mi ero valso il rispetto dei miei commilitoni e credo che in qualcuno, il dubbio che io portassi il coltello, probabilmente rimase.
Qualche giorno dopo io e tutta la mia compagnia eravamo nel cortile della caserma a pulire e oliare le armi, insieme a me c’era un ragazzo emiliano, un tipo grande e grosso.
Era alto quasi due metri e pesava sul quintale, ma era un bamboccione, uno come si dice a Milano, grande, grosso e ciula.
Seguitava a infastidirmi e a farmi i dispetti come un bambino. In quel momento io stavo pulendo la baionetta e, stanco di sopportarlo, mi girai di scatto e inavvertitamente gliela puntai al petto e parecchio incazzato gli dissi «La vuoi finire si o no?».
Quello nonostante la mole sbiancò e si mise a balbettare e a chiedermi scusa.
Io in un primo momento non ci feci caso, ma poi vedendolo così intimorito, capì che si era spaventato del mio gesto, del fatto che ero calabrese.
Ci rimasi molto più male di lui e immediatamente gli chiesi scusa, «Minchia, pensai, ma siamo considerati così male noi calabresi? Possibile che tutti ci credano dei delinquenti?»
Certo, io non avevo fatto un bel gesto, ma arrivare a pensare che l’avrei accoltellato ne passava.
Purtroppo quando si ha una certa nomea è difficile togliersela di dosso ed io, nei due episodi che ho raccontato, ho potuto constatarlo di persona.

3 commenti:

arcade fire ha detto...

U cuteddu, nesci fora u cuteddu Spusidda, è inutili cu mmucci: u sapimu chi l'hai.
Anche solo per sbucciare le mele o forse non le sbucci eccu pirchì ti veni a matruni (sì, penso voglia dire doglie estendendo mal di pancia)

Spusiddha ha detto...

E' veru Mariu u ceteddu i figghiolu l'aviva sempri, e puru ora quandu vaiu in muntagna mu portu cu mia, ma a frutta ma mangiava sempri cu tutta a scorcia, era chiù bona!
Matruni, non sacciu comi mi vinni in menti, spirduta com'era nta memoria, chi sucundo mia voli riri chiù i nu semplici mali i panza.
U dialettu, nu patrimoniu da salvaguardare!

u'longu ha detto...

Dicono che avevamo un antenato "franco" di coltello, che significa che non c'era storia contro di lui.
Se fosse vero, capisco da chi hai preso, malandrino.
Matruni lo ricordo bene, lo dice ancora mia madre quando mi vede mangiare qualcosa di strano, di crudo, non maturo.