Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

lunedì 28 dicembre 2009

La scarpa

Avrò avuto dieci o undici anni.
Mia madre mi aveva comprato un paio di scarpe nuove fiammanti, tipo scarponcino, per chi si ricorda, erano quelle che s'allacciavano con dei ganci laterali, almeno sei per lato, bisognava stare attenti a non saltarne qualcuno altrimenti si scioglievano facilmente.
Ed io da ragazzino ero molto distratto, anche adesso.
Era il mese di febbraio, passeggiavo da solo in riva al mare, sul bagnasciuga, portato dalle onde, un pallone bucato di gomma si prestava invitante al calcio liberatorio.
Presi la rincorsa e calciai con violenza, insieme al pallone volò anche la mia scarpa destra che, dopo un'angosciosa parabola, ammarò ad oltre venti metri dalla riva, quasi al largo.
Galleggiava.
La scarpa orfana aspettava trepidante che il moto ondoso riportasse a riva la gemella, ma come diceva un mio amico " 'nta vita 'nci voli culu ".
Infatti la scarpa fuggita, dopo il galleggiamento iniziale, affondò inesorabilmente.
Avete presente il filmato dove si vede il Titanic affondare ? quella sensazione di tragedia, di angoscia, che pervade l'animo umano ? ebbene, anche se in scala ridotta, sentì quelle emozioni.
Come facevo a tornare a casa con una scarpa sola ? allora non c'era il telefono azzurro, mancu giallu o viola, c'era l'incognita delle botte o del grande cazziatone.
Non avevo paura delle botte, anche se mia madre non disdegnava, ma del ricatto morale di tutti i parenti, già li sentivo :
:- Tuo padre lavora lontano per guadagnare i soldi e tu perdi le scarpe nuove, disgraziatu -
Non faceva ne freddo ne caldo, era una giornata mite e senza sole, mi spogliai restando in mutande, deciso di recuperare quella maledetta scarpa.
Il mare invece era ghiacciato, friddu, ma friddu friddu, non avevo il coraggio di entrare in acqua, ma sentivo le voci "disgraziatu, disgraziatu".
Fu una cosa veramente veloce, tuffo, quattro bracciate, calata e recupero scarpa, altre quattro bracciate, a riva.
Mai più sentito un freddo così forte, tremavo come una foglia, non sapevo come asciugarmi, ero sporco di sabbia bagnata.
Nessuno s'accorse di niente, non presi neanche il raffreddore, ma credo che la mia anima, il mio modo di essere, subì una variante che dura tutt'oggi.
Non sento più le voci, neanche e purtroppo, quelle che vengono da molto in Alto.
Adesso, quando mio figlio perde l'ennesimo cellulare e lo dice come se non potesse fottersene di meno, tendo ad incazzarmi, poi ricordando la scarpa, gliene compro un'altro più bello.

9 commenti:

arcade fire ha detto...

Molto molto bella Longu. Breve commento perchè sono al lavoro, ciao.

arcade fire ha detto...

Le scarpe, gli scarponi vanno a fondo.
Tu mai Longu, manco se ti zavorrano con piombo e cemento. Eccome se le senti le voci. Di libertà e tolleranza.

romanaccia ha detto...

A me basta la voce narrante. Longu sei troppo bravo.

romanaccia ha detto...

Avrò avuto nove o dieci anni. Ero riuscita a convincere i miei dell'assoluta necessità di portare a F. la bicicletta. L'avevamo portata in treno, in macchina, in macchina sul treno non ricordo. Fatto sta che ero contenta come una pasqua e volavo da piazza a piazza su e giù per via Aspromonte e su e giù per via Marina ma soprattutto giù, alzando quanta più polvere possibile nella Rimembranza e impennando e ancora impennando. Ao era una BMX mica una graziella. Ma durò poco. In uno scorrere degli eventi al contrario, la mia gioia pasquale cominciò a trasformarsi in uno sconforto accorato da venerdì santo. I miei nonni, ma soprattutto mia nonna (ero senza genitori fino ad agosto inoltrato) cominciarono una litania di e la bici così la rovini e non la lasciare per terra e non la lasciare incustodita e non hai cura delle cose e si rompe e te la rubano e quando te l'hanno rubata non ce l'hai più (irritante potere della logica) e si buca e si graffia eccheppalle. I miei nonni, ma soprattutto mia nonna mi avevano gettato in uno stato d'ansia continuo, snervante, anche perchè la cura delle cose non ce l'avevo e manco mi veniva nonostante il lavorio ai fianchi e quindi la bici era in costante pericolo di rovinarsi, essere rubata, bucarsi e via dicendo.
Una sera torno a casa con il singhiozzo. Un singhiozzo insistente e recidivo che se ne fotteva dell'acqua in sette sorsi e in un sorso solo, resisteva all'apnea ed era immune al sia pur grande potere curativo dei limoni locali. Ero lì che sussultavo ad intervalli regolari quando mia nonna irrompe con un cipiglio mengeliano (mengeliano, mengeliano) e mi dice: “Non hai riportato a casa la bicicletta” E qui devo citare: “Avete presente il filmato dove si vede il Titanic affondare ? quella sensazione di tragedia, di angoscia, che pervade l'animo umano ? ebbene, anche se in scala ridotta, sentì quelle emozioni” Corro nell'androne già immaginando scenari apocalittici, giri infruttuosi per il paese e interminabili rosari di tel'avevodetto da sopportare a capo chino cosparso di cenere e mea culpa mea culpa mea maxima culpa, scendo le scale a precipizio e nella penombra e dentro alla nebbia che mi riempie gli occhi, una ruota, un'altra. c'è. La bici c'è. graziaddio alla Madonna e a tutti i Santi. C'è c'è sta qui l'ho riportata grido risalendo anzi ascendendo le scale.
Mia nonna attende con sogghigno mengeliano (mengeliano, mengeliano) e dice tutta soddisfatta con vago accento tedesco “Hai visto t'è passato il singhiozzo”.
Ma li mortè. (scusa nò)
Anni dopo lasciai una bicicletta molto più preziosa fuori da un negozio senza catena e me ne ricordai il giorno dopo. Troppo tardi. Mi venne il singhiozzo e il cerchio si chiuse. Ma a mio figlio ho preso un monopattino.

arcade fire ha detto...

Cosa dovrei fare, un post per commentare sto commento? Pure i blog non sono più quelli di una volta, signora mia. Si sapeva, Mengele lo sapeva, che passa con l'angoscia e lo spavento oppure, ti confido, con l'apnea e con un sorso ma premendo il nervo frenico nel punto di repere da qualche parte del collo che non ricordo più. Ricordo che funzionava.

Ah, mi è molto piaciuta anche se non apprezzo il monopattino: insegnagli a farsi da solo la carretta coi cuscinetti a sfera.

trilly ha detto...

Bellissima,Longo, super super BELLA! Con il cellulare di tuo figlio mi hai dato il colpo di grazia e scorrono lacrime....
Claudette super brava: pure io ho ricordi con la mia biciclettina rossa che sono come i tuoi, stesse ansie indotte dal nonno, scenari apocalittici sconfinati ed una rovinosa caduta in Via Marina che ancora porto i segni sul braccio.

Spusiddha ha detto...

Grande ed eroico caro cugino, capisco e apprezzo il tuo gesto, i nostri figli, di sicuro, avrebbero buttato in mare anche l'altra!

u'longu ha detto...

De Amicis ma putiva...
Il fatto è chi quandu venunu i festi, inveci mi diventu allegru, m'intristisco.
Specialmente a Natale.
Tornerò cinico e baro, dopo l'Epifania, anzi mi porto avanti porgendo gli auguri anticipati per la befana, a tutte le nostre lettrici che giustamente, molto giustamente, la festeggiano

Malumbra ha detto...

Longu mi facisti muriri mi pensu a sta scena! comunque ha ragione spusidda, oggi butterebbero anche l'altra!
Romanaccia a me spariva spesso la bicicletta; all'inizio mi sono preoccupato, poi non più! era quel pezzo di m... di Pelè chi ma futtiva!