Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

domenica 31 maggio 2009

Sono uno di voi.

Il comune locale, non brilla certo per cura, manutenzione, sicurezza e pulizia delle aree pubbliche delle frazioni. Favazzina è al primo posto per degrado.
Rifiuti di ogni tipo, erba alta lungo le stradine, gondole abbandonate lungo le strada della stazione, muri imbrattati, panchine e segnaletica danneggiate. Una fotografia di Favazzina non certo da cartolina quella segnalata Spusy!
Il comportamento di ciascuno di noi potrebbe migliorare la situazione di generale degrado. Fuori dalla nostra porta non è terra di nessuno, ma così come si ha cura del proprio corpo e del decoro della propria casa bisognerebbe averne per tutto ciò che è comune: strade, viuzze , piazze e spiagge.
Senza fare polemica. E soprattutto nella stagione invernale, quando la presenza dei residenti è al minimo, che si registra il picco più alto di degrado Segnalare e intervenire in modo tempestivo per denunciare casi di degrado. Promuovere e sensibilizzare sull'importanza della tutela del territorio per evitare il degrado e rendere il paese più vivibile

sei un quaquaraqua....

Grecu.... non chè amministratore.... vorrei solo ricordarti.....
FATTI NO PU.....................................................................................E
....o spetti l'elezioni mi si riconfermatu prima mi torni a scriviri??????

martedì 26 maggio 2009

Pianto d'amore

Era l'alba di una splendida giornata di giugno, il sole sorgeva ri tagghi i Solano e si riversava sul versante di Brancatò, non c'era ombra.
Io e mio padre dovevamo dare lo zolfo alle viti, contro la pronospera, mio padre con un soffietto colpiva con lo zolfo in polvere i grappoli d'uva ancora in fiore, io, con le lande (contenitori con tanti buchi alla sommità) spargevo zolfo sulle viti dall'alto, come dare cipria ad un neonato.
Era un lavoro veloce e silenzioso, anche perchè se parlavi lo zolfo che volava ti andava a finire in bocca.
Ogni tanto, bastava un alito di vento, e lo zolfo ti andava a finire negli occhi che per pochi secondi ti bruciavano terribilmente, poi passava tutto e si ricominciava il lavoro.
Mio padre continuava a ripetermi :
:- Non metterti controvento altrimenti lo zolfo ti va negli occhi e poi piangi tutto il giorno - ma io non l'ascoltavo, avevo fretta di finire il lavoro e tornare a casa
Avevo un'appuntamento importante con una ragazza
Alle nove del mattino avevamo già finito, mio padre che s'era portato dietro il fucile se ne andò a caccia, io presi la strada per tornare a casa.
Ero giallo, avevo tanto di quello zolfo addosso che se mi strofinavo correvo il rischio di accendermi.
Il tuffo lasciò una scia gialla nel mare, i pesci mi guardavano come fossi un sarago senza strisce nere verticali, ed io nuotando velocemente e poi facendo capriole nell'acqua, mi liberavo di quel fastidioso colore.
Mentre mi asciugavo al sole, mi tornava il bruciore degli occhi, poi, dopo un'abbondante lacrimazione mi passava tutto, ma dopo un pò ritornava, altra lacrimazione.
Era un tormento
La ragazza era bella, molto bella, ma era storta e poi non amava il tango, venne con una sua amica da Bagnara, ed era sull'incazzato andante.
:- Ho sentito che fai il farfallone, che vai con le altre, tra noi e tutto finito -
Non era vero, io ero fedele come una baldracca ungherese al seguito dell'esercito napoleonico.
Stavo per dire :- Ma vaff... -
Un attacco di zolfo mi colse in pieno, le lacrime scorrevano a fiumi, mancavano solo i singhiozzi
:- Non fare così se no piango anch'io, ti perdono, restiamo insieme, ma fai il bravo -
E chi andava a raccontargli che era lo zolfo del mattino, passai per un tenero romanticone che piangeva per la fine di un amore.
Ah le Passanti, quanto amo questa canzone, quando a volte ne rivedo qualcuna, serie madre di famiglia, che ti salutano con un mezzo sorriso per dirti che si ricordano ancora anche se il tempo è passato, anche se sono tutte colorate per nascondere il bianco degli anni, io no, ma vorrei colorarmi di giallo, come lo zolfo.

Favazzina di maggio

Ancora una volta Favazzina mi ha accolto con gioia, con smisurato amore, come una madre felice di abbracciare il figlio lontano che ritorna.
Mi ha accolto con i suoi colori unici (che cielo e che mare!), i suoi odori intensi, come il profumo della zagara che, ahimè, ancora per poco potremo sentire.
L’ho abbracciata commosso felice di rivederla, sapendo che presto sarei ripartito, e che niente avrei potuto fare per alleviare almeno in parte le sue pene.
Il torrente (?), con le sue piene, ha creato alla Sena una spiaggia meravigliosa, che mai prima d’ora mi era capitato di vedere. Suttafrunti è tutto un susseguirsi di spiaggette splendide dove è una gioia potersi immergere in un mare cristallino, in un silenzio irreale, rotto talvolta dal grido rauco dei gabbiani, (Cicciuzzu l’amicu ru Longu è u chiu rumpi cugghiuni).
Come sarebbe bello se tutto questo rimanesse così!
Le strade sono piene di rifiuti e l’erba in certi vicoli (chiddu pi da banda a sciumara, nto Principi, e chiddu nta Villa chi si nchiana a stazioni e nta stessa srata ra stazioni) è talmente alta che si fa fatica a camminare, (a natru pocu i serpi ndi mangiunu) per non parlare poi del pastificio, proprio in centro al paese.
Favazzina è un cantiere a cielo aperto, molti sono coloro che stanno ristrutturando le case, e le macerie fanno bella mostra dalla caserma fino alla sciumara, inoltre come se non bastasse, vi è gente dei paesi vicini che viene a scaricarli lì da noi . C’è di tutto, cessi, bidet, piastrelle, tubi, rubinetti, fili elettrici, latte di vernice vuote ecc. , ecc.
Ho incontrato il sindaco a Scilla, davanti al comune, e mi ha chiesto come andava. Male, gli ho risposto perché ogni volta che torno a Favazzina, mi si stringe il cuore e la rabbia mi sale alle stelle per l’incuria che ormai da anni vedo e che nessuno fa niente per eliminare.
Mi ha detto che su Favazzina lui ha grandi progetti e che presto diventerà la California del Sud!
Io preferirei che il comune fosse più presente e che Favazzina diventasse un paesino vivibile, dove la gente si comportasse in maniera civile e avesse un po’ di rispetto per gli altri e per quanto la natura, così generosamente, ci ha voluto dare. Solo questo mi basterebbe!
Un grazie a Rocco V. per la foto, che per farvi “smangiare” mi a voluto fare!

sabato 23 maggio 2009

Profumo d'estate

D'improvviso
un profumo e
un colore.

Rosso e
vitale.

Riempie la canicola
d'agosto
mentre
ribolle
tra i vicoli e il
mare.

Ricordo di bambina.
Magia da catturare
delizia da gustare.

Con la pasta e in allegria
al ritorno
a casa mia.

Sangue dolce della terra,
regalo prezioso
per chi vuole
conservare
il ricordo di quel mare


Profumo.
Profumo d'Estate.

mercoledì 20 maggio 2009

Veleggiare






Ho sempre desiderato andare in barca a vela; e alla prima occasione avuta, mi sono lanciato per imparare a governare da soli una barca. Non è una cosa facile, soprattutto in mare, e nemmeno da prendere alla leggera. Nonostante stia praticando sul lago, io lo faccio per poter veleggiare in mare. Perché?.. perché in un paese di mare ci sono nato, al mare sono legato; per il vento, il silenzio e la forza con cui trascina e porta con sé ogni cosa; ma soprattutto per quell’idea di libertà. .

Physis

e quannu t'ancontru 'nda strata
mi veni 'na scossa 'ndo cori
'ccu tuttu ca fora si mori
na' mori stranizza d'amuri... l'amuri (Franco Battiato)

Alla ragazza sembra solo l'aria che entra dai finestrini e sa di mare e montagna, è mare e montagna, prima del suo condensarsi. Crede nella canicola tremolante del primo pomeriggio, nel fruscio che fanno le lucertole quando l'aria si dirada e diventa fuoco. È l'aria. “Come l'anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il soffio e l'aria circondano il mondo intero”
Sente il tocco delle foglie di canna soffiate tra i pollici tesi e l'acqua scorrere nei condotti trascinando un ramoscello fino a un'aporia, a un vuoto di pensiero, una chiusa. E ne conclude che tutte le cose sono per natura umide e l'acqua è il loro principio e dio è la mente che dall'acqua ha costruito ogni cosa. “L'essere più antico è Dio, perché non generato. Il più bello è il mondo, perché opera divina.”
Quella si confonde beatamente in un guazzabuglio di presocratiche intuizioni ed è vittima di certi pregiudizi in forma di sensazioni che mancano di ogni possibile partecipazione all'essere e somigliano a fantasimi d'acqua.
Il dubbio insinuante nasce quando, tintinnando la sua protesta, un anello le cade esattamente di fronte al cancello del cimitero. Esattamente. E di fronte a un fatto di tale innegabile valenza razionale la ragazza decide di interrogare l'oracolo. Ma il santuario è dismesso e le Sellie, a furia di ascoltare il rumore dell'acqua del torrente non distinguono più lo stornire del vento nelle foglie della quercia da quello nelle foglie del carrubo.
Per questo e altri motivi la ragazza che non ha occhio al particolare, tende l'occhio della sua mente all'immutabile, ingenerato, immortale, unico, omogeneo, immobile, eterno. “Perchè principio degli esseri è l'infinito, da dove gli esseri hanno origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità.” Di conseguenza il quadro d'insieme è indeterminato. Non assomiglia a niente se non a sé stesso.


A l'alta fantasia qui mancò possa;
... l'amor che move il sole e l'altre stelle. (D. A.)

Le parabole di Mastro don Natale

Mastru don Natali era un siciliano pedemontano che vedeva davanti a sé le marine di Scaletta Zanclea, Guidomandri e Itala con le spalle coperte dal peloritano monte Scuderi dove suo nonno e suo padre appattavano l'acqua col freddo per ricavarne ghiaccio. Ritornato vivo dalla grande guerra, al principio degli anni venti venne a Favazzina da muratore di un'impresa edile, conobbe la sua futura sposa e non lasciò mai più il paese manco da morto: sta là 'nta Favareca, favazzinotu ammenzu 'e favazzinoti. Lavorava nell'edilizia per conto proprio e nell'agricoltura per conto di sua moglie. Nel tempo libero leggeva e quando ne aveva voglia -umoralmente allegro, succedeva spesso- raccontava storie belle, solitamente di significato etico-morale: per questo le chiamo parabole. Mettevano alla berlina gli scansafatiche, gli approfittatori, i fissa camuffati da 'ntelliggenti e gli intelligenti chi fannu i cazzuni. Poi c'erano quelle a tema religioso, leggermente blasfeme e fortemente irriverenti: le mie preferite. Il nostro cantastorie, mi venne il sospetto, pareva che ce l'avesse soprattutto con San Pietro.
Ve ne racconto una, ditemi voi...

"Gesù radunò i discepoli e disse loro che quel giorno sarebbero andati a recare la buona novella dalle parti di Cafarnao. Consigliò a ognuno di prendere delle pietre da portarsi dietro perché, non si sa mai, potevano servire. Predicò fin oltre l'ora sesta, quando vide i suoi uomini stanchi e affamati chiese che le pietre fossero portate davanti a lui, miracolosamente esse diventarono pani e pesci. Gesù disse: -Ciascuno mangi di quello che ha portato.- Pagnottelle fragranti e pani di ranu cottu a ligna, spigole orate e saraghi freschi ancora vivi, insomma il bendidio dappertutto tranne che nelle mani di Pietro: dei due sassolini che si era portato si ritrovò 'na licia e 'na muzzicata i pani. Si mbuccau e amen. Affamato, iava elemosinandu ndi chistu e ndi chiddu ma niente da fare: -No sintisti 'o Maestru? Ognunu si mangia u soi. A prossima vota ti reguli, malufaticanti!-
Venne il giorno di andare in Samaria e Gesù comandò che ognuno prendesse delle pietre perché, non si sa mai, potevano servire. A Pietro venne l'occhio malizioso e furbetto e un pensiero: -Stavota...- mentre si issava sul groppone un masso tale che dovettero aiutarlo in due. Gesù predicava e camminava con i seguaci finché arrivarono nei pressi di un torrente tumultuoso dove il Signore fece segno di fermarsi. A Pietro venne l'occhio languido e vuleru e nu pinzeru: -Si mangia!- Gesù disse che dovevano guadare il torrente e ordinò che con le pietre che si erano portate dietro fosse fatto un camminamento sull'acqua. -Ma comu?- disse Pietro mentre il masso che aveva trasportato fin lì veniva calato nel punto più profondo. Passarono dall'altra parte. Pietro, stanco affamato e avvilito, trovò il coraggio di chiedere: -Maestro, oggi non si mangia?- Gesù lo guardò con compassionevole benevolenza e disse: -Oggi è giorno di digiuno, non ricordi? Pietro, Pietro, cosa mai riuscirò a fare di te?- "

-Vabbò nonnu, però tu ta pigghi sempri cu San Petru. Non ti dimenticare che fu il primo papa.-
-Appuntu. Se 'u bongiornu si viri ra matina...

...ditemi voi se non ho ragione.

martedì 19 maggio 2009

La porzione magica

Questa storia è già stata raccontata splenditamente da Spusidda, essendo troppo bella, mi permetto di raccontarla dal mio punto di vista.
Era una sera di tarda primavera, quasi estate, un gruppo di giovani favazzinoti seduti 'nte scaluni ra chiesa, affilavano le armi, si preparavano per le conquiste della vicina estate.
Si parlava di alte strategie, di tecniche amorose, di metodologie applicate, insomma di tutte le arti atte a convincere l'altro sesso, possibilmente turiste straniere, ad essere meno avare di sentimenti ed elargire i loro favori.
Nella notte favazzinota si sentì un ululato, sembrava un lupo della Sierra Madre, invece era l'americano che chiedeva aiuto.
Ci precipitammo verso la Casa Bianca, trovando la porta aperta entrammo, era un attacco di gastrite secondo i più, astinenza al gioco delle carte secondo una minoranza, tra cui mi annumeravo.
Era già stato operato di ulcera, ragguagliandoci nei minimi particolari, mangiava come un uccellino solo pasta in bianco, carne o pesce al vapore e qualche formaggio magro, per questo c'era una minoranza sospetta.
L'americano in completa tenuta da notte, formata da un camicione quasi bianco e papalina con un vezzoso pon pon svolazzante, stava sotto le coperte, nonostante il caldo, si vedeva solo il naso, non parlava gemeva solamente, poi quando arrivava l'attacco di dolore forte, il crampo allo stomaco, si alzava seduto sul letto con le braccia tese in avanti e gridava:
:- Moru - subito dopo ruttava come un vecchio leone spellacchiato e ritornava sotto le coperte.
La scena si ripeteva ad intervalli regolari, bastava contare fino a dieci: uno, due, tre,....dieci:
:- Moru - subito dopo rutto e ritorno sotto le coperte
Si andava formando un coro, tutti pronti al dieci gridavamo "moru" , solo Biasi si fece scoprire andando fuori tempo, leggero anticipo, la romanzina fu dura:
:- Porcarusu ieu staiu murendu e tu mi pigghi pu culu, fora ra me casa - Biasi mortificato lasciò la stanza del dolore.
La scena era drammatica e nel contempo comica, noi eravamo dei ragazzi e veramente non sapevamo cosa fare, tranne andare a ridere di nascosto, guai a farsi vedere non partecipi del dolore che attanagliava il malcapitato, rischiavi il cazziatone e l'allontanamento coatto, era come ti buttassero fuori da un cinema sul più bello, durante la scena madre.
Il moribondo tra un moru e un rutto suggerì di chiamare un medico, ma come ? naturalmente non c'erano i cellulari e nemmeno i telefoni a casa, quello pubblico era chiuso data l'ora, al paese medici non ce n'erano, non eravamo nell'età della patente e anche se fosse per qualcuno, mancava l'auto per portarlo in ospedale.
I più intimi eravamo stati addestrati dall'americano, in caso d'urgenza, a chiamare certi suoi parenti, avrebbero provveduto loro alla bisogna.
Infatti i suoi parenti, avvisati da noi, chiamarono il medico (avevano il telefono)
noi rimanemmo a gestire l'attesa cercando di renderci utili.
Ognuno corse a casa a prendere qualcosa che potesse servire ad alleviare le sofferenze dell'ammalato.
Chi portò camomilla, chi portò l'alloro il cui decotto, a suo dire, era portentoso, chi portò bicarbonato, chi citrosidina, altri citrato di quello che si vendeva ancora sfuso, qualcunò portò una limonata già pronta.
Naturalmente tutti giuravano sulla bontà del prodotto procurato.
:- Mu rissi me mamma - disse uno, come se la signora avesse la laurea in medicina, ce l'avrà avuta sicuramente in erboristeria, però pi l'erba ri pecuri.
Cosa dargli ?
Decise per tutti, approfittando della sua ingiuria, Gustinu, buonanima, detto il farmacista, per una reclame del carosello di allora, ma che con la farmaceutica non aveva veramente niente da spartire.
Per accontentare tutti fece un miscuglio di tutto quello che avevamo portato, ne venne fuori un prodotto minacciosamente giallognolo con una schiuma variopinta, ma profumata, versò tutto in un bicchiere grande e lo diede da bere al moribondo.
L'americano, fidandosi non so come, e si che era molto diffidente, lo bevve tutto d'un fiato lanciando un'altro rutto da fare tremare i vetri.
:- Bonu, che era ? domandò l'ammalato
:- Boh !!! - rispose il sedicente, ma non tanto, farmacista
:- Mi sentu megghiu, mi liberai -
Il medico arrivò, buttò tutti fuori, tranne me che ero il traduttore, segretario, scrivano, gli tastò la pancia, gli misurò la pressione e diagnosticò
:- Non aviti nenti, stati megghiu i mia, chi mi facistu viniri a fari a sta ura ?
L'americano avrebbe voluto protestare ma il sollievo di sentirsi dire che non aveva niente era trppo forte, licenziò il medico dicendogli che sarebbe andato a trovarlo (il solito chilo di pescespada)
Mentre si vestiva mi disse sottovoce:
:- Chiama a n'autri dui ch'indi facimu nu romino -
Ancora oggi, quando ci penso, non riesco a capire se era stato veramnete male o s'era stata l'immensa solitudine che lo colpiva quando noi ragazzi, distratti dalla vita, non l'andavamo a trovare

lunedì 18 maggio 2009

Amore con la effe maiuscola

Una storia d'Amore scritto così con la a maiuscola e sotto il sole di Favazzina il caso non ha voluto che fosse per cui in mancanza di materia prima potrei finirla qua e sarebbe salva la mia partecipazione alla rubrica settimanale e sarebbero salvi gli eventuali lettori. Non sarebbe giusto. Per rispetto verso l'attuale titolare della rubrica settimanale parlerò di un altro amore tralasciando storie storielle storiacce che pure ci sono state ma che né il tempo e nemmeno la paglia portarono a maturazione: nespole marcite acerbe.
L'amore di cui voglio dire venne alla luce, alla lettera, in un giorno invernale e non potevo ancora sapere che sarebbe stato un amore per sempre: fra tutti gli amori, quello codificato nei geni e nella genia, nel sangue e nella terra. Amore contrastato, di abbandoni e riavvicinamenti, mai goduto del tutto e mai sopito. Andarsene zingaro per il mondo e attraversare il tempo seguendo una traiettoria che fatalmente -mi accorgo ora- conclude il suo tragitto là dove ha avuto inizio, descrivendo una figura geometrica che non saprei definire: un' ellisse esistenziale, forse. Andarsene assetato di conoscenza e tornare ubriaco di definitive (in)certezze. Ora che siamo già oltre la metà della rotta, dopo aver doppiato il capo della lontananza estrema, ritorniamo regredendo dal futuro e progredendo alle origini. Verso un vicolo che non calpesto più, verso una casa che non abito più. Di una patria dolce e amara. Come un amore con la effe maiuscola.

Fine delle fatiche

Cari amici blogger,

comunico a tutti che oggi ufficialmente è terminato il montaggio dei mobili della mia casa. Questo che vedete in foto è l'ultimo pezzo. Il mio studio. Tutto rigorosamente Ikea (come è facile capire dal tipo di mobili). Finalmente ora ho un posto per utilizzare il mac e per divertirmi con tutti voi sul blog. A proposito quando ci vediamo a Favazzina? Fatemi sapere le date orientative nelle quali sarete presenti. Io ci sarò quasi sicuramente nel periodo di Ferragosto e forse riuscirò a strappare anche una settimanella a luglio.

Coppa Italia



sembra che avete vinto solo voi.
tutti gli altri zeru tituli

sabato 16 maggio 2009

INTER CAMPIONE D'ITALIA

Dedicato agli amici neroazzurri. Agli altri, in bocca al lupo per il prossimo anno: c'è un secondo posto da conquistare.

DOMANDA DEL GIORNO


Ma dove siete spariti?????
Già tutti in ferie?
Il blog attende nuovi post! CORAGGIO!

mercoledì 13 maggio 2009

U Mister e a storia d'amori....

Chiddurastazzioni... cuminciu ieu.... (ma forsi restu puru sulu ieu!!!!)
Figuriti... tanti si vergognavano e si indisponevano a rispondere ad un famoso sondaggio del negretto " con chi vorresti prendere un caffè eccc " e ti aspetti che rispondino alla storia d'amore?????!!!!!! ummhaaaaa cmq

Estate... nn ricordo quale,facevo il "bagnino" al mitico TOPP lido.
Una mattina tra il primo e il secondo ombrellone della prima fila lato marina,arriva una strafiga... come al solito mi catapulto ad aprirgli l'ombrellone, da lontano era strafiga!!!! ma i vicinu??????annatru pocu pirdiva puru a parola... cmq in quel primo giorno ci fu solo il buongiorno e la buona sera e qualke sgardo durante la giornata .
Ancora sapevo poco di quella misteriosa ragazza ma con il calar del tramonto nella mia mente passava di tutto.... "minchia cusapi si torna? ; ma chi sugnu sceccu,non nci putiva riri comu si chiama almenu ecc ; ) ma la fortuna era con me.....
Infatti la sera mentre mi trovavo seduto nto bizzolu ra villa i gangeri.... dalla piazza arriva lei come per magia...
- io : Non nci criru.... stai sugnandu!!!! troppu suli pigghiaia oggi!!!!!
e invece no!!! era lei... ma haime... non era sola era con un ragazzo e con una signora cliente del lido. (non vi scaddati !!!!! non nci fu ancora nenti !!! solo buona sera!!! )
Ma gia pensavo al giorno dopo... (si si... tu ricu ieu rumani !!!! :) ).
Il giorno dopo al mare la conosco!!!! dopo i piu e i meno... diventiamo amici... facciamo il bagno insieme,ma la cosa piu importante quel ragazzo con lei era il fratello (CHI CULU!!!! ).
EEEeee che altro dire... da li in poi naccue una bella e profonda amicizia... ;) .
Questa è una della mie prime storie (avventura,storia estiva,scappatella,sesso, tanta passione ecc) ma dire storia d'amore sotto il sole di favazzina mi sembra prendere ingiro il nostro paese!!!! perchè personalmente parlando il sole di favazzina me ne ha offerto tante e indimenticabili storie e no una !!!!!! ...questo è il potere e la magia di favazzina!

sabato 9 maggio 2009

Una storia d 'Amore nata al sole estivo di Favazzina...... una storia da raccontare

In armonia col mese di maggio, il mese dei risvegli, propongo l'argomento sentimentale. Ciao

Quando il gallo canta

"Il giornale X ha fatto un titolo in cui si sottintendeva una mia frequentazione con una pollastra che compiva il compleanno quel giorno e quindi, fino al quel momento, minorenne. E' tutta una menzogna (Il gallo Papi a Rai 1, Porta a Porta, 6 maggio 2009).

"Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che lui desidera da me. Poi, cantiamo assieme"
(La pollastra mino- in transito-maggiorenne, intervista al Corriere del mezzogiorno 28 aprile 2009)

Chi dice la verità? Nel frattempo, breve pausa per una canzone
"Cuccurucucù paloma ahi ahiai ahiai cantava"

U grecu e la canzone indimenticabile



.... e infine ecco la mia. Sono i mitici Duran Duran a Sanremo nel lontano 1985. Vabbè... ci sarebbe molto da dire sulla qualità dell'esecuzione (completamente in playback), ma fu questa canzone a farmi appassionare alla musica e al mitico synth-rock degli anni '80.

Per il prossimo argomento passo il testimonee a Chinnu.

La canzone indimenticabile

Buonasera cari amici,
interessante ma molto difficile l'argomento postato dal Grecu.
Scegliere una solo pezzo è impresa ardua ma a quanto pare necessaria, e quindi dirò che musicalmente la canzone per eccellenza credo possa essere Stairway to heaven dei Led Zeppelin, proprio perchè alcuni anni fa cambiò il mio modo di ascoltare la musica, ed un po' anche quello di vedere le cose.
Per il significato invece mi affido alle parole di Bob Dylan in Blowin' in the wind, sperando di potergli affiancare presto in risposta A change is gonna come di Sam Cooke.

Saulti

venerdì 8 maggio 2009

La visita

Una sera d'inverno a casa di Rocco C. detto l'americano, si giocava a ramino, per l'americano "romino", in quattro, oltre me e l'americano c'erano Mario P. detto Firriolo e Rocco G. detto u "nchiumbu".
Si fumava come turchi e in assenza di posacenere, si buttava tutto per terra.
Per spegnere i mozziconi, carcagnati
La sorpresa
Suonò il campanello di casa, poteva essere chiunque, la "White House" era un porto di mare, ad ogni modo l'americano, un pò scocciato, chiese:
:- Cu è ?
Una voce di donna rispose:- Amici -
L'americano si era completamente dimenticato che alcuni suoi amici di Reggio, ai quali teneva moltissimo, avevano promesso di andarlo a trovare proprio quella sera
:- Just a moment, please - supplicò
Bisognava in pochi minuti rendere presentabile la stanza che fungeva da cucina, salotto, bisca.
Mario, armato di scopa, raccoglieva mozziconi, cenere, polvere contemporanea e di altri tempi, riviste, giornali, più che firriolo pariva un tornado
Rocco lavava bicchieri, piatti, pignati, bucali, tielli, era talmente veloce che una lavastoviglie nc'ha putiva s....
U mericanu, cu na pezza bagnata, strofinava tutto quello che gli capitava a tiro, ma era talmente lorda che peggiorava la situazione
L'unico a non fare un cazzo, modestamente, ero io, m'inzuppava a taralla, gli altri, non so perchè, non ci facevano caso, come fosse normale, s'incazzavano solo quando davo qualche suggerimento per l'espletamento delle pulizie.
Finalmente era tutto a posto o quasi
:- Buonasera don Rocco, che bella casa, cosa facevate di bello ? -
Erano quattro zitelle ed un zitellone, brutte come na malanova, ma per l'americano oramai settantenne, erano come petali di rosa.
:- Facevo un romino con questi amici mentri vi spittava - rispose zucccheroso lo yankee
:- Continuate pure a giocare, ci piace guardare, così ci spiegate il gioco - e si misero alle spalle dell'americano
Il dramma
L'americano parlava solo lo slang newyorchese e il dialetto favazzinoto antico, quando doveva affrontare la lingua italiana era uno scontro, faceva crollare muri,
soffitti, armacie, provocava frane, ogni due parole ne sbagliava tre e mentre spiegava il gioco alle zitelle, il suo repertorio si arricchiva di neologismi.
Educatamente gli ospiti facevano finta di niente, invece noi ragazzi trattenevamo a stento le risate e continuavamo a giocare.
O natura maligna, perchè mi hai fatto così poco rispettoso delle convenzioni, con il piede sotto il tavolo toccavo Rocco G. ogni volta che l'americano sparava na cantunera i muru, perchè ? perchè sapevo che Rocco non avrebbe resistito, che sarebbe scoppiato.
Infatti, all'ennesima trovata americana, tipo :- Signurina, a viriti sta queen, non mi serbi, ora la scartu -
Io raccolsi la queen e chiusi il ramino e l'americano stizzito aggiunse:
:- Questo giovine avi u culu quantu na sparrazza -
A questo punto a Rocco vennero le convulsioni, dalle risate si sdraiò per terra, e cosa terribile per l'americano, trascinati da Rocco, tutti ridevano a crepapelle, compresi i petali di rosa, anzi, la meno brutta chiese:
:- Don Rocco, cos'è la sparrazza ? -
Un carico da undici
Don Rocco non sapendo rispondere in italiano, commentò altero :- Iddu u sapi -
Si piangeva, cari lettori, si piangeva dalle risate
La bufera
Andati via gli ospiti, che continuavano a ridere anche in auto, l'americano si rivolse con occhi spiritati a Rocco e gli disse:
:- Porcaruso -
Poi rivolto a me e Mario :- Porcarusi, a casa mia non si gioca più - dicendo per la prima volta una frase intera in italiano
All'indomani sera, sulla soglia di casa, l'americano aspettava con le carte in mano i tre giovanotti, che come al solito, senza dire niente, si sedettero a giocare


P.S. - Quel ramino chiuso ad incastro con una donna di fiori, bellissimo, non mi venne mai riconosciuto, ed io, dati gli eventi, non portai rancore

mercoledì 6 maggio 2009

MAGGIO : il pescespada...

Maggio, quando si parla di questo mese mi viene in mente la pesca del pescespada. La pesca,qui da noi, e ancora praticata con l'antica tradizione, Feluca e arpione. I maestri di questa pesca sono a sparsi per lo stretto e fuori, Bagnara, Scilla, Ganzirri..ecc. Affido a questo blog alcune foto...



LE SERE DI MAGGIO

Il tocco di campane
a sonar vespro, chiama
nelle sere di maggio,
in chiesa i fedeli
a recitare il rosario.
Curve le vecchiarelle
sempre vestite di nero,
a passi lenti
si avviano per tempo
a cominciar le preci.
All'annuncio
del quinto mistero,
arrivano infine le ragazze,
prendono posto in fretta
e lanciano sguardi furtivi
ai giovani in paziente attesa.
Muti s'intrecciano dialoghi,
fatti di lunghe occhiate
e brevi cenni d'intesa;
taciti nascono così
dei nuovi amori.
Finita la funzione
si scambiano sorrisi,
contatti lievi, fugaci,
e lo sfiorar di mani;
un gesto, una parola, un fiore.
Stasera anch'io
all'uscita della chiesa,
darò al mio amore
la mia prima rosa.

martedì 5 maggio 2009

Spusey e la pecora innamorata

Mario u medicu, detto lo Smilzo era stato chiaro e perentorio:
:- Signora, ieu sugnu nu medicu ri cristiani, pi pecuri 'nci voli u veterinariu, non insistete se no vi iettu fora -
Cummari 'Ntonia era disperata.
Rosina, la sua pecora più giovane e più bella, delle dieci che possedeva, da un pò di tempo non mangiava più, sospirava e girava il musetto dall'altra parte, belando flebilmente, cominciava a perdere il pelo, anzi la lana, a mazzi.
:- Cumpari, m'aviti aiutari, Rosina non mangia cchiù - chiese a Spusey, suo vicino di casa
:- Cu è Rosina ? -
:- A me pecura prediletta, mi sta murendu -
:- E chi sugnu veterinariu ? Cummari, sbagghiastu persona -
:- Ma chi è stu veterinariu, u medicu no, vui no, fattu sta ca pecura sta murendu e se mori idda moru puru ieu -
:- Minchia chi rumpimento di palli, sempri esagerata - pensò Spusey e disse:
:- Va bene, vediamo quello che si può fare, se la faccio guarire però vogghiu dui buttigghi i rosoliu, i chiddu chi faciti vui -
Telefonò al medico
:- Puru tu ti metti Spusey, mi rifiuto di visitare una pecora, non sunnu fatti comu e cristiani, e poi c'è il veterinario.....chi dicisti, rosolio, dui buttighi, una l'unu...si poti fari -
All'indomani mattina i due amici accompagnarono la donna all'ovile.
C'erano nove pecore ed un montone, una di queste sdraiata sul fieno li guardava con occhi spenti, rinsecchita, si vedeva che stava male
:- Ma comu mai chista sta mali e l'autri sunnu boni, mangianu a stessa erba ? -
chiese il dottore
:- Certu mangianu insiemi, ma Rosina da quandu mi vindia u muntuni giuvini, Roccuzzu, non mangia cchiù, dui muntuni ne putiva tiniri pirchì si sciarriavanu sempri -
:- Perfetto, ecco la diagnosi, Rosina è innamorata,sente la mancanza, ricomprate Roccuzzu e Rosina guarisce - disse il medico
:- Non pozzu, u vindia a chiddi ra festa i rumani, c'è u tiru o muntuni e mi rissiru che ormai è tardi -
Spusey nel pomeriggio andò a trovare Le Long sul molo, stava pescando
:- Rumani, ti scrivi pu tiru o muntuni - disse Spusey
:- E tu rumani ti scrivi ma fai 'nto culu - rispose Le Long
:- Non scherzare, ho bisogno di te, non puoi rifiutarti -
:- Ma se in vita mia non sparai mai un colpo i fucili, come puoi pretendere che partecipi ad una gara, col rischio che ammazzi qualcuno -
Spusey raccontò la storia ed espose il suo piano a Le Long che pur bestemmiando, come al solito, accettò.
Lo teneva in una vecchia cassa, ricordi lontani, quando era un tiratore scelto della polizia, all'inizio della carriera, il fucile ad alta precisione era ancora in ottimo stato, ora bisognava montarlo, controllare le cartucce, riprendere un pò di confidenza.
Il piano era semplice, Le Long avrebbe partecipato alla gara del tiro al bersaglio sparando in alto e Spusey alle spalle, nascosto arretu a nu sipaluni, avrebbe fatto fuoco contemporaneamente, cercando di fare centro e vincere il montone.
Il rischio era che se qualcuno se ne accorgeva, Le Long avrebbe passato un brutto quarto d'ora, ma essendo specializzato nella fuga il rischio rimaneva minimo a meno che, qualche pazzo, volesse fare il tiro alla lepre.
Era il mattino di un radioso giorno di settembre, festa ra Cruci, protettrice del paese, dopo la funzione religiosa tutti i cacciatori del paese e dei dintorni erano convenuti sulla piazza delle Rimembranze e sullo sfondo del mare, alla fine della piazza, si ergeva il bersaglio.
Accanto, legato ad un palo, c'era Roccuzzu, magnifico montone, adornato di fiocco rosso al collo, ignaro della sorte che l'aspettava, se la tirava pure, convinto com'era di essere bello, di Rosina nemmeno un pallido ricordo, roba di una botta e via, maschilista, mi ricorda qualcuno che ultimamente si fa chiamare papi.
Equipaggiato con un vecchio fucile di suo padre, Le Long, faceva la fila per l'iscrizione, era un intruso, i cacciatori lo prendevano per i fondelli:
:- Aundi vai cu stu ferru 'rruggiatu ? - dicevano
:- Viri chi cartucci si mettunu 'nte canni e no 'nto culu ru fucili, non sunnu supposti - diceva 'Ntoni detto Mali i Testa, sfottendo
:- 'Ntoni viri cu u toi mali i testa non è dovuto all'emicrania, ma e corna chi t'annu a spuntari - rispose piccato Le Long
Sparò per primo cumpari Ddecu i Sulanu, in perfetta tenuta da cacciatore e cane accanto, fece volare un pezzo di bersaglio, ma lontano del centro.
Subito dopo cumpari Ciccu ru Tagghiu colpì di striscio una cavagnola che si trovava passandu 'nta nu tagghiu di rema, con poco rispetto, la cavagnola, lo mandò a cagare.
Poi venne la volta di cumpari Brunu che scavò una fossa a trenta metri dal bersaglio ed ebbe il coraggio di dire :- Sbagghiai di pocu -
Cumpari Ciccu ra Mulia, detto l'Orbu, smentendo la sua ingiuria. andò vicino al centro, cinque centimetri sotto, oramai era considerato il vincitore.
Arrivò il turno di Le Long, l'ultimo, pantaloncini corti e ranfuli da mare, era un'offesa vivente a tutti i cacciatori presenti, equipaggiati con pantaloni di fustagno verde bottiglia, gilet con cartucciera incorporata, coppola d'ordinanza, cani di punta, cani di riporto, cani e basta, e poi doppiette, sovrapposti, automatici, mitra, mitragliatrici, bazooka, fionde, coltelli.
Come convenuto, al tre, Le Long sparò, stranamente si sentì come una eco, e poi nel centro, proprio nel centro del bersaglio, un buco perfetto, preciso, vincente.
Fu il trionfo, i compaesani felici lo sommersero, dimenticarono gli insulti, le prese per il culo, il montone sarebbe rimasto al paese e come sempre alla sera, tra canti e balli, l'avrebbero mangiato.
Scambiare il montone fu facile, tanto nella pentola sono tutti uguali, Roccuzzu la fece franca (come tutti i prepotenti), Rosina si riprese e poco dopo diede alla luce due splendi agnelli, cummari 'Ntonia contenta, mantenne la promessa, anzi non due, ma tre bottiglie di rosolio.
Davanti all'ultima bottiglia di rosolio i tre amici commentavano:
:- Minchia Spusey, l'hai messo proprio nel mezzo, ma da dove hai sparato ? disse il dottore smilzo
:- Da strada ra stazioni, e ch'inci voli -
:- Ma non è che sono stato io a fare centro ? disse Le Long vanitoso
:- Impossibile, la tua cartuccia era a salve, non mi fidavo, era capace che sbagliavi pure a sparare in aria -
:- Quandu fai cusì mi fai 'ncazzari, a prossima vota non mi chiamari -
Ma scendeva il rosolio, scaldava l'anima, scaldava i ricordi, scaldava l'amicizia dei tre compari, tanto diversi e pure tanto uguali

Peppi L. fotografo

Quando il blog si trova in posizione di stallo è il momento di fare ricorso alle storie dei personaggi del passato e di aprire lo scrigno dove sono nascosti gli amori, l'arme e le audaci imprese dei nostri eroi che furo al tempo de le sciarri infra popoli fratelli e coltelli.

Anni settanta. Sul corso di Bagnara il nostro compaesano Peppi L, che s'era preso di passione per la fotografia, con in mano una macchina fotografica ultimo modello, iava scattandu fotu paru paru. Immortalò la panoramica del corso, gli scorci delle viuzze laterali, na cannistra di mulingiani e pipi (natura morta), na spasa i pasti i De Forti e quattru spatuli in bella vista nto bancu pisci. Tutto attirava la sua attenzione: le bagnarote nelle vesti tradizionali e pure una bella signorina affacciata al balcone di casa. La inquadrò nel mirino e le si rivolse a voce alta: -Signorina posi, posi verso di me.- Era quasi pronto per scattare la foto quando si udì una voce che ingiunse: -Passa pì jintra!- e poi verso il fotografo sottostante: -Spetta jocu chi ora scindu e ti posu ieu du tumpuluni nte mussa!- Il nostro fotografo non poteva andarsene senza mi faci u diu ra malaviruta e quando il loggionista scese al suo livello cercò dapprima di schivare na puntata drittu pì drittu nte palli e poi na pacchira parzialmente attutita con la guancia destra. -Spetta, chi fai? ti pozzu spiegari.- -Tu, a me soru, non là nzurtari!- -Na stava nzurtandu, nci vuliva fari na fotografia.- -E cu tu resi u permessu?- e via natra maschiata anche questa non completamente a segno. Comu fu comu non fu, si ritrovarono dentro la casa del bagnaroto e cosa successe non si seppe mai. Gli amici ogni tanto provocavano:-Ma chi succiriu dà intra, ti spasciaru di corpa?- Peppi rispondeva sempre così: -Ieu amicu trasìa e amicu niscìa. Puntu e stoppi!-

Poi, come cambiano le cose. Qualche anno dopo, nel vicolo dove Peppi viveva, una ragazza scattava foto e casualmente le capitò di inquadrare anche il nostro amico. -Signurina, vui m'aiti a dari u rullinu.- -Ma perché? è solo una fotografia.- -Signurina ratimi u rullinu. Vui non sapiti a quali conseguenzi poti purtari na fotografia.-
Memore della sciarra bagnarota o garante della privacy antelitteram, cusapi?

sabato 2 maggio 2009

U Russu e la canzone indimenticabile

Wish you were here - Pink Floyd

http://www.youtube.com/watch?v=3DXCHa9BYfE&feature=related

Avevo non piu' di 14 anni quando ho scoperto questa nuovo genere di musica
e il mio mondo lo cominciai a riscoprire e reinventare.
Nel contesto di Favazzina Blog il titolo lo cambierei ...

Wish we were there