Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

venerdì 5 febbraio 2010

L'autista

Fummo poveri e ce ne fottemmo altamente, come diceva Santino. Nemmeno ce ne accorgemmo delle privazioni, ci sembrava che nel paese ce ne fosse abbastanza per i nostri bisogni di bambini con le croste di sangue alle ginocchia e di muco alle narici. La campagna forniva di che vivere e di che spaccarsi le ossa, qualche impiegato delle ferrovie o di altro ente dello stato conduceva un'esistenza leggermente meno gravosa, per tutti c'era il circolo e c'era la chiesa. E c'era Santino, l'autista. Le automobili, quelle sì che erano rare e prima che diventassero superflue furono utili: capitavano spesso l'appendicite acuta di un bambino, il malore di un anziano, l'accidente a un contadino. Per questo c'era Santino, servizio pubblico con auto privata, con la millecento bianca. La rimessa l'aveva alla filanda per cui doveva passare sempre dalla piazza. Quando vedevo quella macchina bianca pensavo che c'era qualcuno da qualche parte che stava male e mi stupivo di quella guida sempre tranquilla non sapendo che perlopiù trasportava verso uffici senza nome chi aveva premura, tanta da non potere aspettare il treno ma non tanta da scapicollarsi e allora Santino guidava così, fottendosene altamente. Mi sarebbe piaciuto salire sulla millecento bianca ma non ci riuscii mai, nemmeno quella volta che mi spaccarono l'arcata sopraccigliare sinistra con una mazzacani nta marina. Mi soccorse il signor Aurelio e mi portò con la sua auto all'ospedale di Scilla: sutura con due graffette metalliche e che bravo questo bambino che non piange. Che ne potevano sapere? avevo cazzi per la testa, meditavo vendetta: il feritore, mio vicino di casa nta vinedda, me l'avrebbe pagata se non oggi stesso, domani. Domani, sì l'indomani, partì per l'Australia e non l'ho più visto, è la verità e se non ci credete me ne fotto altamente.
Fummo ricchi e non ce ne accorgemmo, la campagna dava frutti miseramente sproporzionati allo spaccamento del mazzo, altri bambini si sbucciavano le ginocchia su strade ora asfaltate, c'era il circolo e c'era la chiesa. C'era Santino, gestore di telefonia. Ora che le macchine aumentavano di numero aumentava pure il numero nelle targhe, quelle delle grandi città del nord quasi non riuscivamo a decifrare, mancava il puntino del decimale, un amico di Solano riferendosi all'auto del cognato emigrante disse ch' aiva na murra i numiri e nu TO.
Era evidente che un servizio pubblico di trasporto non serviva più. Tutti avevano la loro automobile e andavano e dove cazzo andavano dovevano comunicare. Occorrevano telefoni. Nell'ingresso della sua casa alla filanda Santino adibì, piazzò una specie di scrittoio come segreteria e chiamò la Sip che collocò una cabina telefonica nell'angolo diagonalmente opposto all'entrata.
L'ambiente era pulito ma angusto e si muriva di caddu, figuratevi dentro la cabina, per questo il signore del nord lasciò la porta socchiusa sperando in un refolo d'aria e mentre parlava al telefono s'avvide che Santino armeggiava nei pressi. Mise giù la cornetta e uscì incazzato, dopo aver educatamente offeso quel paese di zulù dove non c'era nemmeno una cabina telefonica per strada, dove non si pretende l'aria condizionata ma almeno un ventilatore, concluse dicendo che non è educato stare ad ascoltare la gente che parla al telefono.
Santino lo guardò con gli occhi placidi del guidatore prudente e disse:
-Di quello che dite del ventilatore, nci pozzu pinzari. Di quello che dite al telefono, me ne fotto. Altamente.

5 commenti:

Spusiddha ha detto...

Molto bella Mario la tua storia su Santino, figura emblematica della Favazzina di una volta.
Io però sono stato più fortunato di te e la millecento bianca ho avuto la fortuna di prenderla per ben tre volte.
La prima quando ho fatto la prima Comunione per andare a Bagnara a fare le foto, la seconda per andare a l'ospedale a Scilla quando Ciccio Carnera mi spaccò la testa con una ciappa, la terza ed ultima per andare a Bagnara prendere il treno quando sono partito militare.

u'longu ha detto...

Bella storia Mario, una storia favazzinota.
Quanti personaggi nel nostro micromondo, che purtroppo per noi, ma specialmente per loro, non ci sono più.

chinnurastazioni ha detto...

Bella Mario, il progresso è inevitabile. I servizi si trasformano, oggi è tempo di Lidi. Bei ricordi mi legano al telefono e alla Fiat 1100 di don Santino.

u Grecu ha detto...

Bellissimo post. Ricordi stupendi. Tra un po' vi stupirò con altri ricordi, magari un po' più prosaici, ma altrettanto significativi!

romanaccia ha detto...

Complimenti. Grazie.