Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

martedì 16 febbraio 2010

L'ultimo carnevale

Sentite, vi sparo l'ultima bombetta di carnevale: se avete fornelli accesi, smorzate, se dovete mangiare fatelo prima mi si rifridda, ma il mio consiglio è di impiegare meglio il vostro tempo e evitare.
Se non avete seguito il mio consiglio seguitemi ancora, vi insegno un bellissimo gioco di carnevale ormai estinto. Se si sono estinte le civiltà precolombiane cosa volete che sia la scomparsa del gioco ru ligneddu, il nostro baseball che andava in scena al Giant's Rimembranza. E scarricasali chi lo ricorda? era un ponteggio umano fatto da ragazzi sistemati a pecurumbè uno dietro l'altro, gli avversari ci montavano sopra dopo una rincorsa e dovevano farlo crollare concentrando il peso su un preciso elemento, quello che valutavi il più fragile.
C'era mmucciatedda nta filanda, il reticolo di viuzze si prestava, c'erano le ciappe e c'era tanto da fare che non s'aveva tempo mancu mi si vai a luttrina.
Questo a Favazzina, ma il gioco estinto di cui vi voglio parlare si faceva a Reggio, si poteva fare solo in città. Era il vero gioco di Carnevale e si chiama cacciacappeddu. Occorre un viale da passeggio quando è sera, un filo aereo (i cavi telefonici sono perfetti) esteso tra un edificio e l'altro di una traversa che confluisce nel viale, uomini con il cappello, almeno cinquanta metri di pilivermu di spessore adeguato ( non so di che calibro, anzi sono ammirato quando sento quelli che dicono del 14, no del 18, meglio del 22, non ci capisco), una molletta di legno quella da stendere i panni: il gioco è pronto. Non mi dilungherò, avete capito come funzionava.
Si lega la molletta a un capo del pilivermo, si lancia in aria facendole oltrepassare il filo sospeso della Sip, il cacciatore di cappelli nasconde la molletta in tasca e aspetta, il manovratore controlla la cattura qualche metro più in là nella traversa, gli altri ragazzi fanno le comparse cercando di rallentare l'andatura del soggetto preso di mira.
L'agguato si porta alle spalle, si pinza la tesa del cappello e contemporanemente si aiuta lo scappellamento scalzando leggermente dalla testa, il manovratore tira e il cappello e là beffardo a mezz'aria che galleggia e fluttua. La reazione dello scappellato in genere è mite, di sorriso, lo stesso che ti viene istintivamente quando il vento te lo porta via e rotola per la strada, a quel punto il cappello si fa scendere alla portata ma quando il legittimo proprietario l'ha quasi ripreso glielo sfili sollevando e qua ci vuole la perizia del manovratore: ce n'erano di quelli che avevano una fama tale da essere chiamati a manovrare sul Viale Quinto, in via Aschenez, a Tremulini, dovunque si scappellasse.
Lo scenario più importante dove si faceva questo scherzo era corso Garibaldi. Vuoi per l'abbondanza di passeggio, vuoi perchè c'è la tribuna offerta dalla scalinata del Teatro Comunale, il cacciacappeddu nel corso era spettacolare, una location ambita anche per la varietà delle vittime.
Il parroco di Sant'Agostino saliva la vasca verso nord, la faccia dipinta dell'usuale bonomia, quando vide il suo cappello, quella specie di disco volante che poco fa aveva in testa, salire a mezz'aria reagì da uomo pio qual era, benedetti figliuoli ma che birbantelli. Sarà che quella specie di torta era pesante, sarà che il cacciatore l'aveva agganciato male, la molletta cedette e il cappello finì sul tetto del 7 barrato Eremo botte-Gebbione. Occazzu, u me cappeddu, disse il reverendo. Tutti a schignazzare a urlare a curriari l'autobus. L'autista fermò agli schiamazzi ma si rifiutò di far salire sul tetto chicchessia. Il cappello lo recuperarono i pompieri venuti appositamente da Piazza Castello.
La mia banda faceva il cacciacappeddu sul viale Galilei, prossima periferia sud. Rione di ferrovieri e pescatori, altro che lustrini e luci del palcoscenico come al corso, qua passavano uomini che ne avevano per le palle di scherzare dopo una giornata di lavoro duro, qua rischiavi puntati nto culu di brutto.
Sono ancora convinto che l'uomo avesse subodorato, finse di stare al gioco poi come un lampo saettò verso il posto di manovra. Scappammo e mentre scappavamo Consolato Z. spero involontariamente mi sgambettò. Mi spaccai il naso sull'asfalto, qualcuno mi accompagnò a casa che ero stordito e nzanguliatu.
Mio padre s'incazzò per tre motivi: era sicuro che avevo fatto a botte, vedeva che le avevo prese e aveva dovuto interrompere la visione di uno dei suoi western televisivi preferiti.
Ero avvilito, il dolore non era importante mi faceva più male non essere creduto. Non credo c'entrasse l'emulazione forse capì che doveva allentare la tensione scherzando, venne al mio lettino con la bottiglia in una mano e un bicchierone nell'altra, disse :
-Bevi un goccio di whisky, ti farà bene-.
Avevo la testa e gli occhi offuscati , sicuro, ma vi giuro che lo riconobbi, col fazzoletto attorno al collo e un gilet di pelle. John Wayne, preciso.

5 commenti:

arcade fire ha detto...

chevve devodì, a volte (anche spesso) riesce solo il buco, nell'acqua

u'longu ha detto...

Bella Mario, spero che i reggini abbiano mantenuto l'usanza.
Sicuramente usavate un pilivermu di 18 o al massimo 20 mm, tale misure sono resistenti e quasi invisibili.
Dobbiamo organizzare, quandu simu a Favazzina, na partita o ligneddu, anche se sarà difficile trovare lo spazio.
Ambedue abbiamo avuto padri molto seri, tutti d'un pezzo, ma molto spiritosi, quando ne avevano voglia.
Non ci sarò per qualche giorno, sono nella Ville Lumiere con la consorte, che fa rima cu malasorte ed in questo caso non da bagnarese.

arcade fire ha detto...

Buon divertimento Le Long. Consorte chi? Quello di baffino, facce sognà? Saluti alla signora

romanaccia ha detto...

Sicuramente meglio delle bombolette sparastellefilanti e l'inventore deve essere stato un genio. Ma i cappelli non si portano più.

chinnurastazioni ha detto...

Pazzo pazzo Carnevale, ndi ficimu sempri micciu, ho dei ricordi bellissimi, le risate tra di noi figghjioli, le
mille discussioni e poi colpi di fialette puzzolenti e polveri orticante lanciate per le strade o poggiate sulle sedie della profe. a scuola. Ancora oggi quando è possibile con il mio travestimento di Arlecchino cerco di non mancare alle sfilate che si tengono in paese e alle parate dei carri. Bella Mario manteniamoci giovani, almeno nello spirito. Posto Foto Arlecchino.....