Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

martedì 3 novembre 2009

U martorus

Suonavano le due campane al crepuscolo, tre tocchi con la grande, tre tocchi con la piccola, non si poteva sbagliare, era u martoru, le campane a morto, qualcuno del paese aveva raggiunto gli antenati, lasciando quella valle di lacrime che era la vita.
Non sono mai stato d'accordo sulla valle di lacrime, poteva essere che uno la sua vita l'avesse vissuta bene nella sua semplicità, nella bellezza del mare, delle colline, da sciumara, delle bianche spiagge allora immense, dei verdi vigneti carichi d'uva, dai limoni, un tresette con gli amici, fare l'amore al fresco ri vineddi.
Ma quale valle ? Se mai un'angolino, na cantunera, nu bizzolu di lacrime.
Appena le campane avevavo finito di suonare il loro drammatico messaggio, si aprivano le discussioni popolari su chi potesse essere il morto.
:- Oh mamma, cu muriu ?
:- Sicundu mia cumpari Roccu sa stutau, troppu iancu u vitti
:- ma chi dici ? U vitti a vigna chi zappuliava i favi, piuttosto cumpari Nicola, mi pariva nu pocu sbandatu -
:- Ma stativi zitti chi non sapiti i cosi, muriu cummari Ciccina, aieri sira c'era u previti...
:- Ma stai zittu tu, iaddu spinnatu, muriu cumpari Natu, chiddu chi rumpiva lu mattunatu -
Diverse volte, nonostante l'evento luttuoso, si rischiò la sciarra
I sospetti, naturalmente, cadevano sui vecchi e sugli ammalati, che a conoscenza del fatto, toccavano ferro o i loro attributi che lo erano stato
Molto spesso invece si trattava di gente che era morta lontano, in esilio, una sorta di contumacia, nelle lontane Americhe, in Australia, e allora i parenti più stretti rimasti al paese, tenevano una specie di lutto improvvisato, anche perchè non è che fossero molto informati
:- Muriu ?
:- Muriu
:- E comu fu ?
:- A mala sorti, oggi a lui dumani a vui -
C'era gente che aveva la patta dei pantaloni consumata a furia di toccarsi le palle
Dopo le esequie, si teneva il lutto, che poteva essere stretto, meno stretto, alla cazzo di cane, dipendeva dall'entità del dolore o da quello che si voleva dimostrare
Il lutto stretto costringeva i congiunti alla prigionia volontaria per diversi giorni, e allora si doveva fare "u visitu", ossia andarli a trovare per sorreggerli nel dolore.
Il visito si svolgeva in una stanza spogliata dai mobili per l'occasione (certo non erano dei Luigi XVI) per fare largo agli ospiti, con le sedie appoggiate alle pareti, si entrava e dopo aver baciato per l'ennesima volta i congiunti (solo la parte maschiele era presente)si esaltavano i pregi del defunto, dimenticando completamente i difetti, che ha volte potevano essere tanti.
Poi si parlava di caccia, del prezzo dei limoni, della stagione, del mare che avanzava, e dei ceddi i passu che quell'anno passavano volando troppo in alto (e menu mali)
Il lutto meno stretto si limitava al saluto al cimitero, dopo una fila drammaticamente lunga, si dicevano sempre le stesse frasi di circostanza:
- Fatevi coraggio - Simu nenti - U maru - S'indi vannu sempri i megghiu -
Quella che mi faceva impazzire era : Non ci posso credere -
Ma comu non ci posso credere ? Cchiù sicuru ra morti
Il lutto detto a cazzo di cane, come dice in parte la parola stessa, era dovuto al fatto che partecipavano quattro cani, perchè l'estinto non aveva congiunti, solo parenti alla lontana che sbrigavano velocemente la pratica, più per evitare critiche dalle comari del paese, che per l'effettivo sentimento dell'abbandono.
Scusate se vi sono sembrato un pò cinico, tutti quanti abbiamo i nostri morti, ma così vedevo le cose da ragazzo, e come dice il poeta "non volli tradire il bambino per l'uomo"

5 commenti:

arcade fire ha detto...

Bella Mimmo. Ricordo il primo lutto che mi ha riguardato da vicino: la morte del mio adorabile nonno N. Come dici tu nella chiusa, guardavo come guarda un ragazzo e non potrò dimenticare le numerose spase di pasti, cafè, zuccuru, cibo cucinato caldo e cibo cucinato freddo che arrivavano in casa. Si sa il dolore annichilisce e pur sempre il corpo reclama sostentamento. E' un'usanza che non mi piace molto.

Spusiddha ha detto...

Altro che cinico!
Hai descritto perfettamente e come solo tu sai fare, l’atmosfera carica di curiosità che si respirava, ogni qualvolta Guglielmo suonava il mortorio.
Più che il dispiacere era la curiosità che animava le persone e se non li toccava direttamente la frase era più o meno sempre la stessa «Tutti imu a murii» e, toccandosi le palle, sottovoce «Mugghiu a iddu».
Grande Longu!
Mi pari chi imu a sunari u mortorio puru pu blog!

romanaccia ha detto...

Per questo volevo morire a Favazzina, poi troppo sbattimento.
Molto bella e molto ben detta Longu.

u'longu ha detto...

Mi è venuto il martoru ca "esse", non era una finezza linguistica ma un semplice errore di digitazione, capita.
Grazie per i commenti, ora basta con i sacramenti, solo pettegolezzi, se no s'indi vannu tutti

chinnurastazioni ha detto...

Ottima Mimmo, un funerale classico favazzinotu, i cinque rintocchi che allarmunu ù paisi.
"Megghju scruscju di catini, ca di campani".