Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

giovedì 30 aprile 2009

Post fotografico

27 Aprile ore 18.50.







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S.O.S. ESPERTO DI SOFTWARE CERCASI

INFORMATICA e FAMIGLIA



C'è qualcuno esperto di software che è in grado di aiutarmi?

Il mio problema è il seguente : Vent'anni fa ho cambiato l'applicazione
FIDANZATA 7.0 per l'applicazione MOGLIE 1.0 che ha generato subito
l'applicazione BIMBI 1.0 che occupa tantissimo spazio sul disco.

Le istruzioni non dicono niente di questo fatto. Ma ci che più mi
preoccupa è che l'applicazione MOGLIE 1.0 si autoinstalla su tutte le altre
mie applicazioni e in più si lancia automaticamente quando apro

un'altra applicazione fermandola.

Quindi applicazioni come: BIRRA_CON_GLI_AMICI 10.3 e CALCIO_DOMENICA 5.0
non funzionano più.

Qualche volta compare un virus che si fa chiamare SUOCERA 1.0 che blocca il
sistema oppure fa si che l'applicazione MOGLIE 1.0 si comporti in modo
molto preoccupante.

Ancora più grave è che non riesco più a lanciare l'applicazione
DOMENICA_NOTTE_DI_SESSO 3.0 e sembra che anche dei files come
SESSO_SABATO_MATTINA.EXE abbiano diversi virus perché non rispondono più.

Vorrei disinstallare MOGLIE 1.0 e reinstallare FIDANZATA 7.0 o magari
un'altra versione più avanzata,ma mi sembra troppo complicato e non vorrei
rischiare tanto anche perché BIMBI 1.0 mi piace molto. Sono disperato !
Aiutatemi !!!


RISPOSTA SOFTWARE HOUSE:

Gentile Cliente,

il suo problema è frequente tra gli utenti.

Ma il manuale d'istruzioni avvisa ( sull'ultima pagina) che passare da
FIDANZATA X.0 a MOGLIE 1.0 comporta dei rischi:

MOGLIE 1.0 non è più un'applicazione di divertimento come FIDANZATA X.0, ma
è un Sistema Operativo Completo fatto per controllare tutte le altre
applicazioni. Non è più possibile tornare alla FIDANZATA X.0 perché è stato
cancellato definitivamente.

Lo stesso vale per il virus SUOCERA 1.0 che comporta problemi di
compatibilità con tutti i sistemi ( è stato verificato!).

Quindi disinstallarla significa disinstallare MOGLIE 1.0 (che tra l'altro è
nata da SUOCERA 1.0). E' sempre meglio aspettare che SUOCERA 1.0 si
disinstalli da sola tra qualche anno.

Diversi utenti hanno provato ad installare AMANTE 1.0 ma i rischi sono
enormi: se, per caso, in quel preciso istante si autolancia MOGLIE 1.0 il
sistema andrà in tilt creando i virus: REDDITO_ALIMENTARE_BIMBO e
ROVINA_SICURA.

Se arrivi a questo punto e installi AMANTE 2.0 non provare più a passare a
MOGLIE 2.0 perché i problemi saranno maggiori.

Raccomandiamo CELIBATO 2.0 e tutte le versioni FIDANZATE X.0. Se non
l'avete fatto DOVRETE ESSERE PREPARATI a lanciare in ogni momento SCUSE.EXE
combinato con FIORI.EXE.

Le consigliamo di acquistare il pacchetto GIOIELLI con tutte le sue
versioni più costose, il pacchetto VESTITI_NUOVI ma soltanto le ultime
versioni e VACANZE_LUSSUOSE perché aiutano a far funzionare meglio MOGLIE
1.0.

Ad ogni intervento di MOGLIE 1.0 lanciare SI_AMORE.EXE e
HAI_RAGIONE_AMORE.EXE.

Fare attenzione ad un eventuale lancio di SEGRETARIA BIONDA_IN_MINIGONNA e
NON_RISPONDERE_AL _TELEFONO perché sono incompatibili con MOGLIE 1.0 e
possono causare danni irreparabili.

L'applicazione SESSO_SABATO_MATTINA X.0 si lancia soltanto insieme a
DIAMANTI X.0 ogni volta con un'altra versione.

Grazie per aver scelto il nostro prodotto e Le auguriamo buon divertimento.
Per gentile concessione di Max Cecc.

mercoledì 29 aprile 2009

Favazzinotiiiiiii

Buongiorno a tutti e buon lavoro

martedì 28 aprile 2009

Spusey e le formule magiche

Prologo
La granita perché sia ottima va preparata tutte le mattine seguendo un rituale di cronometrica precisione e alchemico equilibrio. Fino a poco tempo fa procedeva sicuro nel dosaggio e nelle miscele degli ingredienti però già da qualche giorno il Mago si era accorto che gli capitava di dimenticare qualche passaggio, gli sfuggiva l'aggiunta dello zucchero, non ricordava la quantità del caffè. -Vò viriri chi mi staiu nvecchiandu?- prese un foglio di quaderno e cominciò a scrivere.

Formule
"Salamoia: tot sale tot acqua
Caffè: numero ics caffè per tot chili di prodotto
Limone: tot decilitri di succo per tot chili di prodotto
Frutta frisca: tot per centu pa fraula, u stessu pì fica, ficazzani, muredda eccetera
Zuccuru: tantu e non cchiù
Miscitari u tempu chi nci voli non m'esti nè troppu ghiacciata nè troppu cacaredda."
Piegò u fogghiu an quattru e lo ziccò nta nu casciuni.

La perdita
Avevano cercato per tutto il giorno precedente, tiraturi casciuni ngrugni e ngagghi, ma il foglio non fu trovato. Di puro mestiere il Mago era riuscito a fronteggiare l'emergenza producendo una granita di buona fattura, solo gli intenditori si accorsero che non era perfetta. Bisognava risolvere il caso e nel più breve tempo possibile.
-Ziu, non ti preoccupari: u chiamaia ieu unu cu trova iddu u fogghiu- disse Pelè che aiutava il Mago al banco.
-Ma cà nc'è Spusey-
-Ma quali Spusey, ziu, nci voli u numuru unu.-

L'incarico
Fumo di Londra impermeabile alla calura estiva, venne al banco fragrante come un ghiacciolo all'arancia. -Don Peppinu, I presume?-
-E vui cu siti?-
-Bond, James Bond.-
Volle conoscere tutti i particolari, si sculau na vodka-martini con ghiaccio, scuotere non agitare, dopo di che partì a bordo della sua Aston Martin co-equipaggiata d'una lorda (definizione di Pelè) di cinematografica bellezza. Spusey osservò ascoltò e abbozzò un sorriso amaro, prese una sedia e si sedette accanto al tavolo dove Le Long aveva principiato a giocarsi na napulitana a spadi quinta.

La vincita
Passavano le mani di tresette, ora toccava a Joe Birrittedda che mentre si giocava un pezzo di venticinque udì come tutti lo squillo del telefono.
-Avi a essiri Bond, rispundu ieu ziu- disse Pelè.
-................-
-Aundi sì?-
-..................-
-Doppia curva? allura è 'a Musella.-
-....................-
-Scontro frontale, comu minchia facisti?-
-.........................-
-Chi domandi fai? Si guida a destra, certamenti!-
I danni erano limitati e JB poteva proseguire verso Bagnara e le sue gelaterie. Spionaggio industriale, quella era la pista secondo Bond. Spusey ascoltò e abbozzò un sorriso agrodolce, nel frattempo Natali, il socio di Le Long, si piombava u dui i bastuni.
Passavano le mani di tresette, ora era il turno del Perugino socio di Joe che, dopo aver dichiarato terzo liscio, disse: -Echeccà, mò sta a risquillà.-
-..................-
-Aundi sì?-
-.........................-
-Pirchì nta spiaggia?-
-............................-
-Chi cumbinasti? Chiddu è 'u scifulu pì barchi.-
Non s'era insabbiato troppo e le indagini potevano proseguire. Spusey ascoltò e abbozzò un sorriso zuccherino mentre Le Long incassava l'ultima tagliando con il re di denari la donna che Joe pensava di aver franca. In tal modo Le Long vinse la partita e disse: -Ah, come mi diverto. Peppino, due granite caffè con panna per i vincitori. Bravu Mago, finarmenti giustasti stu cazzu i tavulu zoppu.-
-Mimì, ieu non ngiustaia nenti.-
La traiettoria di sguardi interrogativi fu frantumata dall'azione di Spusey che chinandosi sollevò un piede del tavolo e sfilò un quadrato di carta piegata.
-Mago, vuoi scommettere una granita che questo è il foglio che cerchi?-

Finale
Squillò il telefono.
-..................-
-Aundi sì?-
-..........................-
-Sì, chidda è a nchianata ru Malupassu a Porelli.-
-.............................-
-Fundisti a machina? Nzamai a giusti, tornatindi pa casa. Il caso è risolto.

Vita da borboni

Il Brigante.


Uno slancio di nostalgia primaverile. Ho sempre pensato che quando sarò avanti con l'età, tornerò a vivere nella nostra terra. La scelta del luogo è importante e difficile, sono combattuto,non so se restare in questi luoghi estranei oppure tornare dove sono cresciuto. I luoghi nativi sono splendidi, caldi, accoglienti e pieni di profumi, quasi rimasti gli stessi nel corso degli anni. Si può essere vecchi e non aver visto niente della propria Terra, ma l'importante è starci, come diceva Sciascia. Semplicemente a contemplare il mare oppure i giardini colmi di piante di limoni.Un saluto dalla Sicilia

lunedì 27 aprile 2009

La domenica delle salme

Sono tantissime le canzoni che mi hanno accompagnato in tutti questi anni, De Andrè, De Gregori specialmente, sceglierne una e come fare torto a tante altre, che hanno visto nascere e morire amori, viaggi, ricordi.
Quella che in questo momento mi consola, che mi fa sentire vivo anche se dovrei essere morto per quanto riguarda i sogni, gli ideali, è La domenica delle salme.

"tento la fuga in tram, verso le sei del mattino, dalla bottiglia d'orzata dove galleggia Milano"

oppure:
"la domenica delle salme gli addetti alla nostalgia, accompagnano tra i flauti il cadavere dell'utopia"

Cos'è un uomo senza sogni ? senza un'utopia da raggiungere ? almeno tentarci, non stabilirsi limiti una sola volta nella vita.
Questa canzone che celebra il funerale del socialismo reale, dell'anarchia, per me celebra la rinascita di chi ama sognare, almeno ogni tanto, una società migliore.

domenica 26 aprile 2009

Breakfast at Tiffany's

"Se io trovassi un posto a questo mondo che mi facesse sentire come da Tiffany, comprerei i mobili e darei al gatto un nome" (Holly Golightly)


Non chiedetemi il perchè ma questa canzone per me è indimenticabile!

Donna Teresina

Donna Teresina abitava proprio all’ingresso del paese, subito dopo la casa di Franco B. per tutti Zorro, casa che un tempo era stata il primo bar di Favazzina, gestito da suo nonno, Giuanni u Rannatu.
Di fronte al bar vi era allora una fontana antichissima, una delle cose più belle del paese, (pure quella siamo riusciti a farci distruggere) ricavata in una nicchia sotto la strada Nazionale. Era alimentata da una sorgente che sgorgava dietro le case che vi erano sulla Nazionale e arrivava fin lì grazie ad un tunnel costruito sotto la strada e quando a Favazzina non c’era ancora la rete idrica, era l’unica fonte di approvvigionamento e la gente del paese con bumbuli e quartare andava ad attingere l’acqua per il fabbisogno domestico. Mio padre anche dopo preferiva quell’acqua e a pranzo e a cena sulla nostra tavola non doveva mai mancare
La casa di donna Teresina era appena più giù, quasi a ridosso del ponte ferroviario ed era una casa molto grande in considerazione al fatto che ci vivevano solo lei e la vecchia madre.
Donna Teresina faceva lavori di ricamo e le ragazze di allora andavano da lei a scuola per imparare a lavorare con l’uncinetto e a ricamare. Inoltre ogni quindici giorni si recava a Messina ed acquistava matasse di filo, spagnolette, uncinetti, aghi e tutto ciò che serviva per il cucito o il ricamo, che poi rivendeva alle donne del paese, che impegnate a lavorare nelle vigne e negli orti non avevano tempo per andarci. Era anche una donna molto devota e la sera al vespro e la domenica a messa era una delle prime ad andare in chiesa per recitare il rosario o intonare i canti religiosi.
Ma la ragione per cui era conosciuta da tutti in paese, era la sua famosa orzata che lei faceva con una ricetta segreta che, sebbene in molte avessero provato a farsi dare, non aveva mai voluto svelare a nessuno e che si dice si sia portato con lei nella tomba.
Nessuna donna era mai riuscita a scoprire gli ingredienti esatti che usava per fare la sua orzata, soprattutto le dosi, anche se le mandorle, la cannella, la vaniglia e i fiori d’arancio sicuramente ne facevano parte.
Qualcuna aveva anche provato a farla, ma quella che aveva ottenuto, non aveva niente a che vedere con l’orzata di donna Teresina, la sua era inimitabile e tutti in paese andavano da lei ad acquistarla.
Pure mia madre, soprattutto d’estate, mi mandava da lei a comprarla, mi faceva entrare in cucina prendeva dalla vetrina una bottiglia e mi riempiva il bicchiere che avevo portato da casa, la pagavo e una volta a casa mia madre la diluiva con l’acqua e l’orzata era pronta.
L’orzata di donna Teresina, la più buona che io abbia mai bevuto in vita mia e ancora oggi quando ci penso, mi pare di sentirlo ancora in bocca quel sapore, un sapore particolare che solo la sua orzata sapeva avere.

sabato 25 aprile 2009

Amico fragile

Dopo una notte trascorsa in gozzoviglie accompagnai C. a Firenze e Venezia per iscriversi all'università. Io dovevo ancora fare l'ultimo anno di liceo.
La partenza è un treno che guardiamo fermarsi e ripartire come se non fosse affar nostro. Roma è il primo Eurostar ancora da inaugurare che non si sa come diavolo abbiamo fatto ad entrare e ci scacciano pieni di indignazione. Firenze è un mal di testa che si specchia sui lungarni interminabili e la costruzione di un codice fiscale che spezza le vene delle mani e mescola il sangue col sudore. Ma questa è un'altra canzone. Venezia è una doccia parlante nella foresteria militare, magrebini sfaccendati per le calli deserte e una pizza da un milione di dollari.
È stato un bel viaggio e oltre a una tremenda e durevole avversione per qualunque cosa al gusto pesca, mi rimane la consapevolezza di aver colto il senso profondo di questa canzone.



Potevo assumere un cannibale al
giorno per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle. Potevo
attraversare litri e litri di corallo per raggiungere un posto che si
chiamasse "arrivederci";

Ti prego smettila di cantare. Tra l'altro stoni.
Non stono: si stanno scaricando le batterie del walkman.

e mai che mi sia venuto in mente, di essere piu' ubriaco di voi, di
essere molto piu' ubriaco di voi.

Musica & anni '70

Emerson, Lake & Palmer. Un trio, ma che trio!
La loro musica era un potente rock classicheggiante, vero "progressive".



















Keith Emerson meraviglioso tastierista, Greg Lake dalla voce piena e calda nonché chitarrista del gruppo e Carl Palmer eccezionale batterista.
Non potevano non aver successo!
L'Album che ascoltavo e che ascolto ancora era "Pictures at an exibition" (un capolavoro) e "Trilogy" che comprai in seguito
Anche gli altri Album del gruppo sono ottimi, ma questi mi hanno colpito per la loro innovazione rock, mescolato con la musica classica

venerdì 24 aprile 2009

canzoni...

Bottino... bagnarotu

La canzone: Buonanotte fiorellino

Era l'estate del 1975, l'estate di Rimmel. Il disco mi piaceva tutto ma scelgo la canzone Buonanotte fiorellino solo perché a essa è legato il ricordo di due fratelli francesi di Parigi. Lei si chiamava Paule, lui Philippe. Non so attraverso quali strani giri ma s'imbatterono in Favazzina e si fermarono; avevano una R5 azzurra e una tenda canadese. Montarono la tenda vicino al muro di Marina dove allora c'era sabbia e almeno venti metri di distanza dal mare. Li adottammo, sarebbero dovuti rimanere pochi giorni e invece restarono oltre un mese che quasi non avevano più nemmeno i soldi per la benzina. Quando Paule ascoltò Buonanotte fiorellino se ne innamorò. Ovvio che la cosa che apprezzava di più era la musica, ve la ricordate no?, quel valzerino leggero e sognante. Volle sapere cosa dicevano le parole, tradussi all'impronta "bonne nuit bonne nuit mon amour, bonne nuit entre le téléphone et le ciel, je te remercie pour m'avoir étonné" e via di questo incerto passo, più incerto di quanto appaia ora qui sulla carta. Forse tradussi da cane perché mi fece capire che la preferiva in lingua originale.
Lo so, vi state chiedendo se Paule fosse carina. Lo era: una graziosa biondina longilinea. Studiava medicina a Parigi, credo che avesse cinque anni più di me. Fu solo un'amica. Qualcuno vicino al Grecu (non rivelerò nemmeno sotto tortura) fu qualcosa di più che un amico. Per Paule, intendo.
Quel giorno saluti commossi e promesse: pas adieu, au revoir, à l'année prochaine. Non li ho più rivisti. Paule però dovrebbe avere la musicassetta di Rimmel che dimenticai sulla sua auto.

"La compagnia"

La notte era serena e la luna brillava nel cielo limpido, illuminando il mare levigato e l’orizzonte in lontananza, era segnato da una sfumatura di luce.
Si udiva appena il fremito del mare, coperto dalle note, che il mangianastri, lì sulla sabbia, diffondeva tutto intorno. Una musica dolce, carezzevole, che faceva sognare, e una voce, quella di Lucio Battisti, capace di dare emozioni.
….eppure ieri morivo di dolore, e oggi canta di nuovo il mio cuor, e oggi canta di nuovo il mio cuor. Felicità ti ho persa ieri e oggi ti ritrovo già, tristezza va, una canzone il tuo posto prenderà….
Sara stata la canzone o la magia della notte, ma ci sentimmo irresistibilmente attratti, e senza che né io, né lei potessimo fare nulla per impedirlo, ci trovammo abbracciati, a baciarci, incuranti dei nostri amici. Ci sdraiammo sulla sabbia, e prendemmo a baciarci con una foga incredibile, quasi con impeto. Io, sapendo che sotto il vestito era nuda, non seppi resistere alla tentazione e ……..

Tratto dal mio romanzo "Preferisco il rumore del mare"

giovedì 23 aprile 2009

Riscatto..marino


L'orgoglio ferito di SANTUZZU Trequarti,che vuole difendersi scagliando na malanova.







Invia un marinaio a pesca di Netty e op seudo. Ajiu nu bellu conzu cu l'ami d'oru,e comu isca ajiu belli sirene.




Una canzone? ce ne sarebbero 1000

Ci sono innumerevoli canzoni indimenticabili, ognuna segna un passaggio, un percorso, un istante, un amore, un'amicizia...
ma una delle canzoni che sicuramente ricordo con il sorriso stampato in faccia è proprio la canzone già citata da Belloep. (scusa Belloep. u saccio che a scrivisti prima tu e i diritti di post sunnu tutti i toi, quindi non querelarmi per plagio)
Io e Minnie un'estate abbiamo leggermente modificato questa canzone e per lasciare ai posteri una prova di questo nostro talento compositivo (direi quasi al pari di Mogol) ci armammo di registratore e iniziammo a cantare

Ancora Ancora Ancora
perchè io da quella sera
non mangiaia cchiu na granita
senza panna
e non me ne frega niente
se non c'è sta panna

Poi inspiegabilmente la canzone mutava così

Lasciatemi cantare
cu na granita e mani

Lasciatemi cantare
Sugnu Peppinu u magu (altra versione: Sugnu Peppino ri graniti)

Minnie ha ancora quella cassetta e ogni volta che la riascoltiamo ridiamo sempre come la prima volta, avevamo un unico fan, l'unico testimone di questa scena : MBU

Santuzzu, il semidio anzi trequarti

L'originale dio del mare di Favazzina si chiama Santuzzu. Abita gli stessi abissi dei suoi simili, il greco Poseidone e il latino Nettuno, dai quali viene considerato come un fratellastro di infimo livello e scarso potere. Tanto scarso che quel poco glielo avevano sottratto con arroganza permettendogli soltanto di tenere la zona della sciumara e della Sena, periferia emarginata. Un contentino per un dio di seconda schiera, precisamente un semidio anzi un trequarti, nato dal vigore del dio Sprumunti che acchiappò la ninfa Sipala mmucciandusi r'arretu; loro, i grandi, si erano presi le zone ra caserma, sutta o campu, il molo e le vicinanze. Suttafrunti era regno di Roccarandi e Duricchi, là non c'era pezza per nessuno e Nettuno e Poseidone manco ci provavano ché sarebbero state incazzature da trombe marine. Quando ci provò il mostro Snam fece uno sfregio a Duricchi che diventò monoauricolo come Paul Getty III, di più non potettero e non osarono. Negli ambiti di loro competenza Netty e Posy -così venivano chiamati- se la tiravano: "ma varda chi sorta di motoscafi nta stu bellu spicchiu di mari, ma varda chi bella cornici di massi ca putimu chiamari anfiteatro cementir, ma varda comu è tuttu pulitu senza mancu nu cocciu di rina". Un mondo perfetto che persino quando passa la guardia costiera non può far altro che ammirare senza accostare e senza elevare. Quelli che si elevano invece sono i due esibizionisti: Nettuno, simile a un pallanotista della Pro Recco, erompe dal mare fino alla cintola mostrando una chioma fluente di boccoli neri, nella mano destra il tridente brilla d'oro puro sotto i raggi del sole. Suo compare Poseidone ancor più spaccone esibisce, nel fisico palestrato, musculazzi nutriti ad aminoacidi ramificati e ormoni; tiene basso il tridente mentre punta il cielo col dito indice della mano libera in un'enfasi assolutistica da unico dio. Nulla da dire, essi curano che la loro zona sia sempre la migliore e la più ambita. Vari strati di ombrelloni, teli da mare, seggiulini, sarbagenti, pedalini pedalò, bagnanti, zipanguli a moddu e pastofurnu o sciuttu sono lì a testimoniare un indiscutibile successo.
Santuzzu si ndi stai nto soi, marucchieddu, guarda rispettoso il suo regno ai margini dello sfavillio mondano. Egli bada che la sciumara venga al mare e che la sabbia si distribuisca secondo la naturale disposizione. Piano piano con alacrità e ostinazione, lavorando già dalla fine dell'estate con un incessante va' e veni, caccia e menti, mmunzedda e livella, aveva compiuto il suo capolavoro e il giorno ventisette dicembre lo regalò ai favazzinoti e al mondo intero.
Emerse quasi vicino a terra, non era mai stato un gran nuotatore e non si allontanava troppo, venne a riva scrollandosi l'acqua dai pochi capelli di tignuso. Guardò la sua opera e, in un impeto di sentimento represso, con le dita scrisse T'AMO sulla sabbia poi umilmente osò sollevare il tridente al cielo. Gocce di pioggia caddero sulla mbroccia ruggiata e ttaccata cu lazzu supra o manicu i scupa.

*Un grazie alle fotografie di Chinnu e Malumbra che hanno documentato l'opera del nostro Santuzzu.

La mia canzone più bella

Senza alcun commento, tra le tante che rimangono incancellabili nella mia mente, è "Ancora", la canzone che ogni volta che l'ascolto mi fa venire i brividi e riaffiorare i ricordi...

E' notte alta e sono sveglio
sei sempre tu il mio chiodo fisso
Insieme a te ci stavo meglio
e piu' ti penso e piu' ti voglio
Tutto il casino fatto per averti
per questo amore che era un frutto acerbo
e adesso che ti voglio bene io ti perdo..
Ancora
ancora
ancora
perche' io da quella sera
non ho fatto piu' l'amore senza te
e non me ne frega niente senza te
anche se incontrassi un angelo direi:
Non mi fai volare in alto quanto lei
E' notte alta e sono sveglio
e mi rivesto e mi rispoglio
mi fa smaniare questa voglia
che prima o poi faro' lo sbaglio
di fare il pazzo e venir sotto casa
tirare sassi alla finestra accesa
prendere a calci la tua porta chiusachiusa..
Ancora
ancora
ancora
perche' io da quella sera
non ho fatto piu' l'amore senza te
e non me ne frega niente senza te
Ancora
amore
ancora
ancora
ancora
ancora
ancora

Iscrizioni

Ciao a tutti,

Ho pensato di fare una piccola modifica per le iscrizioni. Ormai non utilizzo più l'email thefreezerchiocciolaquipo.it perchè ho problemi con il provider. Quindi per le nuove iscrizioni potete contattarmi sul mio profilo skype (mauro.fuca) o lasciare un commento anonimo al blog con la richiesta di iscrizione. In ogni caso ricordatevi di lasciarmi la vostra email! 

Lo scoop di primavera


Indovina un po' chi c'è su Facebook? Eccolo qua, uno dei miti di Favazzina che andrebbe molto rimproverato. 

Paccio pirchi ti scrivisti su Feisbucc e non su Favazzinablog?

Rubrica settimanale, nuovo argomento.

Ringrazio Trilly per il passaggio del testimone. Il mio argomento settimanale è:

Qual è stata la vostra canzone indimenticabile?
Potete postare video e motivazioni!

Mike Spusey e il ritorno ri taddariti

Da quando i taddariti erano scappate da Favazzina e si erano rifugiate a Bagnara, impaurite pu bottu ch’iva fattu Pascalicchiu, la situazione era diventata davvero drammatica. I saramiti ne avevano subito approfittato e tutte le sere uscivano in massa, padroni incontrastati del paese. I muri delle case erano pieni ed era anche accaduto che una saramita era finita dentro una pentola di fagioli. Bisognava porre rimedio a questa escalation, d’accordo che da Favazzina si ndi fuiunu tutti, ma i taddariti non putiunu bbandunari u paisi, era una cosa impensabile.
Mike Spusey si stava zappuliandu i favi nta vigna, erano già abbastanza cresciute e lui, al pensiero di quando i baccelli sarebbero stati bei pieni, già pregustava le mangiate che si sarebbe fatto con un pecorino dell’Aspromonte che comprava sempre al mercato a Bagnara (glielo portava nu massaru che lo faceva ancora come una volta) e un vinello niente affatto male che il suo amico Malumbra produceva con metodi ultra moderni (scacciava a racina ancora chi peri) dal vigneto chi aviva supra a stazioni.
Vide le Long salire ri scalunati, iestimandu, e smise di zappare.
«Aimu bisognu i tia!» gli disse ancora con il fiatone
«Non viri chi aiu da fari»
«U viru, u viru! Ma a cosa è gravi!» insisté.
«E chi poti mai essiri! Mancu se si nd’iunu fuiutu i taddariti»
«Cu cazzu nciu rissi! Sulu ieu u sapiva! Ma chi è puru magu?» pensò Le Long «Propriu ri taddariti si tratta» ammise.
«Comu cazzu fici mi nsertu?» pensò Spusey «L’aiva capisciutu ra to faccia» mentì.
Il giorno dopo, martedì, giorno di mercato Le Long e Spusey con la l’Apa chiesta in prestito a Ntoni L. , di primo mattino, si recarono a Bagnara. Avevano saputo che i taddariti si erano rifugiate in una famosa grotta che si trovava nella costiera di Palmi e affittato una barca da un pescatore ra Marinedda si misero in mare.
Davanti alla grotta Spusey, che come sempre era ai remi, ebbe un attimo di esitazione, ma Le Long in piedi a prua, imponente come l’ammiraglio Caracciolo o l’ammiraglio Doria se preferite (Nelson in quantu nglisi non mi piaci e poi era puru ‘nfamu), lo rincuorò e con voce ferma esclamò «Trasimu!»
Nc’era nu scuru ra Maronna e non si vedeva na beata fava (Spusey pinsava ancora e favi ch’iva avutu bbandunari), poi lentamente gli occhi si abituarono all’oscurità e videro i taddariti (le riconobbero dallo spoiler che avevano sulla coda) attaccati a testa in giù alle pareti della grotta.
Usando tutta la diplomazia di cui erano capaci Le Long e Spusey le esortarono a tornare, ma quelle non ne volevano proprio sapere «Chi cazzu turnamu a fari a Favazzina! I figghioli ndi rumpunu continuamenti i palli e di pigghiunu sempri a petrati. Puru i jorno quandu rurmimu nte ngagghi ri rocchi Suttafrunti, ndi futtunu u culu e non di rassunu nta paci».
La situazione sembrava disperata e per la prima volta Spusey pensò che non sarebbe riuscito a portare a termine il caso. Poi, d’un tratto, si ricordò del pecorino che aveva comprato al mercato «Aundi cazzu u mintia» si disse «Non è chi mu spirdia o mercatu?» e si mise a frugare nella barca. Lo trovò sotto la prua tra lenze e ritagli di reti, chissà come, gli era scivolato dal sacchetto ed era rotolato fino là, lo prese e mentre lo stava per rimettere al suo posto le taddariti parvero come impazzite e si misero a volteggiare sopra la barca attratte dall’odore del pecorino.
Non riusciva a credere al colpo di culo che aveva avuto e prima che Le Long capisse cosa stava succedendo, si mise a remare, a tutta forza, verso l’uscita e le taddariti, come i topi nel Pifferaio Magico, incantati dall’odore del pecorino, anziché dalla musica del piffero, li seguirono.
All’arrivo a Favazzina furono accolti come eroi, ma i due non avevano tempo per i festeggiamenti, sia Le Long che Spusey avevano fretta di tornare alle loro occupazioni, il primo a pescare con la sua amata canna e il secondo a zappuliari i favi.
Non pioveva quel giorno, ma faciva nu caddu chi si squagghiava!

mercoledì 22 aprile 2009

Tiresa a Nera

Tiresa a Nera, la nonna materna ru Longu, abitava vicino casa mia e nelle sere d’estate, sotto un cielo stellato ed una luna che splendeva alta nel cielo ed orlava d’argento tutto intorno a noi, a me, mio fratello, Ciccio Carnera Tonino u Gneddu e suo fratello (non ricordo se vi fosse pure u Longu), seduti sui scalini davanti casa sua, ci raccontava storie di paura, degne di un libro di Edgar Allan Poe o di Stephen King.
I suoi racconti preferiti erano comunque quelli sui lupi mannari, poiché vedeva che erano quelli che ascoltavamo con più interesse.
Ci raccontava che uscivano nelle notti di luna piena e sbranavano chiunque incontrassero sulla loro strada, uomini o animali che fossero.
Le facevamo un mucchio di domande e lei, con dovizia di particolari, esaudiva ogni nostra curiosità.
Ad ogni modo, ci teneva a precisare, le persone, ed anche voi, si affrettava inoltre ad aggiungere, non dovevano aver paura, bastava che in quelle sere non uscissero di casa e per maggior sicurezza mettessero dietro la porta un catino pieno d’acqua, poiché diceva, i lupi mannari avevano il terrore dell’acqua. Inoltre, questo non era chiaro, i lupi mannari non riuscivano a salire le scale, per cui se uno dormiva al primo piano non aveva nulla da temere.
Nonostante le sue rassicurazioni io avevo lo stesso paura e la sera nel mio letto non riuscivo a prendere sonno. Mi ficcavo sotto le coperte e mi coprivo fin sopra la testa, aspettando terrorizzato che il lupo mannaro mi ghermisse. Poi dopo un po’ finalmente riuscivo ad addormentarmi, ma il mio era un sonno agitato, pieno di incubi e più di una volta, nel girarmi e rigirarmi capitava che cadevo pure dal letto.
Malgrado tutto la sera dopo ero seduto insieme agli altri, ad ascoltare la nonna del Longu, poiché anche se i suoi racconti mi incutevano paura nel contempo mi affascinavano.
Ed era così credibile Tiresa a Nera a raccontare quelle storie che mai, nemmeno per un istante, mi balenò il dubbio che quei racconti non fossero veri.
Questa poesia l'ho scritta a ricordo di quei racconti.

CHIARO DI LUNA

Stanotte il sonno
tarda ad arrivare,
colpa della luna,
che illumina a giorno
e rende inquieta
questa notte strana.
Arriva con eco lontana
il fiotto del mare,
che sale di tono,
col flusso crescente
dell'alta marea;
e il grido straziante
di naufraghi,
nei vortici presi,
in mezzo allo Stretto;
trascinati sul fondo, convinti,
da mostri marini.
Sarà il vento
che spira pungente al balcone,
o il chiaro di luna,
ma un brivido forte io sento.
E mentre gravi pensieri
si affollano in mente
e si ode furioso
il latrare dei cani,
con gli occhi stregati,
fissi alla luna,
la guardo incantato;
lei mi sorride maligna
e si burla di me.

martedì 21 aprile 2009

Spusey e il rullino da recuperare

Non se l'aspettava in quel periodo, di solito arrivava agli inizi di aprile quando si catturavano i primi pescispada e soprattutto quando le stagionature della maialatura decembrina erano a buon punto. Spusey e il suo sarto londinese, John Burberry, sul traghetto già a mezzo mare sulla rotta per Messina respiravano il vento misto siculocalabro e parlavano. -John, cu ti chiamau mi veni fora stagiuni? Varda chi suppizzati e i bucculari non sunnu ancora pronti. -Sure Mick, sure. Diciamo che ho avuto nostalgia di mio friend Mick e di sua ospitalità.
-Ospitalità sti du palli, John. Sugnu in penzioni e a vita divintau cara puru cà.
-Ma tu lavori più di prima amico mio. Ora, per esempio, dove stiamo andando?
-Messina, capitaneria di porto. A proposito, non posso dire che sei il mio sarto, ti presenterò come mio assistente.
-Elementare Spusey.
-No, chistu l'aiva a diri ieu!
-Okay,okay, don't biliari chi ti veni mali o ficatu.
L'ufficio del capitano Pannitteri era arredato in maniera minimale: una scrivania ingombra di fascicoli, un armadio, due sedie per gli ospiti e una per se stesso, due soldati ai lati dell'unica porta.
- Signor Spusey, questo è un caso di delicatezza assoluta. Vorrei incaricarla delle indagini ma chiedo che queste siano svolte con discrezione. Posso contare anche sulla professionalità del suo assistente? Sa, è la prima volta che faccio la conoscenza di un agente della famosa Scotland Yard. In che settore era occupato, mister Burberry?
-Uniformi, sir.
-Uniformi? nel senso...
-Nel senso che uniformava i metodi investigativi- intervenne Spusey furminandulu cu l'occhiu sinistru.
-Interessante. Avete strumenti sofisticati, immagino.
-Sure, sir. Metro, gesso, forbici, aghi.
-Gergo tecnico, eh collega? disse Pannitteri ammiccando, complice.
-U sapiti comu sunnu sti ngrisi, capitanu. Dicono e non dicono- s'intromise Spusey zziccandunci na puntata nto culu cu l'occhiu destru.
Sulla scrivania un mucchio di fotografie alla rinfusa. Il capitano le guardava e aggrottava i sopraccigli, le passava a Spusey che le guardava e arricciava vieppiù i riccioli e le passava a Burberry che le guardava e accentuava il naso aquilino e le passava al capitano che ne scelse una e disse: -Di questa che ve ne pare? Un uomo e una donna, ma qual è l'uomo?
Spusey disse:-Un uomo travestito da donna e una donna travestita da uomo.
Burberry disse:- Un uomo travestito da uomo e una donna travestita da donna.
Il piantone di destra, Spatafora, disse:-Pì mia su du ricchiuni, masculi.
Il piantone di sinistra, Cannizzaro, disse:-Pì mia su du ricchiuni, fimmini.
Si trattava dunque di ricatto. Spusey aveva scandagliato il mondo e i luoghi delle sciamberghe. Natuzza la nana gli aveva fornito elementi importanti e così pure la Venexiana ma determinanti furono le parole di Cola necarni nepisci: -Dottori, non si capisci cchiù nenti. Masculi cu masculi, fimmini cu fimmini e vabbò. Ma travestiti cu travestiti quandu mai? E si fannu fari puru u serviziettu fotograficu. Pascali Cincuscatti è maestru i sti cosi.
Mastino come pochi, Spusey da Cincuscatti riuscì a risalire fino a Cecè u mpamu che però non si trovava e non restò altro da fare che sguinzagliare sulle sue tracce gli uomini di Pannitteri: l'avrebbero trovato. Quello che non disse al capitano fu quell'ultima labile traccia: u mpamu si era incontrato con un uomo e qualcuno li aveva visti nto cannitu abbandasciumara a Favazzina.
Seduto nel bar del mago, Burberry tentava ancora una volta di convincere don Peppino; anche se non era stagione, ugualmente, fatalmente si parlava di granite.
-Peppino, listen to me, per la prossima estate la devi fare. Absolutely.
-O Gionni, cacciatillu ra testa: avi vint'anni chi mi stoni a ciancianedda. Granita ca ciucculata e ca menta non ndi fazzu!
-Sbagli Peppinu, it's wonderful. La chiami granita dopoleotto, will be a triumph.
Spusey stava ad ascoltarli ma quando sentì il rombare di un motore scattò alla porta e, cattiandu, u vitti chi trasiva nta casa.
-Come on John, camina. Piano numero 1.
Entrarono decisi, uno dal fronte e uno dal retro della casa e lo sorpresero mentre svuotava le tasche depositando sul tavolo le sigarette, l'accendino, il portafogli e un piccolo cilindro nero.
-Bonasira cuginu Lelong, finarmenti ndi cugghimmu pa casa? Sittamundi che ti devo fare vedere alcune foto. Questa per esempio, che mi dici?
-Chindi sacciu, cuginu. Iddu mi pari travestitu comu Amanda Lear e idda comu a Maria De Filippi.
-Giustu cuginu, cusì pari, ambeci sunnu l'ammiragliu Taldeitali e la sua amante e il tuo amico Cecè li sta ricattando. Lo so che lo stai facendo per proteggere un ex commilitone ma ora basta. Te lo ha dato Cecè u mpamu questo rullino, Lelong? John, prendilo.
Prima che l'inglese si muovesse Lelong afferrò l'oggetto e fulmineo se lo portò alla bocca. Un singulto, una smorfia, un respiro.
-My God, su mbuccau like na purpetta! disse John stupito.
Nonostante l'ammirazione per l'abnegazione del cugino, Spusey da sbirro qual era non mollò, prese una sedia e sedendogli vicino disse: -Un gesto che ti fa onore Lelong: gli amici non si tradiscono mai ma ogni cosa ha una sua conclusione naturale. Ora ci mettiamo qua e aspettiamo che la natura faccia il suo corso: in giornata, possibilmente.

La postina

Peppina V. era la procaccia del paese, ma da sempre svolgeva anche funzioni di postina, ed era una delle poche donne di Favazzina rimaste nubili, più che per scelta, per un errore di gioventù.
Perdutamente innamorata, pur di incontrarsi nottetempo col suo amoroso, aveva sfidato i pregiudizi e le convenzioni di allora, dando ovviamente scandalo.
Aveva trovato i piaceri dell’amore tra le braccia del suo amante, ma aveva dovuto pagare a caro prezzo la sua condotta spregiudicata perdendo, agli occhi dell’intero paese, onore e rispettabilità.
E anche quando quel mascalzone l’aveva abbandonata, non si era affatto abbattuta per le dicerie della gente ed era rimasta la stessa donna fiera e orgogliosa di sempre e aveva continuato a camminare a testa alta, senza vergogna.
Naturalmente aveva dovuto dire addio ai sogni di matrimonio e rassegnarsi a rimanere zitella poiché, a quei tempi, era praticamente impossibile per una donna sposarsi se non era considerata, a torto o a ragione, assolutamente onesta.
Da molti anni ormai viveva da sola, da quando purtroppo le era morta la madre e non avendo altri interessi si dedicava al suo lavoro con estrema dedizione.
La posta era divenuta la sua seconda casa e, a parte il tempo necessario per svolgere la sua attività di procaccia, passava tutta la giornata a servire e ad accudire l’impiegato postale, un uomo di Solano al quale, oltre il lavoro, la legava una vecchia e consolidata amicizia.
E sovente d’estate la moglie e i figli dell’impiegato postale, un ragazzo e una ragazza, trascorrevano qualche giorno ospiti a casa sua, al mare a farsi qualche bagno.
Poiché a Solano, paese di montagna, i ragazzi il bagno al massimo potevano farlo nei torrenti oppure, quando erano in secca, in qualche gebbia.
«Quella maledetta caduta, mi ha rovinato l’esistenza», non si stancava mai di ripetere la postina a chiunque capitasse di parlare con lei, «E mi ha tolto almeno dieci anni di vita!»
Era stata davvero una brutta caduta la sua e d’allora non si era più ripresa.
Stavano rifacendo il manto stradale e, tutto intorno alla piazza della chiesa, le strade erano completamente dissestate.
Lei nel fare la discesa che dalla piazza svoltava sulla via Marina, in un attimo che si era distratta, aveva messo un piede in fallo ed era caduta pesantemente, rompendosi il ginocchio.
Rimase inferma per parecchi mesi e quando tornò al suo lavoro zoppicava vistosamente.
Non era mai guarita completamente ed era rimasta claudicante, con il ginocchio che aveva sempre continuato a farle male soprattutto, si lamentava, nei cambi di stagione.
Con gli anni, poi, il dolore si era accentuato ancora di più, così come era aumentato il suo odio per il comune che, avendo lasciato per anni le strade in malora era, secondo lei, il vero responsabile della sua caduta.
Infine aveva dovuto arrendersi, non c’è la faceva più ad andare due volte al giorno a piedi fino alla stazione, e seppure a malincuore aveva dovuto dire basta.
E così, dopo tanti anni, con la morte nel cuore, aveva lasciato il suo amato lavoro.
Non era un lavoro pagato lautamente, ma era comunque sempre un buon lavoro, che impegnava poco e lasciava, a chi lo svolgeva parecchio tempo libero.
Doveva infatti, due volte al giorno, al mattino e alla sera, recarsi alla stazione a ritirare e a consegnare il sacco con la posta ai colleghi sul vagone postale.
Era tutto lì il servizio, dopodiché si aveva tutto il tempo libero a disposizione, in quanto a distribuire la posta ci doveva pensare il postino, ma che invece, finché aveva avuto forza, aveva svolto sempre lei, “La postina della Val Gardena” come qualcuno rifacendosi ad una vecchia canzone di Jula De Palma, spiritosamente la chiamava.

Tratto dal mio romanzo “Una storia sbagliata”

lunedì 20 aprile 2009

NO KOMMENT...





Devo, per dovere di cronaca, aggiungere delle bellissime immagini, di seguito a quelle di Malumbra che risalgono al periodo natalizio. Grazie al torrente, ci troviamo rifatta la spiaggia lato Bagnara. Ma la belva che c'è nell'uomo continua ad inquinare. E'paradossale ma sui fondali di Favazzina c'è depositato un patrimonio archeologico:tutti i resti delle case del paese e non solo, degli ultimi quarant'anni.

La natura crea e l'uomo distrugge..

Carissimi amici del blog, qualche tempo fa volevo pubblicare le bellissime immagini di quello che le piene del nostro torrente "favazzina" sono riuscite a creare, ovvero una spiaggia bellissima! Lo faccio adesso, dopo qualche mese.

queste sono le immagini di febbraio:




uno spettacolo,



















e queste sono due immagini a confronto di febbraio e di oggi!






















certo, rispetto a quella dell'anno scorso è poca roba, però promette bene..
io non ho commenti, non so voi!

Citu est!

Un vecchio prete di Favazzina buona forchetta ed anche, si racconta, ottimo conoscitore di vini, pretendeva che quando celebrava messa nell’ampolla vi fosse sempre del buon vino.
Il sacrestano (non era ancora Guglielmo) aveva l’ordine di procurargli il vino (allora non vi era alcun problema, poiché in paese tutti i contadini lo facevano) ed assicurarsi, era questo il suo vero compito, che fosse buono, altrimenti il prete non solo si sarebbe incavolato, ma avrebbe preteso che lo cambiasse.
Una domenica durante la messa al momento dell’Eucaristia, dopo aver rinnovato il sacrificio di Gesù Cristo e trasformato secondo la liturgia il vino in sangue, il prete portò il calice alla bocca e dopo aver dato il primo sorso, sebbene il momento fosse solenne, si girò irato verso il sacrestano, in piedi accanto a lui, e per non farsi capire dai fedeli in latino gli disse
«Citu est!».
Il sacrestano sebbene non sapesse parlare in latino, a furia di servire messa, ormai lo capiva abbastanza bene e senza scomporsi gli rispose
«Citu est? Oramai bivattillu com’esti, esti!».

VETTEL

Dopo il gran premio di Monza nel 2008 quello della Cina nel 2009. E' un campione.
Ce l'avevamo alla Toro Rosso. O Georgie, com'è che ce lo siamo lasciati scappare?

domenica 19 aprile 2009

SIMPATICA

Non ho mai capito perchè le necessità sessuali degli uomini e delle
donne sono così differenti fra loro.
Non ho mai capito tutte quelle idiozie che le donne provengono da
Venere e gli uomini da Marte. E non ho mai capito perchè gli uomini
pensano con la testa mentre le donne con il cuore. Però una notte
mia moglie ed io siamo andati a letto. Abbiamo cominciato ad
accarezzarci, massaggiarci, bacini ecc.ecc. La questione è che io
ero già pronto, ma proprio in quel momento lei mi dice: "Adesso non ne
ho voglia, amore mio. Voglio solo che mi abbracci" Ed io
esclamo:"CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE???????????????"
All’improvviso mi dice le parole magiche di tutte le donne:
"Non sai connetterti con le mie necessità emotive di donna". Che
cazzate!
Il punto finale è che quella sera non ci sarebbe stata nessuna lotta.
Ho messo a posto gli oli afrodisiaci, ho spento le candele, ho tolto
il disco di Baglioni (in quei momenti funziona quasi sempre) ho spento
lo stereo ed ho rimesso in frigo lo champagne. Sono andato a farmi una
doccia fredda per vedere se potevo calmare "la bestia" e mi sono messo
a guardare Discovery Channel a tutto volume per non fare dormire la
figlia di mia suocera.
Dopo un pò mi sono addormentato. Il giorno dopo siamo andati al centro
commerciale e mi sono messo a guardare orologi mentre lei si provava
tre modelli carissimi di Armani. Come tutte le donne non sapeva
decidersi, così le ho detto di prenderli tutti e tre. A questo punto
mi ha detto che le sarebbero servite delle scarpe nuove da mettere con
i nuovi vestiti.350 euro al paio. Le ho detto che andava bene. Di lì
siamo andati nella sezione casual dalla quale ha preso un piumino ed
una borsa di Louis Vuitton. Era così emozionata! Credo pensasse che
fossi diventato pazzo, ma ad ogni modo le ha prese lo stesso. Mi ha
messo, quindi, alla prova chiedendomi un gonnellino corto da tennis.
Non sa neanche correre, figuriamoci giocare a Tennis. E' rimasta
scioccata quando le ho detto di comprare tutto ciò che voleva. Era così
eccitata dopo tutto questo che ha cominciato a chiamarmi
con tutti i nomignoli più affettuosi e stupidi che le donne usano.
"Cucciolone mio", "Topolino amoroso" e così via. Siamo andati alla
cassa a pagare. E' stato qui che, essendoci solo una persona prima di
noi, le ho
detto: "No amore mio, in questo momento non ho voglia di
comprare tutto questo". Se aveste potuto vederle la faccia, diventò
pallida quando le dissi: "Voglio solo che mi abbracci". Sembrava
quasi che stesse per svenire, le si è paralizzata la parte sinistra
del corpo, le è venuto un tic nervoso all'occhio. A questo punto le ho
detto: "Non sai connetterti con le mie necessità finanziarie di uomo".

Le origini di Favazzina 2 (la vendetta)











Cari amici,



mentre rimettevo in ordine la mia libreria,mi capita per le mani un libro vecchissimo, e varda casu parra i FAVAZZINA!!!!!!????? ...ebbene si!



la prima cosa che si legge è propio l'origine del nome della nostra favazzina.



(lo scannerizata ma non li legge bene,greco non so cm migliolarla)



Il mio primo pensiero è stato:



Dopo chi mi giraia tutti i blibliotechi i rc e tutti i ricerchi via internet,cosa scopro???? ....chi i provi e u libru giustu l'aviva a casa!!!!!






Leggendo il libro scopro che favazzina era "LA FRAZIONE INDUSTRIALIZATA DI SCILLA"



...varda varda chi quasi quasi eramamu puru cchiu importanti i scilla !!!!!!



(vedi foto 2; )









Resoconto:





al 99 % il node di favazzina è dovuto al torrente che lo attraversa.





Svelato l'arcano???????????? ....eeeee NO cari amici... come detto al 99 % è quello,ma il restante 1 % è quello che leggo nelle ultime pagine cio è: (Gurda foto 3) .


Da ciò che si legge cari amici,non mi rimane che nominare favazzina il paese DEL MISTERO!








La vacanza più bella?

Estate 1988.
Esami di terza media conclusi.Promossa a pieni voti.
EVVIVA! FAVAZZINA, I'M WAITING FOR YOU!
Macchè.
Mamma e papà, generosi più che mai, con la scusa della MIA promozione, avevano ben pensato di regalarSI un bel viaggio a Paris mon amour (castelli della LOIRA annessi).
- "Ma come? E Favazzina???"
- "Favazzina è sempre lì.Ci puoi andare quando vuoi.Parigi invece no.
Stavolta farai una vacanza diversa.Sarà un viaggio bellissimo,vedrai."
FINIS LAETITIAE.INCIPIT LACRIMARUM.
Addio alle tante sospirate vacanze.
Addio ai miei tuffi, alle mie tracine, alle "piccole donne" nel cortile dietro la posta, le scorpacciate di dolcissime more....
Si profilava un lungo viaggio organizzato in pullman con i miei genitori e altri adulti sconosciuti alle prese con le loro guide turistiche (già io ne avevo letta una intera).
Nulla che potesse consolarmi.
Infine la partenza: ormai rassegnata, sto per sedermi al mio posto quando intravedo, poco più in là, due ragazzine costrette a quel viaggio proprio come me. Almeno non ero l'unica a dover subire quella tortura.
In verità, il viaggio si rivelò subito interessante e ben organizzato: i primi due giorni dedicati ai castelli più famosi disseminati lungo la Loira (Amboise, Chambord) e la casa di Leonardo con le sue invenzioni.
Infine, gli ultimi quattro giorni, LEI, l'unica, bellissima, romantica Paris con le sue luci, le Chiese, il Louvre, il bateau mouche lungo la Senna, il Moulin Rouge, la Tour Eiffel.
Un sogno!
Dulcis in fundu, avevo anche stretto amicizia con le altre due bambine compagne di viaggio. Tra un balletto del Moulin Rouge (indimenticabile) e uno sguardo alla ville lumiere dall'alto della Tour, Favazzina era quasi un ricordo sbiadito. QUASI.
Penultimo giorno: visita al quartiere latino e al Sacro Cuore di Montmartre.
Moltitudini di folle, giornata calda e assolata, un po' di stanchezza accumulata e, almeno per me, tanta tanta voglia di ombra e di acqua fresca.
Dopo la visita alla basilica, la nostra "guida" ci annuncia la libera uscita (un'oretta circa) e comunica l'orario di ritrovo per il rientro, davanti il sagrato della Chiesa.
Il gruppo si divide in un batter d'occhio, intravedo papà per un attimo, mi giro a destra e le mie amichette non ci sono più, mi guardo attorno e poi a sinistra, lungo le scale, ma niente di niente, nè mia madre nè le signore di viaggio e quegli assurdi foulard colorati.Di loro neppure la più piccola traccia.Sparite in un attimo.
Io lì da sola, assetata, con i miei tredici anni e qualche parola di inglese, in mezzo a tutta quella gente in una babele di lingue.
Che fare??? Continuavo a ripetermi che non potevano non accorgersi che IO NON C'ERO, che sarebbero tornati indietro a cercarmi, che avrebbero capito PRESTO che MI avevano persa e che ero senza un soldo, ecc. ecc.
In quegli attimi di panico assoluto feci l'unica cosa sensata, l'unica da fare.
Mi fermai ed aspettai, ricordando le parole della guida: il ritrovo è alle 11 proprio lì, davanti la Chiesa.Furono attimi lunghissimi, interminabili: mille pensieri nella testa, la paura dilagante di morire di sete e un'unica, martellante domanda: ma dove cavolo sono spariti?!
Continuo a guardare l'orologio quando, finalmente, odo una voce esultante!
"Eccola, l'ho trovata, è qui seduta. Tesoro, ci hai fatto preoccupare, ti abbiamo cercato ovunque, su e giù per queste scale, perchè ti sei allontanata?".
COSA???? Incavolatissima, rispondo che io non mi sono allontanata affatto, che sono loro ad essersi dileguati in un baleno e che stavo per morire di sete più che di paura!
Non vi sto a descrivere lo stato confusionale dei miei genitori: mai visti tanto angosciati in vita mia e certamente neppure in vita loro.
FINALE DELLA STORIA: mi portarono in Chiesa ad accendere un cero al Sacro Cuore di Gesù.
P.G.R. (Per Grazia Ricevuta).

sabato 18 aprile 2009

Silvia

Voglio farvi conoscere questo cantautore e questa canzone, che ritengo sia una delle più belle mai scritte e che nell'estate del 1975, nel jukebox che vi era nel campo da tennis, io e i miei amici tutte le sere ascoltavamo in religioso silenzio.

Spusey e il bombarolo

La botta fu forte, tremarono i vetri, Spusey stava bevendo il solito amaro per digerire l'enorme spatola chi s'iva calatu a cena e dallo scanto emise un rutto tanto terrificante quanto liberatorio.
:- Turnau a guerra o è na scurreggia i Ciccu u Merdara, se così fosse, u fazzu 'ttaccari per detenzione di esplosivo anzi per essere lui stesso l'esplosivo, 'nci fazzu passari a vogghia mi mangia fasciola -
'Ngariatu e smanioso di vendetta per lo scanto subito, scese in strada in cerca di colpevoli ma non trovò nessuno, solo un cratere di un metro di circonferenza e poco profondo e intorno i vetri delle case vicine, scutulati dalla botta.
:- Minchia se fu Ciccu sta vota si slabbrau u culu - pensò Spusey, ma in cuor suo sapeva che non poteva essere Ciccu, quello era un'attentato dinamitardo, un'avvertimento mafioso.
Naturalmente nessuno aveva visto niente, nemmeno quelli che avevano subito danni, anzi erano i più reticenti e ognuno pensava a quello che aveva fatto o detto negli ultimi tempi.
Il fatto che il piccolo cratere fosse in mezzo alla strada un pò rincuorava, tutti pensavano che l'avvertimento fosse diretto ad altri e moltiplicava la voglia di farsi i cazzi loro.
Spusey tornò a casa e telefonò a Le Long
:- A sintisti a botta, Le Long -
:- Minchia ra botta, certu chi Ciccu l'avi a finiri mi bumbarda u paisi...
:- Non fu Ciccu, sta vota e robba di mafia, esplosivi, estorsioni, vendette...
:- Ma quali estorsioni chi non c'è mancu occhi pi ciangiri, chi dinnu: o mi dati deci chili i limuni o vi mettu na bumba ? -
Eppure il messaggio era chiaro, si trattava di esplosivo

Effetti collaterali:

cummari Giovanna, stitica pi natura, pu scantu ra botta, non la finiva più di evacuare con grave perdita di peso e conseguente disidratazione, si stava sciugandu, e c'indi vuliva data la stazza

cumpari Roccu, ormai vecchio, negli anni aveva perso molto interesse per l'altro sesso, grazie alla botta, continuava a rincorrere la moglie sostenendo, a torto, che gli dovesse parlare

cumpari 'Ntoni, integralista cattolico ed esponente DC del paese, vuliva fari na processioni ra Santa Cruci convinto fosse tornata la guerra con relativi bombardamenti, al rifiuto ecclesiastico, si dichiarò eretico, giurò che avrebbe votato PC alle prossime elezioni. Fu dichiarato pazzo quando chiamò "compagna" la Madre Superiora

i taddariti emigrarono in massa nella vicina Bagnara, raccontando peste e corna di Favazzina alle loro sorelle bagnarote, che non credevano alle loro orecchie, cosa assai difficile pi taddariti

Ciccu Merdara, stanco di essere guardato con sospetto ad ogni rumorata nel paese, chiuse per sempre ca fasciola, solo pastina in brodo, praticamente chiuse il rubinetto del gas, un peccato perchè poteva essere studiato come fonte energetica alternativa

Tali sommovimenti sociali comportarono l'intervento dei carabinieri, pirchì na vota era più preoccupante ca genti cangiava abitudini, piuttostu chi bumbi in mezzo a strada.
Non è che sia cambiato molto
Il maresciallo andò a trovare l'illustre investigatore in pensione
:- Ispettore, che ne pensate ?
:- Brutta storia, non mi piace, potrebbe esserci una escalation, bisogna colpire subito, prevenire, soffocare -
:- Non è mafia, l'avremmo saputo, è cacchi figghiu di buttana chi si diverti mi faci rumuru, pi favuri collega, datici n'occhiata -
Collega, ma quandu mai, stava confundendu u champagne ca cazzusa, pensò Spusey, naturalmente sorrise e rassicurò il maresciallo
:- Non vi preoccupati, ma viru ieu -
Al mattino, sul molo, Le Long piscava seduto supra nu massu, arrivau Pascali, detto Pascalicchiu per le sue ridotte dimensioni, era un bambino, e si sedette al suo fianco.
Cosa strana, Pascalicchiu non truvava mai bentu, tutti i cani, i iatti, i lucertuli, furmiculi, qualsiasi cosa vivente del paese doveva dargli conto, non lasciava in paci a nuddu e se qualcuno gli diceva qualcosa, petrati ra maronna.
Era diciamo così, molto vivace.
Le Long stava attento, era capaci che per puro divertimento 'nci ittava quarcosa a mari, ma quel mattino il bambino era strano, calmo, pariva sturdutu.
:- Ciau Pascalicchiu, comu ta passi ? - disse Le Long
Silenzio
:- E allura ? non si rispundi ?
Silenzio
Le Long lo guardava sorpreso, erano amici, lo difendeva sempre
:- Non sentu, mi fischiunu i ricchi, ciau m'indi vaiu - disse il bambino
All'aperitivo Le Long raccontò tutto a Spusey, quindi decisero di cercare Pascalicchiu
:- U voi u gelatu - disse Spusey quando l'incontrarono
Pascalicchiu rifiutava tutto tranne un gelato al cioccolato e fu così che si sedettero al bar, lontani da orecchie indiscrete, Le Long disse al bambino .
:- Ci racconti chi facisti aieri sira ?
:- A casa, 'nta na cascia, vitti nu scatuluni chinu i bumbi i natali, tric-trac, surfaroli, purbiri nira chi 'nci sirviva a me patri mi faci i cartucci pu fucili.
U pigghiaia a mucciuni, u purtai 'nta strada, fici na miccia cu na striscia i giurnali e ci misi focu, non fici in tempu mi fuiu chi scoppiau tutti i cosi, mi fischiunu ancora i ricchi. Non ci riciti nenti a me patri se no m'ammazza -
Il bambino era contento di avere confidato a qualcuno il suo segreto, per il resto non gliene poteva fottere di meno, unica paura a curria i so patri.
:- A mafia, le vendette, estorsioni, attentati, quantu ti travagghia u ciriveddu Spusey -
:- Megghiu cusì; Le Long, megghiu cusì -
La sera chiamò il maresciallo
:- Tutto a posto maresciallo, robba di pocu, piccolo incidente, non sacciu cu fu, comunque non si ripeterà, almeno credo, speriamu mi crisci -
:- Mi crisci cosa ? chiese il maresciallo
:- L'erba, mi crisci l'erba, cusì non si viri u bucu, bonanotti -
Dimenticavo, pioveva

U Grecu e la vacanza più bella

Il treno si ferma lentamente al binario due, giusto il tempo di scostare i capelli dagli occhi e mi giro ad osservare i miei compagni di viaggio c’è Nico che ha un bel da fare per cercare di limitare l’abbraccio di sua madre e c’è Lo Sfigato con un improbabile cappellino da marinaio. Abbiamo 17 anni e siamo in partenza. E’ la prima vacanza da soli. Per la verità doveva esserci anche Stè, ma il coglione ha beccato l’influenza a luglio. In compenso c’è Lo Sfigato. Non che lo volessimo proprio, ma serviva qualcuno per coprire il posto vuoto e contenere le spese. Le mamme ci pressano e noi non vediamo l’ora di salire sul maledetto treno e tirare fuori le nostre sigarette. “...Ciao Ma, stai tranquilla che non facciamo casino, si dai torniamo presto, si, si che mangiamo....”. Saliamo le scalette del treno e... magicamente siamo liberi, Liberi, LIBERI! La destinazione è Rimini, bè a dire il vero è Viserba di Rimini, Hotel Gin, tre stelle degradato a due, gestito da una coppia di anziani che sembrano usciti da un film di Fellini. Noi avremmo preferito il campeggio, ma il dictat familiare si è fermamente opposto e poi a caval donato non si guarda in bocca. La settimana finisce presto come una Camel fumata in discoteca mentre saltelli sulla musica di Jovanotti, ma che settimana! Tutte le notti in piedi fino alle quattro, ragazzine a perdere Barbaradimodena Elenadibrescia, Monicaditreviso, Simonadanonmiricordodadovecazzoveniva, nonmiricordocomesichiamaeforsenonl’homaisaputo, sbornie pure, pasti moooolto pochi (per risparmiare), liti tra di noi per chi lascia la camera libera, Lo Sfigato che ci fa ridere perchè non riesce a beccare nulla e noi in suo confronto ci sembra di essere molto fighi. “Cazzo, ma questo è il paradiso. Ma cosa mi sono perso in tutti questi anni. Ma non potevo venire qui invece di passare tutte le estati a Favazzina a non fare un cazzo?”.
Questo è quello che pensavo a bordo del treno per il ritorno mentre da dietro i Rayban guardavo il fumo della Camel che tra un po’ avrei dovuto buttare e correre a lavarmi i denti “Cazzo mi sa che devo buttare tutto il pacchetto che mi sgamano”, ma Favazzina è gelosa e possessiva. Se la tradisci è capace di regalarti un’estate che non dimenticherai facilmente infatti così è stato. Era l’estate del 1989 ho passato agosto a Favazzina pensando a Rimini. Sono partito con la consapevolezza di essermi sbagliato. Non c’è posto che possa darmi la stessa soddisfazione, non so spiegarmi il motivo, ma in quei quattro vicoli e in quella piazza polverosa c’è qualcosa di me che mi spinge a tornarci anno dopo anno. Nell’agosto del 1989 a 17 anni raggiunsi questa consapevolezza. Ogni estate è stata meravigliosa.

venerdì 17 aprile 2009

Strafavazzina

Sono sempre stato un amante della corsa, fin da ragazzo, e partecipando alle varie gare amatoriali che a Milano e dintorni si svolgevano, Stramilano compresa, mi venne in mente nel lontano 1986 di organizzare la Strafavazzina.
La prima cosa che mi preoccupai di fare, date le ridotte dimensioni del paese, fu quella di trovare un percorso valido che mi permettesse di poter far svolgere la gara in modo corretto.
Avendo una certa esperienza pensai di inserire nel percorso il tratto di strada Nazionale fino a Suttafrunti in modo da creare una selezione naturale e dare una certa fluidità alla gara.
Così come per il finale mi occorreva un lungo rettilineo poiché, all’arrivo non volevo si creasse confusione e non vi fossero contestazioni.
Questo il percorso che infine decisi di fare:
Partenza dal piazzale della stazione, strada Nazionale e primo controllo Suttafrunti.
Ritorno in paese e dopo aver percorso la via Aspromonte e la strada del cimitero, secondo controllo davanti all’ingresso della Snam.
Al ritorno svolta al campo e passaggio dalla vinedduzza, poi davanti alla casa dell’americano (la famosa casa bianca) e a quella del farmacista.
Attraversamento della Filanda e passaggio in piazza davanti alla chiesa, svolta a sinistra, risalita fino al primo vicolo e ritorno sulla via Aspromonte, la strada principale del paese. Poi imboccando il lungo rettilineo arrivo sul piazzale della stazione.
In tutto cinque chilometri, cronometrati da me e u Longu col contachilometri della sua moto.
Il problema più grosso lo ebbi nel voler far correre la gara sulla Nazionale.
Essendo una Strada Statale (SS 18) ci voleva nientemeno che l’autorizzazione del prefetto.
Con l’allora delegato del paese nToni B. mi recai a Scilla in comune (anche allora vi era l’attuale sindaco) per chiedere se per il giorno della gara poteva mandarci un vigile, ma il sindaco accampando scuse più o meno credibili, ci disse che non poteva esaudire la nostra richiesta in quanto non aveva nessuno disponibile da mandare a Favazzina.
Ero demoralizzato e pensavo che tutti gli sforzi fatti per organizzare la corsa erano stati vani, ma compari Ntoni che era amico del comandante dei carabinieri volle fare un ultimo tentativo e speranzosi ci recammo in caserma. Il comandante fu molto cordiale e dopo averci ascoltato, ci promise che il giorno della gara avrebbe mandato due carabinieri per disciplinare il traffico (qundu niscimmu compari Ntoni mi rissi chi nc’iva prumuttutu nu panaru i limuni).
I cartellini li avevo già preparati a Milano, le medaglie, le targhe e le coppe li comprai a Reggio con i soldi raccolti con le iscrizioni.
Parteciparono oltre cento persone di tutte le età e, è giusto ricordarlo, fu un successo strepitoso e per me una grande soddisfazione, poiché feci quasi tutto da solo.
La sera in piazza ci furono le premiazioni e coinvolsi tutto il paese, fu davvero una bella festa.
Indimenticabile e forse oserei dire irripetibile.

'A partita i Sulanu

Non ricordo chi organizzò quella partita di calcio. Sospetto che sia stato Spusidda oppure Macisti o tutt'e due anita ma, rassamu stari, non voglio saperlo e teniamoci le amicizie. Doveva essere poco più di una lezione di gioco da impartire ai sulanoti con nonchalance e sufficienza. "Quattru schiappi, ma quandu mai vitturu nu palluni, non sannu mancu se è quathratu o tundu", queste le parole del nostro allenatore. Avanzammo pure dei dubbi riguardo al campo di gioco, i più dicevano che avremmo giocato in una timpa o persino nta nu vadduni ammenzu e sipali. Eh già, ché noi eravamo abituati al maracanà dò recordacao, potevamo lamentarci. Ci inoltrammo intra a nu castanitu, comu a jiri pi fungi, ma dopo poca strada apparve un bellissimo spiazzo di terra, piano e liscio come bigliardo, forse un pochino sabbioso. Piacevolmente sorpresi chiedemmo come avevano potuto ottenere quel miracolo di campo: successe che, cu nu menzu maiali i ccà, na mangiata i crapa i ddà, na vardata e ruspi nto canteri chi ali voti vannu in autocombustione, approfittando degli operai che costruivano l'autostrada spianaru nu castanitu sanu sanu e il campo di calcio nacque.
Riscaldamento pre-partita, con timore notammo che i sulanoti profondevano energie a strafottere: "minchia quantu currunu!" " aundi, non viri chi sunnu mpasturavacchi?" Il nostro allenatore era un motivatore, dobbiamo dirlo. Sulla partita è meglio non dilungarsi. Probabilmente a causa della rarefazione dell'aria, a quell'altitudine, avevamo le allucinazioni: sembravano sedici e tutti volevano fare gol. E forse tutti lo fecero. Ndi salaru ra facci e ra storta, mungriandu comu tanti cani malati ndi turnammu pa casa. Dopo quella carrettata di gol ci consolammo con il furto di varie sporte di paniculu lungo la via del ritorno: bugghiutu, sarebbe stata la nostra parca cena di sconfitti.
L'allenatore prima dell'arrivo al paese ci istruì: "figghioli, sintiti a mia, ricimu chi pareggiammu." Forse era già uscita l'edizione serale perchè appena entrati in piazza fu un coro di "o scazacani, pirdistuvu chi sulanoti? ma non jati mi vi mmucciati?" persino un "sdisonorastuvu nu paisi!" Ellamadonna, se l'avessi previsto sarei andato in esilio. Scendemmo in spiaggia a lenire le ferite con l'acqua dell'amato mare consolatore, il sole tramontava ma piano più piano del solito e ci negava il velo pietoso del buio. Capimmo che quella sconfitta era una svolta epocale, un mondo moriva ingloriosamente e nuove energie affioravano: nel tempo avrebbero portato linfa fresca di edificante concretezza.
Sarebbero scesi a Favazzina per la rivincita e avrebbero vinto nuovamente.

giovedì 16 aprile 2009

Teresa a Liuni e l’orto

Teresa a Liuni (non fatevi ingannare dal soprannome, ma a maricchiedda non ruggiva affatto piegata com'era quasi a 90° per via di una malformazione alla spina dorsale) aveva l’orto proprio a ridosso della spiaggia, in fondo al campo, difeso solamente da una siepe di ramagghia e quando vi erano le mareggiate, l’orto e il condotto per irrigare, si riempivano di sabbia.
Nell’orto vi era una casetta di legno, dove a pianterreno la Liuni teneva le pecore e tutti gli altri animali, mentre al piano superiore vi era accatastato il fieno.
La casetta poggiava sul muro di cinta e dava da un lato sul campo (il dietro per la precisione) e dall’altro sulla spiaggia. Quando il mare si portò via l’orto, in piedi rimase solo la casetta e noi ragazzi ci ritrovavamo a giocare a carte e, nelle giornate uggiose, a ripararci dalla pioggia.
Ricordo, in inverno, quando vi era il mare grosso mi rifugiavo all’interno della casetta e sfidando il freddo rimanevo ore a contemplare il mare in burrasca.
Con l’arrivo dei primi caldi vi era l’esigenza di irrigare l’orto e a Liuni pertanto aveva la necessità di togliere, soprattutto dal condotto, la sabbia accumulatosi durante le mareggiate.
La poveretta non aveva nessuno che potesse farlo, Ninu Pinghi, suo marito era vecchio e malato e allora lei si rivolgeva a noi ragazzi per farsi aiutare e noi di buon grado le davamo una mano a spalare la sabbia.
Lo prendevamo come un divertimento e seppure accaldati dal sole che già si faceva sentire e grondanti di sudore, per l'impegno che ci mettevamo, non avvertivamo affatto la fatica.
A lavoro finito a Liuni ci ringraziava e sorrideva sotto i baffetti che si lasciava crescere in piena libertà; mai stata vanitosa lei!
Noi d’altro canto non pretendevamo niente in cambio anche se poi, per ripagarci dal lavoro svolto, andavamo a fregarle a nucidda americana che lei, sebbene non riuscisse a mangiarne nemmeno un baccello, tutti gli anni con rinnovato impegno si ostinava a piantare.

mercoledì 15 aprile 2009

Il motoscafo impazzito

Un caldo giorno d'estate in rada (fora ri massi) un motoscafo era alla deriva, a poppa due meccanici improvvisati si affannavano a riparare il motore che ormai senza coperchio e semi smontato, non voleva saperne di ripartire.
Il mare era calmo o quasi, solo qualche onda lunga rifletteva tempeste lontane.
I due meccanici erano, Gianni u Pinginu alias il Principe, futuro Direttori, nonchè proprietario del natante, l'altro era Natale B. detto Natale B. e basta, mio carissimo amico e solidale.
Ad onor del vero quello che ci capiva qualcosa era Gianni, Natali lo assisteva, lui eccelleva in altri campi, biliardo, carte e conquiste, ma quelle vere, non comu sti novelli tombeurs des femmes d'Oltralpe.
Mentre erano intenti alla riparazione, all'intrasattu, Gianni cu sapi chi tuccau, fattu sta che il motore si accese e partì come una scheggia, sbalzando i due nobili favazzinoti foribordo, insomma cariru a mari ed il motoscafo senza guida, girava comu nu palorgiu, pariva nu squalu tigre che gira intorno ai naufraghi prima mi si mangia.
Commenti da riva:
Tecnici : dilettanti
Ansiosi : o mali pi mmia
La maggioranza : risati ra Maronna
Si organizzarono i soccorsi, venne salpata una sialuppa (a barca i C.) con a bordo due rematori, Scheccia e Roccu G., nu remu l'unu, a prua in piedi il capitano, Enzo S.
Enzo S. veniva dall'Istituto Nautico e conosceva perfettamente la terminologia marinaresca.
:- Naufraghi dritti di prora, motori pari avanti tutta - disse il capitano
:- Motori sta minchia - rispose Scheccia, affondando il remo nell'acqua
All'improviso il motoscafo smise di girare su se stesso e puntò dritto contro il quarto molo.
Quando ormai sembrava inevitabile lo schianto, cambiò ancora direzione e puntò dritto contro la scialuppa.
:- Natante a tribordo in rotta di collisione, prepararsi ad abbandonare la nave -
disse il capitano
:- Ma comu cazzu parra chistu, quali navi ? pensò Rocco
Ma per fortuna o come altrui volle, il motoscafo si rimise a girare comu nu palorgiu, urlando la potenza dei suoi cinquanta cavalli.
:- Senti capitano, non te lo volevo dire, ma c'è in mezzo al mare.....
:- Sta zittu e rema, Scheccia - rispose burbero il capitano
Ma come, un precursore della poetica de gregoriana, 'nci voli furtuna.
Furono recuperati i naufraghi, bisognava recuperare il motoscafo.
Se era un film americano, non ci vuliva nenti, Indiana Jones con la frusta agganciava il motoscafo e facendo sci nautico scalzo fino all'isole Eolie, domava la bestia, oppure l'ispettore Callaghan (collega di Spusey) con la sua Magnum 45 Parabellum a canna lunga, cu na revorberata faceva saltare i pistoni del mostro facendo trionfare la legge (?), ma eravamo a Favazzina, con pochi mezzi e poi non era un film.
Il genio favazzinoto, quando vuole, è superiore ai film americani e alla loro super tecnologia, basta nu pagghiolu vecchiu i plastica, e ve lo dimostro.
Ricordate che il motore era senza coperchio e con tutti i meccanismi a vista, ebbene il capitano, armato di pagghiolu, appena il motoscafo arrivò a tiro, 'nci scaricau na pagghiolata i mari mandandolo in corto circuito, spegnendolo.
Dalla riva un peana
Il motoscafo fu legato a delle cime per essere rimorchiato a riva e quando tutto fu pronto, il capitano disse:
:- Missione compiuta, motori avanti adagio, prepararsi per l'approdo -
:- 'Nci mancava mi imu forti, cu cincu cristiani e nu motoscafo a rimorchio, ma cu mi chiamava ? - pensò Rocco, ma era contento per la riuscita dell'operazione.
Saluto con affetto tutti gli amici protagonisti di questa storia vera nella sostanza, dubbia per quanto riguarda solo i rematori, saluto specialmente Ninu Scheccia che non è più con noi da tanto tempo, pigghiau na pagghiolata i mari dalla vita.
Vola, Scheccia, vola, il tuo ricordo, per alcuni di noi, non si poserà mai

Maledettooooooooooooooooo.........



Il fatto e’accaduto nell’agosto del 2001 a Favazzina.Quanto tempo e’ passato,mi sembra una vita fa.Era l’anno della mia “maturita’quindi la parola d’ordine era:”BURDELLU”!!!
Questo racconto e’ dedicato a :Maria Grazi,Simon,Alessandr,Pepp Innell,Carl,la barca di Carl e una fiat 126.Ringrazio tutti gli altri per la partecipazione…
Erano giorni difficili e tristi.Mia madre purtroppo era fuori Reggio per seri motivi di salute.Mio padre sempre con lei.Ogni tanto lui tornava a Favazzina.Io e Maria Grazi abitavamo da soli,si fa per dire!La tristezza era infatti bilanciata da una liberta’ estrema e da una coppia d’attacco:Di Natale-Irali!A questa si aggiungeva spesso un altro bomber:Innella!
Racconto i fatti,tutt’oggi contestati da mia sorella.
Mio padre ritorna a Favazzina per pochi giorni per poi risalire al nord per i motivi precedentemente detti.A casa c’ero molto poco e, vista la mia assenza,se mio padre aveva qualcosa da dire, per forza di cose,la doveva dire a mia sorella.
Arriva il giorno della partenza di mio padre e io lo dovevo accompagnare alla stazione di Villa per prendere forse l’ultimo treno della giornata.Mio padre doveva essere sul quel treno assolutamente .Questione di vita o di morte.Si trattava di mia madre in fondo.Ma che io lo dovessi accompagnare alla stazione di Villa lo sapevano mia sorella e lui,io non sapevo nulla,giuro.Dovete sapere che ancora quando racconto questa storia(tra l’altro richiestissima) ed è presente mia sorella,ancora mi grida dietro perche’ e’ sicura di avermi avvertito della partenza.Ma io vi posso assicurare che non mi era stato detto nulla.Cmq mio padre doveva prendere il treno verso le16/17.Caldo torrido.
Non sapendo della partenza, cosa organizzo?Una super battuta di pesca con i fratelli Labat(I minnici) e altre ragazze di Villa.Non potevo mancare ovviamnte.Siamo partiti per le ore 15 e siamo tornati verso le 19.Io gasatissimo perche’ avevamo preso un sacco di pesci…
Decidiamo di ritornare a casa visto l’orario.Eravamo arrivati oltre le grotte di Bagnara.Non si arrivava mai .Ma arrivati verso la fiumara,quindi verso la prima spiaggia,sento da lontano delle voci.Mi sembravano delle normali voci provenienti dalla spiaggia.Ci avviciniamo con calma e quelle voci sembravano grida!!!!!!!!Erano grida!!!Guardo la spiaggia e vedo un gruppo di persone che ci chimava e io contentissimo perche’ pensavo ci chiamassero perche’ erano felici di vederci,forse perche’ curiosi di vedere cosa avevamo preso.Passano due minuti.La vista diventa piu’ chiara e le voci ora sono chiarissime.Vedo nell’ordine:mia sorella,Innell,Iral e tanta altra gente tra cui Simon con il cane.C’era una folla di gente.Dalla barca inizio a salutare ma vedo mia sorella in lacrime,disperata.A seguire Ales che mi indicava con le mani”Ti fa un culo cosi’” e Innell che mi faceva il segno della croce.Non capivo…non erano li per noi,per vedere cosa avevamo preso…era successo qualcosa…e qualcosa di grave.Mi innervosisco perche’ mia sorella gridava come una pazza cose del tipo”dov’eriiii…tornaaaa…ti ammazzaaaaaaaa”,insomma mi sembrava un incubo.Poi vedevo quei due gesticolare in quel modo,col loro sorrisino malefico da “scenetta” !!!Allora veramente mi sono cacato sotto.Entro nel panico.Dico a Carl,al timone, di andare piu’ forte con quella barca ma Carl dormiva “alla dritta”.Immaginate Carl sempre alla stessa andatura e io nel panico piu’ totale che gli dico di sbrigarsi che doveva essere successo qualcosa.Insomma Carl continua ad andare piano ed io incurante della mala figura nei confronti delle ragazze,salto dalla barca,eravamo fuori dagli scogli,e mi butto a mare per affrettarmi.Sudavo freddo:”Che e’ successo”.Nessuno che mi dava una risposta se non:”Tuo padre ti ammazzaaaa”.Mia sorella mi dice che dovevo accompagnare mio padre,che mio padre era diventato un killer e che se mi prendeva mi scassava di botte.Io reagisco volendo menare mia sorella perche’ non sapevo nulla e mi fermano Innell e Iral.Andiamo verso casa…e i piu’ grandi cioe’ Pepp e Ale mi raccontano la situazione penosa ricordandomi che mio padre era un pomeriggio che mi cercava e che loro erano andati a calmarlo ma non voleva sapere nulla,non riuscivano manco loro a calmarlo.Era l’ultimo treno da prendere…
Dalla prima spiaggia a casa questo era il dialogo:
Innell:”allora,appena tuo padre ti vede,ti fai menare due pugni,due calci,lo fai gridare e sfogare un poco e poi interveniamo io e Ale e lo blocchiamo…ma ti devi fare prima menare per quanto e’ incazzato…altrimenti niente…”
Io rispondevo dicendo che se mi avesse toccato mi sarei difeso reagendo.
Iral:”allora non hai capito….e’ una bestia…fatti prima ammazare e poi noi interveniamo…”
Ancora discussioni prolungate finche mi convinco:meglio farmi ammazzare di botte cosi’ poi loro lo tengono e si risolve tutto.Lo so,è assurdo!!!
Quando mi vedono dalle parti del chiosco tutti mi ricordano che mi cercavano e Placid mi dice “se ti pigghia to patri…”.Giusto quella frase mancava.
Arriviamo a casa in venti persone circa e inizio a chiamare mio padre con voce sottile e turbata:”Papa’…papa’?!?”Non rispondeva.Lo immaginavo in giro per il paese come una belva che mi cercava.
Riguardo Pepp e gli ricordo i patti:”lui mi mena…ad un certo punto intervenite tu e Ale,lo bloccate senno’ mi ammazza”.Pepp:”Tranquillo,non ti preoccupare”.Ale sorrideva!
Tutti in file indiana facciamo il giro da dietro e arriviamo nel garage.Accanto a me Pepp e Ale pronti.Introduco la faccia poco a poco nel garage dove vedo la 126 di mio padre con lo sportello appena aperto e la luce accesa molto sfocata.Sembrava l’inferno.
Chiamo:”Papaaaaaaaaa’”,lo chiamo ancora finche’ non si muove qualcosa.
Ad un tratto la macchina incomincia a muoversi.Sembrava ci fosse un terremoto.Quella lucina della 126 cosi’ sfocata…e alla fine quell’urlo disumano che scandiva un:”Mmmmmmmm……maaaaaaaaaa……maleeeeeeee……mmmmmmmmmmmmaaaaaaaaallllllllllllllllllllllllllleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeedddddddddddddddeeeeeeeeeeeeeeettttttttttttttttttttttooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo”.Non avevo mai sentito un urlo cosi’ forte…riassumo la scena.All’urlo guardo tutti e grido anche io:”VIA”.Tutti scappiamo e in special modo quei due coraggiosi di Innell e Iral che avevano il compito di tenere mio padre….
Morale della favola?Grido’per un giorno intero senza menarmi per fortuna .Alla fine prese un altro treno e sali’ al nord.Ando’ tutto bene.
P.S:Vatti a fidare degli amici…

martedì 14 aprile 2009

Una vacanza di su… ccesso

Finalmente mia moglie era riuscita ad esaudire il desiderio che agognava da tempo, andare in vacanza a Sharm el Sheikh, in Egitto.
Prima di partire dei nostri amici che c’erano già stati ci avevano consigliato di non bere acqua o liquidi che non fossero sigillati, era facile ci dissero prendere la diarrea. Per cui prima di partire ci rifornimmo di fermenti lattici e di pastiglie contro la diarrea e per non correre rischi ci portammo pure una buona scorta di acqua minerale.
Giunti all’aeroporto, l’area dove si ritirano i bagagli era piena di ragazzi egiziani, i quali appena vedevano che guardavi la tua valigia che girava sul nastro, te la soffiavano sotto il naso e poi volevano dei soldi per ridartela, cinquemila lire (allora non c’era l’Euro) per il disturbo (minchia che fatica!).
«Rammi a valigia!» gli dissi in calabrese al ragazzo che credevo me la stesse fregando.
«Cinquemila, cinquemila» rispose in italiano.
«Ma quali cinquemila, rammi a valigia!» e gliela strappai di mano.
Siccome continuava a venirmi dietro e a rompere i coglioni, tirai fuori di tasca mille lire per dargliele e levarmelo di torno. Ma lui ne voleva cinque mila e seguitava a ripetere lo stesso ritornello.
«Se voi chisti aiu, se no po iari ma fan to culu!»
Vedendomi deciso a quel punto se li prese e mandandomi a sua volta sicuramente a fan culo, in egiziano, si dedicò ad un’altra valigia.
Due giorni dopo il nostro arrivo, la sera andammo a Na’ama bay a fare shopping e a comprare qualche souvenir da portare in Italia (il classico papiro made in China), ma più che fare shopping passammo buona parte della serata a cercare un cesso, poiché mia moglie colpita da un violento attacco di mal di pancia, c’era mancato poco che se la facesse addosso.
Mi pareva strano che io essendo debole di stomaco, non avvertissi ancora nessun sintomo. Non dovetti aspettare a lungo e tornati in albergo dovetti correre subito al cesso.
Da quel momento iniziò la mia disavventura e ad ogni due per tre, con dolori lancinanti alla pancia, dovevo precipitarmi al cesso.
Al mattino c’era la navetta che ci portava al mare in una spiaggia stupenda dove vi era una barriera corallina meravigliosa. Prima di partire facevo due, tre sedute per liberarmi completamente, poiché sulla spiaggia vi era di tutto per noi dell’albergo, tranne il cesso.
La cosa andò bene per i primi giorni, poi un pomeriggio mentre ero sdraiato al sole, cominciai a sentire in pancia dei movimenti sospetti. Sperai fosse un falso allarme, ma purtroppo non era così e quando mi accorsi che non c’è la facevo più a resistere, mi misi a cercare un posto dove poter espletare l’impellente bisogno. Ma la spiaggia era piena di bagnanti che facevano snorkeling e non sapevo proprio dove andare. Nonostante vi fossero almeno quaranta gradi avevo i sudori freddi e stringendo le chiappe seguitai a cercare un posto isolato dove appartarmi. Quando oramai ero convinto che me la sarei fatta addosso, vidi che nella scogliera vi era una piccola rientranza. Al limite della resistenza, mi infilai dentro quel pertugio e con un gioia incontenibile mi liberai immediatamente. Nemmeno il tempo di tirarmi su il costume che sentì delle voci che venivano verso di me.
«Caro guarda che belli questi coralli!»
«Davvero stupendi! E i pesci? Guarda che colori!»
Mi vidi perso anche perché nel mare si era formata intanto un’enorme chiazza marrone, ancora pochi passi e avrebbero visto uno spettacolo davvero sorprendente.
Erano un ragazzo e una ragazza e si avvicinavano proprio dalla mia parte.
Presi freneticamente ad agitare il mare nel tentativo di disperdere la chiazza e quando i due ragazzi mi passarono accanto, un po’ si era disciolta. Sicuramente vedendo che mi dibattevo lì nel mare come un forsennato, come minimo pensarono che fossi scemo.
Grazie anche ai pesci, che un pasto così succulento davvero non se l’aspettavano, dopo un po’ non rimase più traccia della mia malefatta.
Nei giorni seguenti, sebbene andassi solo a the e riso in bianco, dovevo lo stesso correre continuamente al cesso, credo che ormai avessi la dissenteria
Persi quattro chili quella volta in Egitto, però a parte tutto non posso dire di non aver fatto una bella vacanza… sul cesso!

P.S. - Scusate se sono stato forse un po’ troppo diretto, ma spero che nessuno di voi si venga mai a trovare in una situazione come quella che vi ho raccontato