Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

martedì 17 marzo 2009

I luoghi storici di Favazzina

Se uno sale al Ponte, poco prima di arrivare alla centrale idroelettrica trova, sulla destra, un sentiero che un tempo, quando Favazzina era al massimo del suo splendore e le vigne erano ancora coltivate, arrivava fino a Melia. E’ il sentiero che porta a Brancatò e a Fermo, poi proseguendo a Mittà dove vi era e vi è tuttora un uliveto rigoglioso, quindi ai Nuciddari e infine come detto a Melia.
Imboccando il sentiero si passa davanti a quello che fu il trappito, con la macina che era mossa da un bue bendato e dove veniva ricavato l’olio dalle olive di Mittà. Salendo si scorgono ai lati del sentiero numerosi alberi di bagolaro “i spazzanasari” sui quali io e i miei amici da ragazzi andavamo a cogliere i spazza nasi e prima di arrivare a Brancatò si incontra la “pietra liscia” una parete rocciosa, aggirata dal sentiero, davvero molto particolare.
Brancatò è un pianoro sopra Favazzina, dove vi erano delle vigne stupende e dal quale si può godere di un panorama mozzafiato. Ricordo, soprattutto in primavera, le numerose violette che crescevano un po’ dappertutto ed emanavano un profumo intenso e le fragoline di bosco che raccoglievo dentro delle foglie di vite e delle quali ero ovviamente molto goloso. Da Brancatò il sentiero, proseguendo, attraversava un bosco di castagni e in autunno, quando andavo su per vendemmiare, era pieno di ricci e di castagne che io raccoglievo per mangiarle crude dopo averle pulite con un coltellino che portavo sempre nella tasca dei pantaloni. Al termine del bosco il sentiero sbucava all’Ariedda chiamata così poiché era una zona sempre arieggiata, inoltre vi picchiava continuamente il sole e in primavera quando le ginestre erano fiorite si respirava una brezza profumatissima.
Da lì fino a Fermo il sentiero era tutto pianeggiante e si procedeva con meno fatica, allegramente.
Fermo era una contrada ricca d’acqua e nelle vigne vi erano numerose sorgenti, la più importante si trovava sopra il sentiero, ai margini del bosco e, specialmente in estate, era un piacere abbeverarsi e rinfrescarsi dopo la fatica della salita.
Mio nonno nella sua vigna aveva fatto costruire una vasca “na gebbia” e grazie all’acqua vi coltivava i più svariati ortaggi. Vi era inoltre un albero di fichi a mulingiana maestoso e io e u Longu ci facevamo delle scorpacciate esagerate. Un’altra cosa che ricordo con piacere era l’origano che vi cresceva ed io ne raccoglievo dei mazzi enormi.
Che dire ancora, che a mio modo di vedere era uno dei posti più belli di Favazzina?
Magari esagero ma mi sarebbe piaciuto che quelli più giovani avessero gustato quei luoghi, che avessero avuto la fortuna di frequentarli, la stessa che io e quelli della mia età abbiamo avuto.

UNA GIORNATA DI PRIMAVERA

Da bambino con mio padre, sembra ieri,
camminavo allegramente per sentieri,
la rugiada sopra l'erba che ci bagna,
verde mi appariva la campagna.
La brezza leggera del mattino
il volto accarezzava al contadino,
segnato di lavoro e di fatica,
dura la terra, dura e pure amica.
Veniva giù dai colli fino al piano
andava, chissà, a perdersi lontano;
intorno tutta l'aria profumata,
bella pensavo sarà questa giornata.
Mentre colgo e tengo tra le dita
una rosa e una margherita,
annuso le ginestre, poi le viole,
giro lo sguardo e cerco il sole.
Dal monte che si erge sopra il mare
stanco una notte d'aspettare,
spuntava in quell'istante il primo raggio,
quel giorno, lo ricordo, era in maggio.

6 commenti:

arcade fire ha detto...

E'la descrizione dell'Eden. Bravissimo Mimmo, anche per la poesia.

chinnurastazioni ha detto...

Fantastico il tuo modo di ricordare Favazzina, sembra di stare in un mondo incantato, l’Eden di cui parla Mario. Riesco a sentire i profumi e gli occhi mi si riempiono di colore. Non hai dato risalto ai rumori; cinguettii d’uccelli, fruscii di foglie, credo che anche quelli siano particolarmente importanti nei ricordi. Penso che dentro ognuno di noi ci siano dei ricordi così idilliaci che ci riportano alla tenera età. Non rammaricarti se i nostri figli o i giovani in generale non hanno nella mente le immagini di Favazzina che hai tu, loro ne hanno accumulate altre , egualmente importanti

mariuzza ha detto...

e se sta stati ndi jarmamu di falce e ma.. (ah no chidda è natra cosa) solo di falce e ndi facimu na passiata all'arieddha?
un abbraccio a te poeta di favazzina e del mondo. grazie di farci rivivere l'incanto del nostro paese

mariuzza ha detto...

o ricu ndi armamu di falce o ricu ndi jarmamu con falce.
è cchiu giustu sicundu mia...

Spusiddha ha detto...

cara Mariuzza andare a rivedere quei posti non sarebbe una cattiva idea, ma voglio anche Mario e u Longu. U marteddu non sacciu, ma a faci nci voli e puru na sciunetta.
Ndi iarmamu mi pari chi giustu.
Un abbraccio grande, grande anche da mia moglie.

u'longu ha detto...

Spusidda mi fai tornare bambino e perforare la scorcia mi fa un pò male.
Che tempi e che mondo, caro cugino, riesci a ricordarlo con tanto amore anche se, come ben sai, quanto cofani, canni, pali,concime, pira, panari,
abbiamo trasportato, sulle nostre esili spalle da bambini
Mille volte meglio quel mondo bellissimo che quello bacato di adesso