Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU

martedì 17 marzo 2009

Le parole

Papé satàn, papé satàn aleppe!
Le parole nei commenti paiono incomprensibili perse come sono nel palleggiamento tra i non mi hai capito, non ho detto questo, viri mi leggi bbonu, cusapi chi liggisti.
A volte le parole quando diventano onde sonore o segni su una pagina non rappresentano più il pensiero che le ha create come quando tronchiamo, prima che arrivi alle labbra, la parola pensata e la sostituiamo improvvisamente con un'altra: chi ci ascolta percepisce quello che avremmo voluto dire non quello che abbiamo detto. Come il signor Rossi quello che era stato colpito da una malattia che gli rubava le parole anzi no, più che rubare gliele sostituiva. Ricoverato già da tempo non ne poteva più del vitto e avrebbe voluto dire "sempri pastina nta stu cazzu i spitali?" invece diceva "depali tarelli le condavi sapotta?" e noi capivamo quello che avrebbe voluto dire non quello che diceva. Gli piaceva un'infermiera, gli si illuminavano gli occhi e le diceva "partela so falella rigana?" ma avrebbe voluto dire "u sapiti signurina chi siti propriu pulita?" L'infermiera capiva quello che lui avrebbe voluto dire, non quello che diceva, e arrossiva. Con la suora erano santi da nominare invano, si innervosiva quando gli veniva accanto e avrebbe voluto dire "tuccamundi i palli!" invece diceva "giaroni posenna!", anche la suora capiva quello che lui avrebbe voluto dire e scappava con la tunica fra le gambe. Aveva una sorella che veniva a fargli visita ma la detestava e spazientito le disse "vandora rabala comelli? Zalalea co landisa!" ma avrebbe voluto dire "ta futtisti l'eredità? Vatindi pa casa!" e ella, che capì quello che non aveva detto ma che avrebbe voluto dire, non tornò mai più. Finalmente guarì, lo rappezzammo alla bell' e meglio però le parole gli restarono guaste. Ora, mi hanno riferito ma stento a crederlo, scrive racconti di successo. I critici letterari capiscono quello che lui scrive e non quello che avrebbe voluto scrivere. In questo caso, è una fortuna.

Il signor Rossi in realtà si chiamava V, era originario di Polistena e fu ricoverato nel dicembre del 1983 all'ospedale Sant' Orsola di Bologna a causa di un infarto cerebrale che aveva colpito la cosiddetta area di Broca che è una regione del cervello che presiede alle funzioni riguardanti il linguaggio. Il linguaggio ne risulta compromesso con questa particolarità: il malato capisce e pensa le parole in modo più o meno corretto ma quando parla fa uso di parole "inventate" e senza senso "comune". Questa malattia si chiama Afasia di Broca.

Dante: Inferno, canto VII: il più famoso verso afasico della letteratura italiana

8 commenti:

mariuzza ha detto...

Arcade te l'ho detto che sei un genio? te l'ho detto che mi metto a cercare una casa editrice per far pubblicare i tuoi racconti? te l'ho detto che guai a te se ti allontani da questo blog?

chinnurastazioni ha detto...

Quante parole che si dicono,tante parole, non sono mai abbastanza.Parli, parli e la gente non ti sente,è distratta.Dici na cosa e sindi capisci nasra.Parole dette e poi rimangiate; parole buttate così senza pensarci.Chiacchieri, è poi ti dimentichi,ma la gente si ricorda di quello che dici! Non ti accorgi quanto male fai.Sei sciatto perchè parli solo di stesso,non ti preoccupi dei bisogni dell'altro.Parole che si vogliono dire e non si dicono,ferite che non si possono rimarginare.Ho parlato troppo......Il silenzio è d'oro

romanaccia ha detto...

Mi piace molto moltissimo e anche un po' di più. E Oliver Sacks che mi piace solo abbastanza può andare a cogliere cricope a labbru i mare.
Mariù stai buonina che la casa editrice già c'è.

Spusiddha ha detto...

Grande Mario come sempre, ogni tuo scritto è eccezionle, unico!

u'longu ha detto...

Ciao Mario, imprigionato da impegni ma sempre felice di leggerti, Montecarlo non basta più, bisogna scegliere posti esotici, sempre se il capo mi concede di accompagnarti.
Senza gatto

arcade fire ha detto...

Grazie amici per la stima. Longu, la prima volta che vidi Montecarlo insieme a quel furfante del tuo gatto fu quando venimmo a trovare te che te la spassavi già vetusto d'onore e gloria.

hannalee ha detto...

Caro Arcade, manco da un bel pò dal Blog, ma quando, ormai sempre più di rado, ci rimetto piede, è magnifico trovare ad accogliermi i tuoi racconti. Saranno tutti frutto della tua fantasia, ma mentre leggo vedo i tuoi personaggi davvero davanti ai miei occhi.

arcade fire ha detto...

Hannalee, meravigliosa sorpresa. Spero che tu possa trovare il tempo di frequentare il blog perchè si sente la tua mancanza. Ciao.