Benvenuti a Favazzinablog

Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
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Salutamu!
UGRECU

lunedì 22 settembre 2008

Una storia paranormale

Vi racconto una storia accaduta a mio padre nei primi anni cinquanta, una storia che, come avrete modo di leggere, sconfina nel paranormale.
Quando l’Italia, nel lontano 1940, entrò in guerra mio padre aveva allora ventisette anni. Fu lasciato inizialmente a casa, poi, dopo l’armistizio nel 1943, a trent’anni, fu richiamato alle armi, ma non ritenuto idoneo per andare a combattere in prima linea, data l’età, fu arruolato nella riserva. Fu mandato a Diamante, un paese in provincia di Cosenza, e insieme ad altri commilitoni, assegnato a pattugliare la linea ferroviaria, per scongiurare eventuali sabotaggi dei tedeschi in ritirata. Un giorno si trovava di pattuglia nei pressi di Favazzina, vuoi per la nostalgia di casa, vuoi che si era da poco fidanzato con mia madre, in un vidiri e svidiri, lasciò la compagnia e si presentò a casa da mia madre. A nulla valsero le esortazioni per farlo ritornare in caserma e lui per evitare guai, andò a nascondersi in una casetta, in una sua vigna a Fermu. Un paio di giorni dopo, com’era prevedibile, vennero a cercarlo i carabinieri e dato che non lo trovarono (ovviamente mia madre negò di averlo visto) le dissero che se si faceva vivo, era meglio per lui se rientrava in caserma. Mia madre e mia nonna lo supplicarono quasi in ginocchio per cercare di convincerlo e lui dopo una settimana, sebbene a malincuore, fece ritorno in caserma. Si giustificò dicendo che sua madre era molto malata e trovandosi così vicino a casa, non aveva resistito al desiderio di andarla a trovare.
Finita la guerra, quando ormai non ci pensava più, gli arrivò una lettera, nella quale c’era scritto che, in una tale data, doveva presentarsi al tribunale di Catanzaro per rispondere di un’accusa di diserzione. Tirando su tutti i soldi che aveva e con la morte nel cuore, un giorno prima della data stabilita per il processo, prese il treno per Catanzaro. In quei giorni a Catanzaro si stavano svolgendo parecchi processi per diserzione e gli albergatori, a conoscenza della cosa, avevano piazzato all’uscita della stazione i loro uomini. Uno di loro avvicinò mio padre, non era difficile per loro riconoscere chi arrivava in città per le prima volta, e dopo avergli chiesto se aveva bisogno di qualcosa, si offrì di accompagnarlo in albergo e a dargli l’indirizzo di un buon avvocato. Mio padre, preoccupato com’era, non aveva ne tempo ne voglia di cercarsi tanto l’albergo che l’avvocato e accettò l’offerta di quell’uomo. Andò prima dall’avvocato e, dopo avergli raccontato i fatti e ascoltato la linea di difesa che questi avrebbe tenuto, si recò in albergo. Arrivò che era già sera, cenò e stanco per la giornata intensa che aveva avuto e in ansia per quello che l’indomani l’attendeva, decise di andarsene a letto. Prima di alzarsi il padrone dell’albergo si avvicinò al suo tavolo e con fare da ruffiano gli disse che se voleva compagnia per la notte, avrebbe provveduto a fargliela avere direttamente in camera. Mio padre aveva altro per la testa e rifiutò garbatamente. Si coricò, ma non riusciva a prendere sonno, poi finalmente si addormentò, ma il suo fu un sonno alquanto agitato. Era in quello stato di dormiveglia, quando senti bussare alla porta. Pensò fosse la donna che il padrone dell’albergo, non volendo desistere, gli aveva mandato e deciso a dirle che non la voleva, senza riflettere disse «Avanti!». La porta si spalancò con una violenza inaudita e nella camera si scatenò l’inferno, pareva vi fosse un uragano. Mio padre rimase per un attimo sbalordito e non sapendo cosa fare, cercò istintivamente di proteggersi e tirò su le coperte coprendosi fino al volto, aspettando che quella furia si placasse. Ma quella cosa non accennava a fermarsi e lui, ormai completamente sveglio, capì subito si trattava di un qualcosa di soprannaturale. Mio padre non aveva paura di niente e di nessuno, nemmeno del diavolo (da ragazzo suo padre lo lasciava di notte nella vigna a Frunti a fare la guardia alla roba e lui dormiva da solo nella casetta) e anche in quella situazione non si fece prendere dal panico, si tirò su a sedere sul letto e tenendo gli occhi chiusi, prese a farsi il segno della croce e a invocare «Signore aiutami tu!». Così come arrivò, di colpo quella furia si placò. Mio padre si alzò, si vestì prese la sua roba e scese giù deciso a lasciare subito quell’albergo. Il padrone vedendolo con la valigia in mano gli chiese come mai voleva andarsene via a quell’ora di notte e mio padre di rimando gli chiese perché gli avesse dato quella camera. Il tizio volle sapere cosa gli fosse successo e mio padre gli raccontò quello che era accaduto. Quello rimase un attimo sconcertato e cercando di nascondere il suo turbamento gli disse che se voleva gli avrebbe dato un’altra camera. Mio padre a quel punto pretese di sapere tutta la verità altrimenti, minacciò, se ne sarebbe andato via senza pagare. Messo alle strette l’albergatore gli confessò che alcuni giorni prima, in quella camera, un tizio si era ammazzato e che lui mai avrebbe pensato potesse accadere quello che mio padre gli aveva raccontato. Comunque, lo rassicurò, appena giorno avrebbe chiamato subito un prete e avrebbe fatto benedire la camera. Insistette ancora affinché mio padre prendesse un’altra camera, ma lui non ne volle sapere, pagò e ritornò alla stazione ad aspettare, seduto in sala d’attesa, che facesse giorno, ancora scosso per quello che gli era capitato.
Per la cronaca mio padre venne poi assolto dall’accusa di diserzione. L’avvocato sostenne che mio padre aveva fatto ritorno in caserma spontaneamente e, cosa più importante, in possesso delle armi che aveva in dotazione, per cui non aveva affatto disertato. L’unica colpa che gli si poteva imputare era quella di essere rientrato in caserma in ritardo.
Per i più scettici posso assicurare che mio padre:
1- Non ha mai raccontato balle
2- Sono certo non facesse uso di droga
3- Non è mai stato un’ubriacone
4- Era completamente sveglio
5- Solo dopo ha saputo dall’albergatore che in quella camera un tizio si era suicidato.

7 commenti:

giusi ha detto...

...Io ti credo, credo in queste cose, anche perchè qualche anno fà mi sono trovata anch'io in una ituazione simile...
Abitavo in un'altra casa,prima di questa in cui vivo,era una casa indipendente con tre piani:la proprietaria abitava a pian terreno, il primo piano era sfitto, al secondo mansardato ci stavo io con mio marito.
Si sentivano sempre, anche di notte , dei rumori infernali, tanto che io attribuivo quei rumori alla signora di sotto e lei, non sapendo li attribuiva a noi:"chissà che combinano quelli...". Un giorno mi trovai in un discorso a dire il vero molto strano e interessante allo stesso tempo, con la mia vicina di giardino, la quale mi confidò che suo cognato tanti anni fà scomparve e poi lo trovarono dopo due giorni impiccato in cima alle scale dell'abitazione in questione.
Insomma...all'mprovviso un brivido mi passò su tutto il corpo e solo dopo capiì perchè s sentivano tutti quei rumori inspigabili. Chiamammo subito un prete esorcista il quale disse che quella era un'anima in pena e dopo non lo era più.....
Vorrei, la prossima volta rallegrarvi con qualcosa di diverso, a presto!!..

Malumbra ha detto...

spusiddha c'è una caterba di gente che non ci crede però.. vanno dai maghi!!

Nino u ficonsgi ha detto...

Ciao Spusuddha.....Malumbra ti colleghi sulu a sira....mi risparmi no....aundi ti la purtari intra a tomba i sordi...spendi spendi...chi non mori....:-)

Malumbra ha detto...

papero io lavoro e torno la sera a casa! mica sono come te che ti colleghi dallo studio e mentre fai finta di lavorare! e nel frattempo u bancomat si sbombica sulu mi ti viri.. QHE

arcade fire ha detto...

Azzardo qualche ipotesi.
1)se il trambusto l'ha sentito solo Compare Rocco potrebbe essere stato un episodio allucinatorio(visivo-acustico)forse a causa della tensione psichica:stanchezza e ansia per il processo.Non mi soddisfa.
2)se fosse stato un fenomeno legato al tormento di "un'anima inquieta"( il suicida)qualcosa si sarebbe sentito anche al di fuori della stanza.Forse.
3)Invenzione poetico-letteraria:sarebbe intrigante però non ci credo.
E' molto bella la figura di tuo padre così come l'hai tratteggiata e anche veritiera.Io me lo ricordo proprio così quando lo vedevo seduto davanti a casa, solido dentro un corpo usurato dal duro lavoro e mite dietro quel viso sempre sorridente.
Ciao Spusidda

P.S.non hai modo di recuperare le lettere d'amore che scrivevi per le zzite di Maciste. 'Ndi scrivisti sittatu supra a ddu cunduttu...e puru 'nta caserma...

Spusiddha ha detto...

Caro arcade fire grazie per le belle parole su mio padre.
Anch'io mi sono sempre chiesto una spiegazione, soprattutto perchè mio padre non era un cacasotto, e non era affatto suggestionabile.
La cosa che più mi colpisce è che lui dopo quello che gli era successo ha saputo del suicidio in quella stanza, comunque ti posso assicuare che quando la raccontava era davvero sincero.

georgie ha detto...

malumbra e nino, cane e gatto...mi fate troppo ridere!!!!!!!