Una domenica Enzo Ttizzafocu, Mimmo u Longu e Peppe Maciste spinti da una voglia irrefrenabile di pilu, decisero di andare a Messina a, come dice De Andrè nella canzone Bocca di rosa, soddisfare le proprie voglie (mi pareva poco elegante dire a puttane). Arrivati al porto ebbero la malaugurata sorte, diciamo così, di imbattersi in un tizio che faceva il gioco delle tre carte (in realtà Peppe mi ha sempre confessato che, secondo lui, quello, li stava aspettando. E che il tizio li avesse presi per cardoli non gli è mai andata giù). Non sto a dilungarmi su quanto avvenne, (il fatto merita maggior approfondimento, Longu pensaci tu), dirò soltanto che quello li lasciò praticamente in mutande, con la voglia insoddisfatta e senza nemmeno i soldi per tornare a casa. Il giorno dopo, la sera, io, Biasi e i tre ci trovavamo nella vecchia casa di Enzo, quella che aveva Suproponti, sulla Nazionale. Ci andavamo, di solito, dopo cena a giocare a carte o ad ascoltare della musica e a farci un sacco di risate per tutte le storie che Peppe, con la sua verve, non finiva mai di raccontare. Stavamo giocando a carte e Peppe, Enzo e u Longu, ancora abbacchiati per quanto gli era accaduto, decisero di raccontare a me e a Biasi la loro disavventura.
«Mi dispiaci pi tia chi si furbu, ma non ci pozzu cririri chi ti facisti futtiri i sta manera. No sai chi cu chiddi non rinesci mai mi vinci?» dissi rivolgendomi a Peppe. «Ddu figghiu i buttana era brau, ma chiddu chi mi fici fissa fu u so cumpari, chi facendu finta chi nuddu u virira, nci faciva a ricchi a carta chi vinciva. Nui mintiumu i sordi sicuri i vinciri, ma quandu chiddu vutava a carta non era chiu a stissa» cercò di giustificarsi.
«E’ nu truccu vecchiu chiddu ra ricchi isata, ma sulu i chiu bravi u sannu fari» gli dissi cercando di consolarlo.
L’avevo visto fare a un vecchietto, alla festa della Madonna che d’estate, fino a pochi anni fa, come tutti sanno, si faceva a Favazzina. Ero rimasto sbalordito dalla sua bravura e osservandolo avevo imparato anch’io a fare il gioco delle tre carte. Biasi, che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad ascoltare, con ostentata sicurezza disse «Se ncera ieu non mi faciva fari fissa».
«Arruau iddu!» rispose Enzo che ancora gli bruciava «U gghiocaturi».
«Tu po riri chiddu chi voi, ma a mia non mi futtiva» ribadì Biasi.
Peppe e u Longu, sapendo che sapevo fare il gioco delle tre carte, mi dissero di farglielo, per vedere, visto che si sentiva così sicuro, se era altrettanto bravo ad indovinare. Tra me lui non è che scorresse buon sangue. Non ho mai capito perché, ma non è che mi potesse vedere più di tanto. Comunque non ero io quello che gli stava sui coglioni più di tutti, al primo posto, nella sua personalissima classifica, vi era Ciccio Carnera. Ad ogni modo per evitare questioni mi rifiutai, ma loro insistettero e Biasi punto sul vivo mi obbligò a farlo. Presi tre carte e, mostrandogli l’asso, cominciai a muoverle con destrezza «L’asu vinci, l’asu perdi, l’asu vinci, l’asu perdi. Aund’è l’asu?» e con estrema rapidità li disposi sul tavolo.
«Virimu se nzerti» Peppe lo sfidò.
Biasi fissò attentamente le carte poi, con una manata che rimbombò nel silenzio che era calato nella stanza, coprì quella che secondo lui era l’asso «Cca è!» disse, convinto di aver indovinato. Io non fiatai e lui, senza aspettare che io la girasse, scoprì la carta. U tri i spadi. Era meglio se gli avessi dato una coltellata. Se avesse potuto, quella sera, sono certo mi avrebbe strozzato. U Longu si buttò per terra ridendo a crepapelle e Peppe, per le convulsioni, per poco non cadde dalla sedia, Enzo invece dal tanto ridere non riusciva a frenare le lacrime. Io e Biasi rimanemmo seduti uno di fronte all’altro, in silenzio, lui con la faccia scura, cchiu nira ra malanova, ed io sforzandomi di rimanere serio. Se avessi riso, ero certo, avremmo litigato. Quando Peppe, Enzo e u Longu si ripresero, andarono avanti a sfotterlo per tutta la sera. E se loro ebbero una parziale rivincita per quello che gli era successo a Messina, io da quella sera, se non passai al primo posto tra quelli che a Biasi gli stavano sulle palle, sicuramente mi ritrovai alla pari con Ciccio Carnera.
Benvenuti a Favazzinablog
Finalmente, dopo anni che ho in mente di farlo, ho deciso di aprire questo piccolo blog su Favazzina. L'obiettivo è quello di creare una comunità virtuale delle varie persone che negli anni hanno preso parte alla vita della nostra mitica Favazzina in modo che, almeno attraverso internet, possano sentirsi e non perdere i contatti, ma anche quello di scrivere e non dimenticare le varie storie che per tante estati ci hanno fatto morire dalle risate.
Se vi va di partecipare potete contattarmi su skype (mauro.fuca) o scrivere un commento anonimo al blog (scrivete in ogni caso la vostra email) così vi faccio diventare autori del blog e potrete darmi una mano.
Salutamu!
UGRECU
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UGRECU
giovedì 18 settembre 2008
Biasi e il gioco delle tre carte
U scriviu: Spusiddha u iornu: giovedì, settembre 18, 2008
Argomento: personaggi mitologici
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1 commento:
miiiii spusiddha, sei proprio un guasta feste! certo che vi divertivate tu, u longu, maciste e enzo.. senti ma, cacciami na curiosità, tutti avete un soprannome ed enzo no! come mai??'
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